Un giorno di dicembre del 1945, due fratelli stavano lavorando il loro campo nei pressi Nag Hammadi, una cittadina dell’Alto Egitto. Scava e scava, i due incappano in una giara. Uno di loro, sulle prime, non voleva aprirla perché temeva che al suo interno potesse esserci un jinn, un demonietto. Ma poi, pensandoci su, si disse che forse la giara avrebbe potuto pure contenere dell’oro. Così, fattosi coraggio, diede un colpo di piccone, e l’aprì. Non ne venne fuori né un demone né dell’oro, ma una delle più importanti scoperte archeologiche del secolo.
Non è sicuro, a dire il vero, che il ritrovamento dei papiri di Nag Hammadi sia avvenuto esattamente come si racconta in questa storia. È certo, però, ciò che nella giara era contenuto: una serie di tredici testi papiracei, scritti in copto, che componevano una biblioteca gnostica. Alcuni di questi testi sono apocrifi del Nuovo Testamento.
Scritti canonici e apocrifi
Il Nuovo Testamento, cioè la seconda parte della Bibbia cristiana che ha a che fare con Gesù Cristo, si compone di 27 libri detti “canonici”, cioè regolari. Tra di essi vi sono vangeli, epistole, atti degli apostoli e un’apocalisse. Questi testi, e solo questi, sono stati definiti canonici perché tutti anteriori alla fine del primo secolo, e quindi ritenuti più vicini alla tradizione diretta di Gesù e dei suoi discepoli, e perché avevano raggiunto, già nel II secolo, una notevole popolarità e diffusione in tutta la Chiesa di allora. Sant’Ireneo di Lione, nel suo libro Contro le eresie scritto verso la fine del II secolo, sostiene la canonicità esclusiva del quattro vangeli che ancora oggi leggiamo: egli li riteneva così tanto affini l’un l’altro da poterli considerare come un unico vangelo quadriforme. Per contrasto, lo stesso Ireneo condanna le sette gnostiche e i loro scritti apocrifi, cioè (dal greco) “segreti”.
Lo gnosticismo è un movimento filosofico e religioso, estremamente complesso, al cui cuore sta l’idea che la gnosi, cioè la conoscenza, salva. Il mondo e tutto ciò che è materiale sarebbe opera di una divinità malvagia, e perciò intrinsecamente cattivo. Solo la conoscenza della divinità buona e una rigorosa pratica ascetica possono liberare il fedele dalla carne e dalla seduzione delle passioni.
Lo gnosticismo cristiano vede in Cristo un eone, cioè un’emanazione eterna della divinità buona, venuto a dare la conoscenza a gruppi ristretti di uomini eletti per scampare dal dio malvagio, quello dell’Antico Testamento, che ha creato il mondo. Presso le sette gnostiche, erano in uso testi apocrifi, ricchi di rimandi alla suggestiva metafisica dello gnosticismo. Ecco perché gli apocrifi, da testi soltanto segreti, cioè in uso presso piccole sette, sono diventati testi anche eretici, e la stessa parola “apocrifo” ha preso il significato di falso, non autentico.
Apocrifi e tradizione
Naturalmente, in questi apocrifi gnostici non tutto è da buttare. L’ambiente in cui sono stati composti è quello del Vicino Oriente antico, dove ha grande importanza la trasmissione orale delle notizie e delle storie. Perciò vi si trovano anche passi presenti nei vangeli canonici. Ma non solo: vi si trovano anche passi che non sono presenti nei vangeli canonici ma che, con ottima probabilità, possono essere fatti risalire, se non a Gesù stesso, almeno alla cerchia dei suoi primi discepoli.
Un esempio tratto dal Vangelo di Tommaso, il più importante dei testi ritrovati a Nag Hammadi, è il seguente: «Gesù disse: “Il Regno del Padre è simile a una donna che portava un vaso pieno di farina, camminando per una lunga strada, e il manico del vaso si è rotto, la farina si è versata dietro di lei, lungo la strada. Essa non se n’è accorta e non vi ha posto rimedio. Giunta a casa ha posato il vaso e l’ha trovato vuoto». All’orecchio di chi è abituato allo stile dei vangeli canonici, questo brano ha tutta l’aria di poter essere uscito dalla bocca di Gesù in persona.
Ci sono anche altri testi apocrifi che non hanno a che fare con la tradizione gnostica. Esempi celebri sono quelli del Protovangelo di Giacomo e del Vangelo dello pseudo-Matteo: entrambi i testi, anch’essi più tardi rispetto ai vangeli canonici, raccontano di Anna e Gioacchino, genitori di Maria, dell’infanzia di quest’ultima e della nascita di Gesù. Vicende, queste, non contenute se non in minima parte nei vangeli canonici e che però furono oggetto di intensa devozione. Si può quasi dire che questi testi abbiano avuto una rilevanza nei fatti che si avvicina a quella dei testi canonici.
Criteri di selezione
Naturalmente, la storia sarebbe molto più complessa di così, e questo ne è soltanto un riassunto un po’ brutale. E tuttavia può essere utile, visto che gli apocrifi sono oggetto di un fascino che è pari alla disinformazione da cui sono circondati. Per riassumere, dunque, si può porre qualche punto fisso. Non vi è stata volontà di manomissione o complotto da parte della Chiesa nella definizione del canone dei testi sacri; piuttosto, essa si è regolata secondo criteri tutto sommato oggettivi. Sono stati ritenuti apocrifi i testi tardi, quelli con un contenuto dottrinale incompatibile (è il caso dello gnosticismo), quelli rivolti solo a gruppi di iniziati e non a tutti i fedeli, quelli che davano di Gesù un’immagine bizzarra o in contraddizione rispetto a quanto, su di lui, veniva dato per certo. È il caso del Vangelo dello pseudo-Tommaso, un altro vangelo dell’infanzia di Gesù. Il piccolo Gesù vi è descritto come un enfant terrible, che usa i suoi poteri miracolosi per uccidere i compagnucci che gli stanno antipatici, salvo poi farli resuscitare perché sgridato da un terrorizzato Giuseppe; e per dar vita a creature che ha impastato con l’argilla, lasciando sgomento chi assiste alla scena.
Insomma, per concludere: Dan Brown e simili non vanno presi alla lettera. Gli apocrifi si trovano in tutte le biblioteche. Basta avere la pazienza di leggerli, e alcuni di essi sono davvero splendidi. Tolle lege, tolle lege. Come ripete Agostino nelle Confessioni. “Prendi e leggi, prendi e leggi”.
Bibliografia minima
- Claudio Giannotto, I vangeli apocrifi. Bologna, il Mulino, 2009.
- Marcello Craveri (a cura di), I Vangeli apocrifi. Torino, Einaudi, 1990.
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