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GEORGIA: Il Sogno Georgiano al giro di boa: riepilogo di due anni e mezzo di governo

Sono passati ormai due anni e mezzo da quando nell’ottobre 2012 la coalizione del Sogno Georgiano (Kartuli Otsneba), partito fondato dal miliardario Bidzina Ivanishvili, vinse le ultime elezioni parlamentari, decretando di fatto la fine dell’era di Mikheil Saakashvili, iniziata quasi dieci anni prima, nel 2003, in seguito alla Rivoluzione delle Rose. Saakashvili mantenne comunque la carica di presidente del paese fino all’anno successivo, quando il suo partito, il Movimento Nazionale Unito, perse anche le successive elezioni presidenziali, vinte da Giorgi Margvelashvili, candidato sempre del Sogno Georgiano.

Attualmente il governo presieduto dalla coalizione creata da Ivanishvili sta per entrare nell’ultimo anno del suo mandato: negli ultimi due anni e mezzo il Sogno Georgiano ha rivoltato completamente lo scenario politico in Georgia, prendendo il controllo dell’intero paese e sconvolgendo gli equilibri preesistenti, estromettendo gli uomini di Saakashvili da ogni posizione di potere attuando una vera e propria rivoluzione interna, senza però allo stesso tempo stravolgere la politica estera del paese, che nonostante i timori iniziali dell’Occidente continua a guardare all’Europa e all’America come dei punti di riferimento, anche se non più in maniera così esasperata come era stato negli anni di Saakashvili.

Nascita e ascesa del Sogno Georgiano

Il Sogno Georgiano venne ideato da Ivanishvili nel dicembre 2011 come movimento pubblico, per lanciare le sue attività politiche in vista delle elezioni parlamentari dell’ottobre dell’anno successivo. Il 21 aprile 2012, in vista della campagna elettorale, il Sogno Georgiano da movimento si trasformò ufficialmente in partito politico, quando Ivanishvili riguadagnò la cittadinanza georgiana, toltagli un anno prima da Saakashvili in seguito all’annuncio della sua candidatura alle elezioni parlamentari. Il Sogno Georgiano di Ivanishvili venne creato come una grande coalizione che univa diversi partiti dell’opposizione, tra i quali il Partito Liberale Democratico, il Partito Repubblicano, il Partito Conservatore, il Partito degli Industriali, il Partito Nostra Georgia – Liberi Democratici, il Partito Forum Nazionale e il Partito dei Verdi.

Ivanishvili ebbe proprio il merito di riuscire nella difficile impresa di riunire la frastagliata e disunita opposizione georgiana in un’unica coalizione, presentando per la prima volta un’alternativa concreta al Movimento Nazionale Unito di Saakashvili. Inoltre Ivanishvili in occasione delle elezioni diede molta importanza alla propaganda e alla visibilità, circondandosi di persone di fama nazionale e internazionale, come nel caso dell’ex calciatore Kakha Kaladze, che lo sostenne durante tutta la campagna elettorale. Ivanishvili portò all’interno della sua coalizione anche ex membri del Movimento Nazionale Unito, nonché politici in passato vicini all’ex presidente Shevardnadze, in seguito allontanati dalle loro cariche da Saakashvili. Nel periodo che precedette le elezioni Ivanishvili venne inizialmente identificato come “l’uomo del Cremlino”, in quanto il miliardario georgiano in passato aveva fatto fortuna in Russia, paese di cui aveva anche la cittadinanza, e si definiva inoltre amico di Putin, portando così buona parte dell’opinione pubblica a ipotizzare un possibile e clamoroso riavvicinamento della Georgia a Mosca in caso di vittoria del Sogno Georgiano.

