Nel Nord Caucaso continuano a susseguirsi gli attacchi e le intimidazioni aventi come bersaglio le organizzazioni per la difesa dei diritti umani. L’ultimo caso si è verificato lo scorso 28 marzo a Makhačkala, in Daghestan, dove Siražutdin Datsiev, direttore della sede locale dell’associazione Memorial, è stato aggredito e brutalmente picchiato da un assalitore sconosciuto nei pressi della propria abitazione.
L’attacco, che secondo Memorial è chiaramente collegato all’attività di Datsiev in difesa dei diritti umani, è stato condannato da Amnesty International, che lo ha descritto come l’ennesimo di “una serie di attacchi contro il personale e le proprietà dell’associazione Memorial nel Nord Caucaso“.
Estromettere Memorial dal Nord Caucaso
Durante i primi tre mesi del 2018, l’associazione Memorial è stata vittima di gravi attacchi commessi in diverse repubbliche del Nord Caucaso. Il 9 gennaio, Ojub Titiev, direttore dell’ufficio di Memorial a Groznyj, Cecenia, è stato arrestato dalla polizia locale mentre viaggiava nella propria auto, e tenuto in isolamento per diverse ore. In seguito, le autorità cecene hanno dichiarato che nell’auto di Titiev erano stati rinvenuti 180 grammi di marijuana. Memorial e lo stesso Titiev hanno smentito le accuse di possesso di droga – una tecnica spesso usata dalle autorità cecene per ridurre al silenzio i critici e screditarli agli occhi della società conservatrice. Tuttora in custodia cautelare fino al processo che si terrà il 9 maggio, Titiev sarà con tutta probabilità condannato a dieci anni di carcere, e nel frattempo anche i suoi familiari hanno subìto violenze e intimidazioni.
Il leader ceceno Ramzan Kadyrov – già noto per le sue dichiarazioni diffamatorie sui difensori dei diritti umani “marionette dell’occidente” e “nemici della Russia” – ha definito Ojub Titiev “un drogato” e ricordato che i “veri” ceceni non si occupano di diritti umani.
Varie ONG tra cui Amnesty International, Frontline Defenders e Human Rights Watch considerano che l’arresto di Titiev sia un tentativo di estromettere Memorial dal Nord Caucaso. Nei giorni successivi all’arresto, Memorial ha infatti ricevuto altri chiari segnali intimidatori: la sede di Memorial a Nazran, così come un’auto appartenente all’associazione sono state date alle fiamme, rispettivamente in Inguscezia e in Daghestan – repubbliche confinanti da cui altri attivisti di Memorial si erano recati in Cecenia per occuparsi del caso Titiev.
Impunità
Il Parlamento Europeo – che nel 2009 aveva assegnato il premio Sakharov per la libertà di pensiero proprio all’associazione Memorial – ha approvato l’8 febbraio 2018 una risoluzione sul caso Titiev. In essa il Parlamento “richiede il rilascio immediato” di Titiev ed “esorta le autorità russe a porre immediatamente fine a questa preoccupante tendenza a ricorrere ad arresti, attacchi, intimidazioni e delegittimazioni contro giornalisti indipendenti e difensori dei diritti umani che operano in tale regione della Federazione russa, in violazione del loro diritto alla libertà di espressione”.
Se la tendenza alla repressione della società civile è già forte nel resto della Russia, in Cecenia essa è portata all’estremo. La cosa più preoccupante, oltre alla frequenza e alla gravità degli attacchi e delle intimidazioni, è l’impunità totale di coloro che li commettono. Dopo quasi dieci anni, nessun responsabile è stato ancora consegnato alla giustizia per l’assassinio di Natal’ja Estemirova, attivista per i diritti umani e predecessore di Ojub Titiev al Memorial in Cecenia, che fu rapita nel luglio 2009 a Groznyj e il cui cadavere, che riportava segni di arma da fuoco, fu rinvenuto più tardi lo stesso giorno in Inguscezia. Un altro caso “irrisolto” (perché mai indagato) è l’attacco che subirono Oleg Orlov, allora a capo dell’associazione Memorial, e altri tre giornalisti che furono rapiti e malmenati in Inguscezia nel novembre 2007. Lo scorso anno, la Corte Europea dei Diritti Umani aveva reso nota la sentenza sul caso “Orlov e altri contro la Russia“, ritenendo colpevole lo Stato russo e i suoi servizi segreti.
In Cecenia, Memorial si occupa da 25 anni di documentare e far luce sulle violazioni dei diritti umani perpetrati durante i due conflitti, ma anche sui soprusi, i sequestri forzati e gli omicidi extragiudiziali commessi dalle autorità locali – col tacito benestare del Cremlino. Nonostante fosse stata bollata come”agente straniero” per decisione del Ministero della Giustizia russo nel 2016, Memorial rimane l’ultima organizzazione indipendente per la difesa dei diritti umani ancora attiva nella capitale cecena. Gli attacchi e le intimidazioni degli ultimi anni, aventi come bersaglio il Gruppo Mobile Congiunto di difensori dei diritti umani (presieduto da Igor’ Kaljapin e di cui faceva parte anche il Comitato per la Prevenzione della Tortura), avevano infatti portato nel 2016 al ritiro del Gruppo dalla Cecenia per ragioni di sicurezza.
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Immagine: Human Rights Watch
La giustizia non è di questo mondo e volerla forzare con principi generali produce nei prepotenti queste reazioni. Che si vogliano proprio quest’ultime per continuare la “mission impossible”, è la domando che mi pongo, forse sbagliando, per carità.