EUROCRISI: Una guerra in Europa? Lo dice la banca Ubs, e il subconscio polacco

di Davide Denti

Jazek Rostowski, ministro delle Finanze polacco

«Stavamo parlando della crisi in Eurolandia. Mi ha detto: ‘Sai, dopo tutte queste scosse politiche, crisi economiche, è molto raro che nei prossimi 10 anni potremo evitare una guerra ‘. Una guerra,  signore e signori. Sto seriamente pensando di chiedere una Green Card per gli Stati Uniti per i miei figli».

Così Jacek Rostowski, ministro delle finanze della Polonia, paese presidente di turno del Consiglio dell’Unione Europea, di fronte al Parlamento Europeo, richiamando un dialogo con un amico banchiere. Rostoweski commentava così un rapporto della banca svizzera UBS sui costi di un eventuale collasso della moneta unica, secondo il quale, storicamente, le unioni monetarie non si spezzano senza una guerra civile o una reazione autoritaria.

Rostowski voleva forse ottenere la prima pagina, e ci è riuscito: la notizia è rimbalzata fino sul Bangkok Post. Un ultimo appello, ai responsabili europei, perché si accordino su una governance economica sovranazionale dell’Unione su cui ormai quasi tutti sembrano aver raggiunto un consenso.

Parole che ad un osservatore occidentale sembrano fuori luogo: una guerra? Nel nostro continente? Tra paesi ormai civili e pacificati? Be’, non è un caso che una prospettiva simile – tralasciando per un momento il rapporto di UBS – venga dalla bocca di un politico polacco.

La possibilità di ritrovarsi coinvolti in una guerra nel medio periodo – per intenderci, nell’arco della nostra vita; nel lungo periodo, come diceva Keynes, saremo tutti morti – non è assente dalla mentalità polacca. Sarà forse per colpa della storia o della geografia, ma ricordo di averne discusso esattamente un anno fa con il mio amico Konrad, di Lodz. Va bene la garanzia della NATO, va bene l’UE, ma la Polonia ha ancora nel subconscio l’esperienza delle tre spartizioni (1772, 1793, 1795), la linea del fronte russo-prussiano nella grande guerra, il patto Molotov-Ribbentrop del 1939,  fino alla dichiarazione di stato di guerra e legge marziale del 1981. Il progetto di Bush di scudo spaziale è stato lungamente un soggetto di dibattito politico a Varsavia negli ultimi anni, e ancora oggi una delle tre priorità individuate per la presidenza polacca del Consiglio UE era la politica di Difesa comune.

Si capisce allora perché Rostowski abbia voluto utilizzare il termine “guerra” per sottolineare la gravità della situazione attuale e i rischi della crisi monetaria. Se un politico dell’Europa occidentale si sarebbe limitato a parlare di crisi economica, disoccupazione, recessione, per un politico polacco la rimessa in discussione del processo di integrazione porta il volto ben più concreto e più volte conosciuto del conflitto armato.

E allora, incamminiamoci verso l’unione fiscale e, come suggeriva Shakespeare, teniamo al laccio i mastini della guerra.

Chi è Davide Denti

Dottore di ricerca in Studi Internazionali presso l’Università di Trento, si occupa di integrazione europea dei Balcani occidentali, specialmente Bosnia-Erzegovina.

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4 commenti

  1. Complimenti, bell’articolo!
    Io alla guerra ci penso dalla crisi del 2008, ricordando che purtroppo da quella del ’29 se ne uscì davvero solo con la 2a GM.

  2. Sono d’accordo anche io… se non una guerra, una rivoluzione, anche se le Rivoluzioni scoppiano sono se si ha la pancia vuota, un po’ difficile che l’Europa si trovi senza cibarie

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