ROMANIA: La sentenza che fa tremare l’establishment

Giovedì 21 giugno il leader del partito social-democratico romeno (PSD) Liviu Dragnea è stato condannato in primo grado a tre anni e sei mesi di prigione per istigazione all’abuso d’ufficio. La condanna della figura politica più importante del paese, primo ministro ombra e capo indiscusso del partito più forte della coalizione di governo, ha scosso la scena politica romena, preparando il terreno per un autunno che si prospetta particolarmente caldo.

I fatti

Tra il 2006 e il 2012, quando era presidente del consiglio provinciale di Teleorman, Dragnea avrebbe impedito il licenziamento di due dipendenti del dipartimento di assistenza sociale e protezione dei minori, nonostante la loro reiterata assenza dal lavoro. Le due erano al contempo impiegate nelle strutture del partito social-democratico locale, di cui Dragnea era all’epoca leader. Contando sulla protezione di Dragnea, le due donne avrebbero continuato a percepire lo stipendio, nonostante le loro inadempienze.

Le ripercussioni politiche

Il mondo politico romeno è stato indubbiamente scosso dalla sentenza. Non vi è dubbio sul fatto che Dragnea sia il vero burattinaio che muove le fila del governo, guidato formalmente da Viorica Dancila, sua fedele pretoriana, anch’essa originaria della provincia di Teleorman. Subito dopo la condanna il leader social-democratico ha rilasciato delle dichiarazioni alla stampa, dichiarando in modo piuttosto deciso di aver ricevuto la fiducia dei suoi compagni di partito, e di non aver paura né dei giudici, né del presidente Iohannis. Dragnea ha poi rilanciato la proposta di modifica del codice penale attraverso ordinanze d’urgenza, venendo però prontamente stoppato dai suoi compagni di coalizione (i liberali e il partito della minoranza ungherese) che hanno ribadito la necessità del dibattito parlamentare precedente all’approvazione di leggi tanto importanti. Il leader social-democratico non si è dimesso né dalla carica di presidente del PSD, né dalla guida della Camera dei Deputati, nonostante le forti pressioni dell’opinione pubblica, che sabato 23 si è fatta sentire occupando nuovamente piazza Victoriei a Bucarest.

La mossa di Iohannis

Giocando sulle dure reazioni della società civile seguite alla condanna di Dragnea, sabato 23 giugno il presidente della Repubblica Klaus Iohannis ha affermato la propria volontà di candidarsi per un secondo mandato alla presidenza della Repubblica nel 2019. Il tempismo di questa dichiarazione non è sicuramente casuale, proprio nel giorno di maggiore debolezza del suo principale avversario politico. Il PSD, scosso dalle vicende giudiziarie del suo leader e dalla gestione piuttosto farraginosa del governo, non ha ancora espresso il suo candidato alle presidenziali, e questo dà a Iohannis un grosso vantaggio, quanto meno nell’organizzazione della campagna elettorale.

Una fronda interna anti-Dragnea?

Secondo alcune fonti, la condanna di Dragnea avrebbe minato il suo potere granitico all’interno del partito. Addirittura, alcuni giornali hanno paventato una trattativa segreta tra membri influenti del PSD e il presidente Iohannis volta alla totale eliminazione di Dragnea dalla vita politica nazionale. In cambio della sfiducia al governo Dancila e della rimozione di Dragnea dalla guida del partito, i maggiorenti socialisti avrebbero chiesto al presidente la nomina di un nuovo primo ministro sempre in quota PSD, e la rimozione definitiva di Laura Codruta Kovesi dalla carica di procuratore capo della direzione nazionale anti-corruzione. Risulta difficile credere che il presidente possa accettare queste condizioni.

Il futuro

Nell’immediato futuro c’è da aspettarsi un inasprimento della battaglia di Dragnea per la modifica del codice penale. Contando sulla totale fedeltà del governo (di fatto una sua emanazione), il leader PSD farà di tutto per raggiungere i tanto agognati cambiamenti che attenuerebbero la durezza delle leggi anti-corruzione. La scorsa settimana importanti esponenti della maggioranza parlamentare hanno ribadito la necessità di cambiare completamente la norma sull’abuso d’ufficio. Nella mattinata di oggi, 3 luglio, il Senato ha discusso le prime modifiche al codice penale. L’opposizione, abbandonando l’aula, aveva negato il quorum necessario allo svolgimento della seduta, ma il PSD è stato salvato ancora una volta dall’UDMR, il partito della minoranza ungherese, che ha fornito le presenze e i voti necessari. La sfida di Dragnea potrebbe anche comportare la richiesta di sospensione del presidente Iohannis, nel caso in cui quest’ultimo osasse opporsi in qualsiasi modo alle azioni del governo. La situazione resta fluida, ma sembra che il peggio debba ancora arrivare.

Foto: aktual24.ro

Chi è Francesco Magno

Ha conseguito un dottorato di ricerca in storia dell'Europa orientale presso l'università di Trento. E' stato assegnista di ricerca presso la medesima università. Attualmente insegna storia dell'Europa orientale presso l'università di Messina. Si occupa principalmente di storia del sud-est europeo, con un focus specifico su Romania, Moldavia e Bulgaria.

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