Uber e AirBnB, il dibattito sulla sharing economy raggiunge l’Europa centrale

Tempi dure per l’economia digitale in Europa centrale. Il 19 luglio una corte regionale ceca ha reintrodotto il divieto a Uber di operare a Brno, la seconda città del paese. La corte si era già pronunciata in aprile, con un’ingiunzione che imponeva agli autisti della compagnia di sottoporsi a test ed equipaggiare le macchine con regolari tassametri.

App e sovranità nazionale

Uber è un servizio di trasporto automobilistico che attraverso un’applicazione mobile mette in contatto diretto passeggeri ed autisti. Nata nel 2008 negli Stati Uniti, il suo picco di utilizzi è stato nel 2014, anno in cui la compagnia si è diffusa in varie città europee, inclusa Praga. In maggio si è assistito ad un simile dibattito in Italia, quando il tribunale di Roma ha revocato l’ordinanza che sospendeva l’utilizzo dell’applicazione su tutto il territorio nazionale. Coloro che hanno protestato più duramente sono stati i tassisti, incapaci di competere con i prezzi concorrenziali degli autisti Uber.

Nel frattempo, in Slovacchia, il sindaco della città di Bratislava, Ivo Nesrovnal, appoggiato dal ministro dell’economia, si è scagliato contro Airbnb, app che mette in contatto persone in cerca di alloggio con chi dispone di spazio extra da affittare. Sebbene la presenza di questo servizio abbia contribuito ad accrescere il turismo nella capitale slovacca, gli utenti non pagano la tassa di soggiorno giornaliera di 1,70 euro, altrimenti obbligatoria per hotel e ostelli. Secondo Libor Melioris, ex analista dell’Istituto di Finanza Politica, l’economia della condivisione ha finora contribuito alla crescita di solo lo 0,01% del PIL slovacco.

L’UE come mediatore

L’Unione Europea si è discostata dalle opinioni dei governi nazionali attraverso l’approvazione di linee guida a favore di queste applicazioni. La Commissione ha rilasciato una dichiarazione secondo la quale “divieti totali di un’attività costituiscono una misura di extrema ratio che può essere applicata solo laddove nessun altro provvedimento restrittivo permetta di soddisfare l’interesse pubblico.” Le linee guida non sono una misura legislativa coercitiva, ma indicano agli stati membri il percorso da seguire. All’indomani della loro approvazione in molti hanno storto il naso, ivi compresa l’associazione degli albergatori tedeschi, per la quale “l’attuale vuoto legislativo provoca un danno a spese dei consumatori, dei residenti e dei contributori, distorcendo la competizione a sfavore della pesantemente regolata industria alberghiera.”

Sharing Economy

La sharing economy, o economia della condivisione, nasce come un modello economico che parte dalle esigenze del consumatore. L’idea di base è che ovunque ci sia un mercato può nascere un’applicazione che metta in contatto diretto gli utenti. In questo modo si crea un incremento dell’offerta e dell’accesso ai servizi, con una sensibile diminuzione dei prezzi. Questo vuol dire democratizzazione, ma anche globalizzazione. I governi nazionali non riescono ad interfacciarsi rispetto a multinazionali la cui gerarchia è talmente orizzontale da sfuggire alle attuali legislazioni.

Secondo Zervas, Proserpio e Byers, accademici dell’Università di Boston, se da un lato questi vantaggi sono indiscutibili, le applicazioni contribuiscono a generare una domanda di servizi che in precedenza non esisteva, e forniscono agli utenti sostituti imperfetti rispetto ai beni di cui vorrebbero usufruire. In sostanza, il prodotto non è la stessa cosa, né in termini di qualità né di sicurezza. Dal canto suo, Airbnb sostiene che questo modello economico in futuro continuerà a produrre posti di lavoro. Non si tratta di uno scontro generazionale tra millennial e baby boomer, ma di un dibattito sulla regolamentazione di un nuovo settore economico. Capire come regolamentarlo determinerà una buona fetta del nostro futuro.

Chi è Gian Marco Moisé

Dottorando alla scuola di Law and Government della Dublin City University, ha conseguito una magistrale in ricerca e studi interdisciplinari sull'Europa orientale e un master di secondo livello in diritti umani nei Balcani occidentali. Ha vissuto a Dublino, Budapest, Sarajevo e Pristina. Parla inglese e francese, e di se stesso in terza persona.

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