UCRAINA: Il diavolo e il mondo russo. Poroshenko cerca di risvegliare l’occidente

A Monaco è andata in scena l’ennesima Conferenza sulla Sicurezza che ha visto un duro confronto diplomatico tra Kiev e Mosca. Il discorso di Poroshenko, però, non ha prodotto l’effetto desiderato, nonostante i servigi dell’ex segretario generale della NATO, Anders Fogh Rasmussen, dal 2016 suo consigliere. La questione ucraina sembra sempre più marginale nei calcoli delle cancellerie europee, mentre le plateali accuse del presidente non solo sembrano avere meno effetto, ma anche irritare una parte dell’establishment diplomatico.

Il diavolo e il ‘mondo russo’

Come di consueto la maggior parte del discorso di Poroshenko è stato dedicato alla Russia. Questa volta però le accuse, solitamente velate da un minimo rispetto diplomatico e dirette direttamente contro il capo del Cremlino, hanno abbracciato la Russia più in generale. Così durante la sua esibizione di fronte ad una sala tutt’altro che stracolma, il presidente ucraino ha puntato il dito, per la prima volta in un’occasione internazionale, contro il ‘mondo russo’ (concetto storico-filosofico utilizzato dal Cremlino per giustificare la ‘protezione’ dei russi nelle ex repubbliche sovietiche) nel suo insieme. Nello spostare l’argomentazione dal piano politico-militare a quello culturale Poroshenko ha rimarcato che vi è “una differenza abissale tra il mondo russo e il mondo libero”. Infatti, in contrasto con il “mondo libero dei valori universali”, tutto ciò che è toccato dal ‘mondo russo’ si trasforma in “macerie e degrado”. Riferendosi alla famosa frase di Putin che aveva definito il collasso dell’Unione Sovietica come la più grande catastrofe del ventesimo secolo, Poroshenko conclude che l’obiettivo del Cremlino, è proprio quello di vendicarsi del “collasso del mondo russo costruito su bugie e violenza”.

Guerra mondiale ibrida

Le accuse di Poroshenko non si sono limitate solo alla guerra in Ucraina. Nel cercare di collegare la questione ucraina ai temi più caldi a livello internazionale, come le presunte ingerenze russe nelle elezioni americane, il presidente ucraino ha sottolineato come i segni premonitori del “più grande assalto ai valori democratici e all’ordine internazionale” fossero già visibili nel 2007, dopo il famoso discorso di Putin alla conferenza per la sicurezza. L’incapacità nel riconoscere in tempo la minaccia è stato il principale fallimento delle cancellerie europee. Senza mai citarlo, il vago richiamo alla politica di appeasement nei confronti della Germania nazista appare evidente. Cosi come è apparso evidente lo stesso parallelo storico quando Poroshenko ha invitato la platea a “riconoscere il fatto che la guerra ibrida intrapresa dalla Russia – nei confronti dell’Ucraina – si sta trasformando a tutti gli effetti in una guerra mondiale ibrida”. Una guerra che, secondo Poroshenko, si combatte su molti fronti. Non solo le fake news, la propaganda, gli attacchi cibernetici, l’ascesa dei partiti di estrema destra, ma anche la crisi migratoria, altro tema caldo alla conferenza di quest’anno, sarebbero da attribuire tutti alla strategia di destabilizzazione del mondo occidentale intrapresa dal Cremlino.

Nessun passo avanti

Quello che forse non sorprende è che il duro discorso accusatorio di Poroshenko, che durante la sua apparizione ha anche mostrato una presunta bandiera europea proveniente dalle zone di guerra del Donbass, non ha scaldato particolarmente gli animi dei diplomatici riunitisi a Monaco. La questione ucraina è rimasta marginale, mentre un duro confronto tra Mosca e Washington è andato in scena sul tema dell’influenza russa sull’elezione di Trump. In risposta alla lista di tredici personalità vicine al Cremlino che sarebbero colpevoli di ingerenze nel voto americano pubblicate da Washington proprio nei giorni della conferenza, il Cremlino si è trincerato, come di consueto, dietro alla presunta assenza di prove incontrovertibili.

Un passo indietro è stato fatto anche nella discussione sulla possibile missione di peacekeeping ONU in Donbass. Nonostante gli sviluppi positivi degli ultimi mesi nel dialogo sul tema, l’incontro bilaterale tra il ministro degli esteri ucraino, Pavlo Klimkin e la controparte russa Sergei Lavrov si è risolto con un nulla di fatto. L’altro incontro previsto a margine della conferenza, quello quadrilaterale nel formato Normandia (Ucraina, Russia, Francia e Germania), è stato invece cancellato, mentre Lavrov dalle tribune della conferenza ha accusato Kiev di creare un clima di isteria e di “sabotare apertamente” i negoziati di pace.

Motivi (anche) interni        

La retorica di Poroshenko segna uno scostamento dalla sua solita linea guida, andando oltre quello che è comunemente accettato dalle cancellerie europee (vale a dire le accuse nei confronti di Putin e dell’establishment del Cremlino), presentando una ‘guerra di civiltà’ tra mondo russo e l’occidente. Tale scostamento è probabilmente causato da motivi di carattere interno. Poroshenko ha iniziato ormai da mesi la sua campagna elettorale e la sua apparizione a Monaco è stata ampiamente annunciata dai media locali. La necessità di mostrare una posizione irremovibile nei confronti del Cremlino e l’ampio sostegno che la ‘causa ucraina’ detiene tra i partner occidentali è stata una costante della sua presidenza. Il calo d’interesse in Europa per la guerra nel Donbass e la possibilità, paventata di tanto in tanto, di veder mitigate le sanzioni nei confronti della Russia, ha avuto sicuramente ripercussioni sulla sua immagine interna.

Da Monaco tornano tutti con più problemi che soluzioni.

Chi è Oleksiy Bondarenko

Nato a Kiev nel 1987. Laureato in Scienze Internazionali e Diplomatiche presso l'Università di Bologna (sede di Forlì), si interessa di Ucraina, Russia, Asia Centrale e dello spazio post-sovietico più in generale. Attualmente sta svolgendo un dottorato di ricerca in politiche comparate presso la University of Kent (UK) dove svolge anche il ruolo di Assistant lecturer. Il focus della sua ricerca è l’interazione tra federalismo e regionalismo in Russia. Per East Journal si occupa di Ucraina e Russia. Collabora anche con Osservatorio Balcani e Caucaso.

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