UCRAINA: Una Musa chiamata Corruzione

di Andrea Loffi

Nomina sunt consequentia rerum recita un vecchio principio della logica. I nomi sono la conseguenza delle cose, e perciò, se una cosa si chiama in un certo modo, ciò dipende da quel che la cosa è. Un museo, dunque, stando al suo nome, dovrebbe essere il luogo in cui risiedono le Muse, quelle bellissime e scanzonatissime divinità greche, figlie di Zeus e di Memoria, che presiedevano alle arti e a quel che merita di essere ricordato.

La cosa, col tempo, dev’essere sfuggita un tantino di mano: come ogni buon turista sa, in giro per il mondo si sono aperti musei di ogni sorta, da quello celeberrimo delle cere di Madame Tussauds ai musei dedicati rispettivamente alle sex machines e agli strumenti di tortura che si trovano nel centro di Praga.

Va tuttavia registrato quale merito imperituro del popolo ucraino quello di aver innalzato nel Pantheon delle Muse una nuova divinità: la Corruzione. Appena fuori della capitale ucraina, infatti, è aperto da qualche anno al pubblico un museo della corruzione. Su un terreno di più di cento ettari si erge, con la sfacciataggine di una piramide e con un pizzico di cattivo gusto, la magione faraonica dell’ex presidente ucraino Victor Janukovyč.

Figlio di povera gente, mezzo bielorusso, originario dell’oblast’ di Donetsk, con certi precedenti per rapina quando era ragazzino, Janukovyč  ha fatto una carriera fulminante nell’ambito dei trasporti e, di lì, è salito su su fino allo scranno più alto delle istituzioni ucraine. Scranno che, con le proteste di Euromaidan, ha cominciato a vacillare. Tra i motivi delle proteste si mescolavano tanto l’avversione alla politica filo-russa del presidente, quanto le voci intorno all’immenso e dubbio patrimonio accumulato dalla sua famiglia. Finì, com’è noto, con la fuga e la destituzione di Janukovyč, che tuttora risiede in Russia e che è stato di recente condannato dalla giustizia ucraina per alto tradimento. La storia del Paese ha preso il suo corso, e ancora si trascinano le conseguenze di quegli avvenimenti.

Ma quella che ci interessa qui è un’altra storia. Fuggendo dal Paese, il presidente lasciò la sua residenza di Mežyhir’’ja, che venne occupata dai manifestanti. Questo bestione in legno e pietra è circondato da un ampio terreno punteggiato di boschi, laghetti, campi da golf e perfino uno zoo che ospita, oltre al resto, struzzi e canguri. Il lettore immaginerà lo sfarzo che si trova all’interno: idromassaggi, saloni immensi con lampadari barocchi in cristallo, soffitti in legno, parquet di gusto bizantino, una sala cinema, un ascensore fatto di mosaici e Swarovski, le immancabili finiture in oro al gabinetto, e si potrebbe continuare all’infinito. Con una cautela aggiuntiva: ai visitatori è richiesto di indossare un paio di soprascarpe in plastica blu per non danneggiare i preziosi pavimenti.

Nei sotterranei della tenuta, in un garage dalle dimensioni di un bunker, c’è la collezione di auto antiche e di lusso dell’ex presidente, che conta una settantina di esemplari, mentre all’esterno si trova un ristorante galleggiante a forma di galeone pirata. Come in ogni museo che si rispetti, qua e là stanno assiepati i venditori di carabattole, la cui mercanzia più richiesta è una riproduzione di un filoncino di pane in oro. Infatti, quando i manifestanti occuparono la magione dell’ex presidente e si diedero al saccheggio, il più oltraggioso dei ritrovamenti fu proprio un filoncino di pane tutto d’oro massiccio, che Janukovyč aveva ricevuto in regalo e che è diventato il simbolo della corruzione del Paese.

Recensito con quattro o cinque stelline su Tripadvisor, il museo della corruzione è senz’altro un buon modo per vedere, faccia a faccia, il volto più vile e gretto del potere, ed è la somma di quello che non deve accadere in uno Stato che voglia essere un organismo genuinamente democratico. Va comunque rilevato, a onore del popolo ucraino, il gran senso dell’ironia che ha consentito loro di trasformare una vergogna in un monito. Viene difficile immaginare che un tedesco o un inglese abbia abbastanza ironia per fare un museo della corruzione. Naturalmente qualcuno potrebbe dire che i tedeschi o gli inglesi non hanno livelli di corruzione così alti. Ma, insomma, questa poi sarebbe speculazione.

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