In occasione della campagna elettorale, Ivanishvili stilò un elenco di 12 punti che avrebbe a suo dire rispettato nel caso fosse salito al governo. In questi 12 punti il leader del Sogno Georgiano promise di tutto: dalla creazione di uno stato pienamente democratico alla risoluzione della crisi economica che affliggeva il paese; dallo sviluppo dell’integrazione euro-atlantica allo stabilire rapporti amichevoli con la Russia; dal riportare sotto il controllo georgiano Abkhazia e Ossezia del Sud al garantire alla popolazione lavoro, welfare e maggiore benessere. Infine proprio a una settimana dalle elezioni Ivanishvili si giocò la sua ultima carta, diffondendo alcuni video che mostravano una serie di torture e abusi che venivano compiuti nelle carceri georgiane, scatenando indignazione e proteste in tutto il paese.

La vittoria alle parlamentari e la formazione del governo

L’aggressiva campagna elettorale portata avanti da Ivanishvili alla fine venne ripagata: il 1° ottobre 2012 si tennero le elezioni parlamentari, e il Sogno Georgiano riuscì a ottenere abbastanza a sorpresa addirittura la maggioranza assoluta dei voti, con il 55% dei consensi contro il 40% ottenuto dal partito di Saakashvili. Alla fine le tante promesse di Ivanishvili convinsero molti di quei lavoratori e pensionati stanchi della loro difficile situazione economica, ma anche molti giovani che videro l’ascesa del Sogno Georgiano come l’occasione giusta per portare un cambiamento democratico nel paese.

Vinte le elezioni, il Sogno Georgiano si trovò così di fronte al difficile compito di formare un governo, che sarebbe stato presieduto dallo stesso Ivanishvili. A Kakha Kaladze, in cambio del prezioso supporto dato in campagna elettorale, venne assegnato il Ministero dell’Energia, nonché la carica di vice Primo Ministro; altri  importanti ministeri vennero affidati ai leader di quei partiti alleati a Ivanishvili che un anno prima avevano deciso di aderire al Sogno Georgiano, mentre molte cariche di rilievo vennero affidate anche a personalità legate al passato, presenti in politica già all’epoca di Shevardnadze se non addirittura prima; figure fino a quel momento osteggiate ma che vennero improvvisamente riabilitate da Ivanishvili.

Una volta formato il nuovo governo, Ivanishvili, deciso a fare pulizia all’interno della scena politica nazionale, diede il via a una vera e propria caccia alle streghe nei confronti degli avversari politici del Movimento Nazionale Unito, finiti all’opposizione. Molte personalità politiche di spicco legate a Saakashvili ed ex membri del governo finirono così sotto processo, tra i quali si segnalarono i nomi dell’ex primo ministro Vano Merabishvili, arrestato con l’accusa di avere speso denaro proveniente da fondi pubblici per finanziare la campagna elettorale del 2012 e corrompere gli elettori; e dell’ex sindaco di Tbilisi Gigi Ugulava, che venne sospeso dalla carica dopo essere stato accusato sempre di avere rubato ingenti somme di denaro dai fondi pubblici comunali. A finire sotto processo furono anche diversi ex ministri ed ex funzionari governativi, tutti sempre legati al Movimento Nazionale Unito.

Saakashvili perde anche le presidenziali

Un anno dopo le elezioni parlamentari, nell’ottobre del 2013 i cittadini georgiani si recarono alle urne per eleggere un nuovo presidente. Saakashvili aveva appena terminato il suo secondo mandato, e impossibilitato a ripresentarsi candidò così per la corsa alle presidenziali il suo delfino David Bakradze, mentre il Sogno Georgiano candidò il semisconosciuto Giorgi Margvelashvili, professore di filosofia. Se però un anno prima il Sogno Georgiano trionfò tra lo stupore di molti, questa volta, nonostante il poco carisma del candidato di Ivanishvili, fu da subito chiaro che per Saakashvili si sarebbe profilata una seconda sconfitta.

Le elezioni presidenziali videro come da pronostico la vittoria del Sogno Georgiano, con un’affermazione più larga del previsto già al primo turno: Margvelashvili ottenne addirittura il 62% dei voti, contro il 21% di Bakradze e il 10% dell’outsider Nino Burjanadze. Le elezioni registrarono però una affluenza alle urne piuttosto bassa, infatti solo il 47% degli aventi diritto andò a votare, a dimostrazione del crescente disinteresse misto a rassegnazione dei georgiani nei confronti della politica. Le presidenziali del 2013 decretarono definitivamente la fine dell’era Saakashvili, che dopo aver perso dopo quasi dieci anni la maggioranza in Parlamento vide il suo candidato perdere anche la corsa alla presidenza del paese.

