RUSSIA: Indagati quattro giudici lituani per condanna a ex-ufficiali sovietici

Mercoledì 10 aprile, Svetlana Petrenko, rappresentante ufficiale del Comitato Investigativo federale russo, ha comunicato l’avvio di un’indagine nei confronti di quattro giudici lituani, che avrebbero “deliberatamente emesso una sentenza ingiusta” nei confronti di alcuni ex-ufficiali sovietici. Gli imputati sono stati ritenuti responsabili delle violenze e delle morti del gennaio del 1991 a Vilnius, nel contesto delle proteste dei cittadini lituani per l’ottenimento dell’indipendenza dall’Unione Sovietica.

Il processo in Lituania

La sentenza è stata emessa lo scorso 27 marzo dalla corte di Vilnius e, tra gli altri, ha condannato a 10 anni di detenzione Dmitrij Jazov, ultimo ministro della difesa sovietico, per crimini di guerra e contro l’umanità. Secondo la sentenza, Jazov sarebbe stato il manovratore delle operazioni militari, ma avrebbero collaborato con lui anche Vladimir Krjučkov, allora capo del KGB, e Boris Pugo, che ricopriva la carica di ministro degli interni dell’URSS.

La condanna è stata pronunciata in absentia e ha anche colpito altre 66 persone, infliggendo pene dai quattro ai quattordici anni di reclusione. La maggior parte dei condannati risulta essere oggi di cittadinanza russa, mentre altri sono bielorussi e ucraini. Nel contesto della “Domenica di sangue”, un folto gruppo di civili stava protestando a sostegno dell’indipendenza della neo proclamata Repubblica di Lituania, ma l’agitazione era stata repressa da Mosca. Tra i manifestanti, quindici erano rimasti uccisi ed altri settecento avevano riportato ferite.

Per velocizzare il procedimento, l’espediente trovato dalla corte nel 2010 era stato quello di convertire i capi d’accusa da “aggressione contro cittadini pacifici e tentativo di colpo di stato” a “crimini di guerra e crimini contro l’umanità”. Tale riformulazione ha permesso di svolgere il processo in contumacia e ha inoltre reso le accuse imprescrittibili nel tempo, secondo quanto stabilito dallo statuto della Corte Penale Internazionale.

La reazione della Russia

Le autorità russe avevano immediatamente negato l’estradizione dei loro concittadini alla repubblica baltica, dichiarando l’illegalità del processo e attribuendo una valenza meramente politica allo stesso. La rappresentante ufficiale del Comitato Investigativo Federale ha poi affermato che la corte lituana avrebbe illecitamente riaperto un caso che è già stato investigato, sostenendo inoltre che una “terza parte partecipò ai fatti”, senza tuttavia specificare di chi si tratterebbe. Inoltre, Mosca critica l’impianto accusatorio e dispone l’apertura di una indagine per stabilire la dinamica dei fatti del 1991.

Se da una parte il capitolo del processo era sembrato difficile da concludere, dall’altra aveva fatto registrare le reazioni positive delle istituzioni lituane. Bisogna tuttavia sottolineare che alla luce di questi ultimi fatti, la diatriba potrebbe insinuarsi ulteriormente nei difficili rapporti con Mosca.

Foto: pakistanpoint.com

Chi è Leonardo Scanavino

Project Assistant presso lo European Centre for Electoral Support (Bruxelles), è laureato in Relazioni Internazionali e Studi di Sicurezza presso la Scuola Superiore Sant'Anna (Pisa) e l'Università di Trento. In precedenza, ha frequentato un semestre di studi (Erasmus) prasso la Latvijas Universitāte (Riga, Lettonia), e ha svolto uno stage presso l'Ufficio Economico e Commerciale dell'Ambasciata d'Italia presso la Federazione Russa a Mosca. Parla inglese, francese e studia russo.

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