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SLAVIA: L’odissea dei Cumani, vittime o collaborazionisti?

Siamo nel 1237, le armate di Batu Khan stanno devastando le steppe intorno al Volga saccheggiando città e villaggi annientando popoli e nazioni, seguendo un piano ben preciso di conquista deciso nel 1235 dal kuriltai presieduto da Ogodei, secondo Gran Khan dell’impero mongolo o, come veniva comunemente definito allora, tartaro.

I Cumani erano una popolazione nomade di ceppo turco che viveva nelle steppe tra il Mar Caspio ed il Mar Nero, e che nel corso delle sue migrazioni si è divisa in due grandi gruppi che hanno finito per avere storie radicalmente diverse: il primo gruppo, come detto, si è stabilito intorno al Volga, mentre il secondo nelle sue peregrinazioni ha finito con il fermarsi nell’attuale Ungheria intorno all’890. L’esistenza di questi “magiari d’oriente” suscita sia l’interesse dei sovrani ungheresi, che inseguono l’idea di una Grande Ungheria che li ricongiunga alle loro radici, sia della Chiesa cattolica che vede la possibilità di nuove conversioni.

I sopracitati Cumani sono alle prese con i Mongoli dalla seconda metà degli anni ’20 del XII secolo e fin da allora hanno cercato accordi con i sovrani ungheresi ma la svolta decisiva avviene nel 1237, dopo che le orde di Batu Khan penetrano nelle terre russe saccheggiando i principati di Vladimir e Rjazan, impadronendosi di Mosca ed altre città. Circa 40.000 famiglie cumane, guidate dal loro capo Khotan, entrano nell’Ungheria di Bela IV con la promessa di abbracciare la fede cristiana e di servire nell’esercito ungherese contro i mongoli avanzanti.

Lo stanziamento di una popolazione nomade in una società sedentaria ha effetti catastrofici. I Cumani non si adattano allo stile di vita imposto dal sovrano ed entrano ben presto in conflitto con i sedentari ungheresi; mentre i primi fanno pascolare le proprie mandrie sui campi coltivati i secondi accusano i nuovi venuti di essere selvaggi e di violentare le donne ungheresi. Re Bela decide di dividere i Cumani in piccoli gruppi e disseminarli nel paese ma ciò non fa che peggiorare la situazione, privando ancora di più i Cumani del loro stile di vita tradizionale. Il tutto è poi peggiorato dai baroni del regno che vedono negli accordi tra la popolazione cumana ed il sovrano un pericoloso rafforzamento del potere di Bela IV.

Con il nemico mongolo alle porte la situazione non fa che precipitare. I mongoli accusano (falsamente) Bela IV di essersi impossessato di una popolazione a loro soggetta, cercando astutamente un pretesto per attaccare il paese ed a farne le spese sono ovviamente i Cumani; questi sono infatti visti dalla popolazione ungherese come spie dei tartari, sospetti accresciuti dal residuo nomadismo, rendendo il rapporto tra le due comunità sempre più teso. A rendere le ostilità ancora più esacerbate ci sono ancora i baroni che, riuniti nel “partito tedesco” si oppongono apertamente a Bela gettando benzina sul fuoco alimentando le dicerie contro i Cumani.

L’Isteria contro le spie cumane giunge al suo apice quando nel 1241 Batu Khan pone il suo ultimatum al regno ungherese. I borghesi ed i mercanti tedeschi della città di Pest ne assumono il controllo, massacrando Khotan ed il suo seguito: è l’inizio della guerra civile. I Cumani prendono le armi e assaltano i villaggi ungheresi, non esitando a raggiungere i ranghi dei tartati una volta che questi entrano nel paese. L’esercito ungherese viene annientato nella battaglia di Muhi e Re Bela fugge dalle orde mongole venendo inseguito fino sulla costa dalmata, dove si rifugia. L’intero regno viene saccheggiato diventando una terra di morte e desolazione, come constaterà lo stesso re al suo ritorno.

Per quanto riguarda la città di Pest questa viene rasa al suolo ed i suoi abitandi trucidati con inusitata ferocia subendo lo stesso destino che fu di Kiev. Che queste due città fossero forti concorrenti di Venezia, che con i mongoli aveva intensi rapporti commerciali tratta degli schiavi compresa, è un’altra storia…

Chi è Pietro Acquistapace

Laureato in storia, bibliofilo, blogger e appassionato di geopolitica, scrive per East Journal di Asia Centrale. Da sempre controcorrente, durante la pandemia è diventato accompagnatore turistico. Viaggia da anni tra Europa ed Asia alla ricerca di storie e contatti locali. Scrive contenuti per un'infinità di siti e per il suo blog Farfalle e Trincee. Costantemente in fuga, lo fregano i sentimenti.

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2 commenti

  1. Pietro é una storia che secondo me dovresti approfondire.

  2. Salve, mi scuso per il ritardo nel rispondere ma ero sperso nel Sud-Est asiatico. La rigrazio per l’attenzione, non appena avro’ il tempo necessario faro’ qualche ricerca in piu’. Il pezzo e’ nato dalla lettura di un libro molto interessante (anche se storicamente, almeno per quanto riguarda la Mongolia, non totalmente corretto): The Tartar Khan’s Englishman. I temi toccati sono molti e avvincenti, basti citare il Prete Gianni. Si, sarebbe interessante approfondire questa vicenda che ricorda storie molto piu’ vicine a noi.

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