Ivanishvili lascia

Circa un mese dopo le vincenti elezioni presidenziali, Ivanishvili annunciò le sue dimissioni. La notizia in un certo senso era però stata già preannunciata, e da alcuni attesa: già durante la campagna elettorale del 2012 il leader del Sogno Georgiano dichiarò di voler guidare la coalizione fino alla definitiva sconfitta di Saakashvili, per poi però dimettersi in seguito alla presa di potere. Ivanishvili lasciò la carica di Primo Ministro in seguito all’insediamento del nuovo presidente, dopo un solo anno di governo, e nominò come suo successore il giovane Irakli Garibashvili, che in quel momento ricopriva la carica di Ministro degli Interni.

Non è ancora chiaro cosa abbia spinto Ivanishvili a lasciare il ruolo di Primo Ministro; c’è chi sostiene che Ivanishvili abbia effettivamente mantenuto la promessa fatta agli elettori di liberarsi di Saakashvili e di tutte le macchie del suo governo per poi lasciare il potere ad altri, ma c’è anche chi accusa il leader del Sogno Georgiano di essersi presentato al governo pieno di promesse e sogni irrealizzabili, e con un programma per nulla concreto, per poi aver fatto un passo indietro una volta accortosi dell’impossibilità materiale di mantenere le troppe promesse fatte e di sviluppare contemporaneamente tutti i punti presentati durante la campagna elettorale del 2012.

Il governo perde pezzi

In seguito all’addio di Ivanishvili, che con il suo carisma e con i suoi soldi aveva tenuto unita fino a quel momento la coalizione, il Sogno Georgiano si ritrovò così a dover sopravvivere con le proprie forze, impresa non troppo facile se si considera la variegata composizione della coalizione, che racchiudeva a sé partiti che fino a qualche anno prima si erano dati battaglia tra loro. Piano piano i malumori all’interno del Sogno Georgiano iniziarono a emergere, scatenando le prime divisioni.

Nel novembre 2014 Garibashvili rimosse dal suo incarico il Ministro della Difesa Irakli Alasania, a causa della sua resistenza alle indagini riguardanti una contestata gara d’appalto. La rimozione di Alasania provocò la reazione del Partito Liberale Democratico, guidato proprio dall’ex ministro: i membri del partito lasciarono la coalizione di governo, facendo perdere al Sogno Georgiano la maggioranza in Parlamento.

L’allontanamento dal governo di Alasania provocò una reazione a catena, che portò presto alle dimissioni prima del Ministro dell’Integrazione europea ed euroatlantica Alex Petriashvili e poi del Ministro degli Esteri Maia Panjikidze, che si schierarono entrambi a difesa di Alasania. La crisi però non finì qui: nel gennaio 2015 si dimise anche il Ministro degli Interni Alexandre Chikaidze, in seguito a vecchie accuse; mentre in aprile iniziarono a serpeggiare le voci di un possibile abbandono della coalizione di governo da parte del Partito Repubblicano e del Partito degli Industriali, sempre più in rotta con Garibashvili. A fine marzo lo stesso vice premier Kakha Kaladze ammise che la disgregazione del Sogno Georgiano è da considerarsi un fenomeno naturale, in quanto l’obiettivo principale della coalizione (allontanare Saakashvili e i suoi uomini da qualsiasi posizione di potere) era stato raggiunto.

Successi e insuccessi del Sogno Georgiano

Gli ultimi due anni e mezzo di governo del Sogno Georgiano sono stati caratterizzati da una serie di alti e bassi: partiti con un grande entusiasmo, e forti di un largo consenso popolare, derivato dal fatto di essere la “novità” sulla scena politica georgiana, gli uomini di Ivanishvili hanno però via via deluso le aspettative dei cittadini, a causa dell’impossibilità di realizzare le troppe promesse fatte durante la campagna elettorale. Il Sogno Georgiano ha comunque avuto il merito di aver ripulito il paese dalla vecchia e contestata classe dirigente, sostituita però con un’altra che si è rivelata altrettanto discutibile.

Negli ultimi due anni il Sogno Georgiano ha avviato diverse riforme, sotto pressione dell’Europa, che hanno fatto segnalare passi in avanti in alcuni settori, anche se sotto questo aspetto il lavoro da fare è ancora tanto, soprattutto per quanto riguarda il settore della giustizia. Le tasse e le imposte sono state generalmente ridotte, a discapito però dei servizi concessi ai cittadini. Intanto però i georgiani continuano a dover convivere con una situazione precaria: la crisi economica continua a dilaniare il paese, ma il governo sembra finora muoversi solo a piccoli passi, senza aver portato sino a questo momento miglioramenti significativi nella vita dei cittadini.

Per quanto riguarda la politica estera, il Sogno Georgiano ha fatto fede alle proprie promesse, continuando il processo di integrazione della Georgia nell’Unione Europea e nella NATO iniziato da Saakashvili. Nel novembre 2013, nel corso del vertice del Partenariato Orientale a Vilnius, la Georgia gettò le basi per la firma dell’Accordo di Associazione con l’UE,  oltre che per la creazione di una zona di libero scambio (DCFTA) con Bruxelles; accordi firmati dal Parlamento georgiano nel luglio 2014 e ratificati dal Parlamento europeo nel dicembre dello stesso anno. Il riavvicinamento a Mosca che molti ipotizzavano alla fine non è avvenuto, a causa dell’inconciliabilità delle posizioni dei due paesi, soprattutto riguardo alle questioni dell’Abkhazia e dell’Ossezia del Sud, problemi irrisolti che continuano a rendere impossibile il dialogo. Le relazioni con la Russia rimangono quindi non buone, anche se si può sostenere che parte delle tensioni accumulate in seguito al 2008 siano state comunque stemperate, portando a una parziale distensione tra le due parti.

Verso le prossime elezioni

In vista delle prossime elezioni, fissate per il 2016, oltre ai problemi interni causati dalla recente frammentazione della coalizione, che preoccupano il Sogno Georgiano, il partito di Garibashvili dovrà cercare di risolvere il problema del sempre maggiore disinteresse dei cittadini nei confronti della partecipazione politica, generato da una crescente disillusione causata dalla difficile situazione economica in cui versa da anni il paese e dalle tante promesse fatte a suo tempo da Ivanishvili ma mai mantenute. Se nell’ottobre del 2012 in occasione delle elezioni parlamentari l’affluenza alle urne fu del 59%, in occasione delle elezioni presidenziali dell’anno successivo l’affluenza precipitò al 47%, per poi scendere ancora al 43% al momento delle elezioni comunali del 2014.

Nonostante il crescente disinteresse della popolazione nei confronti della politica, però, il Sogno Georgiano partirà come favorito anche alle prossime elezioni parlamentari, dove il governo di Garibashvili cercherà ancora una volta la fiducia dei georgiani. Il risultato però non sarà per nulla scontato: lo stesso Movimento Nazionale Unito di Saakashvili era stato dato come favorito nel 2012, salvo poi essere malamente sconfitto dall’emergente partito di Ivanishvili. E proprio il Movimento Nazionale Unito, in vista delle prossime elezioni, cercherà di strappare nuovamente la leadership del paese agli uomini di Garibashvili, sperando in un nuovo colpo di scena.

Foto: Civil.Ge

Chi è Emanuele Cassano

Ha studiato Scienze Internazionali, con specializzazione in Studi Europei. Per East Journal si occupa di Caucaso, regione a cui si dedica da anni e dove ha trascorso numerosi soggiorni di studio e ricerca. Dal 2016 collabora con la rivista Osservatorio Balcani e Caucaso.

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