STORIA: Radio Zid e la resistenza culturale nella Sarajevo assediata

L’assedio di Sarajevo è stato da sempre descritto come il periodo più buio della storia della capitale bosniaca. Dalla primavera del 1992 ai primi mesi del 1996, Sarajevo vive nel terrore: isolata, bombardata e, in parte, distrutta. Quello che in molti non sanno è che, proprio durante l’assedio, Sarajevo è stata una città incredibilmente viva. Centinaia di esibizioni teatrali, di mostre e di concerti sono stati infatti organizzati dai cittadini sarajevesi in quegli anni terribili. L’ormai rinomato Sarajevo Film Festival, per esempio, nasce proprio nell’estate del 1995. Tra le iniziative del periodo, la stazione indipendente Radio Zid (Radio Muro), è stata una presenza costante e di sicuro uno degli esempi più evidenti di come i cittadini di Sarajevo abbiano deciso di resistere all’assedio.

Radio Zid: come resistere all’assedio

Durante l’inverno del 1992, Zdravko Grebo, un noto professore universitario di Sarajevo, decide di fondare una stazione radio indipendente per preservare la cultura urbana della città, da poco sotto assedio. Grazie all’aiuto di amici e di qualche membro dell’UNPROFOR, Grebo riesce a raccogliere il materiale necessario per andare in onda: nasce Radio Zid, che accompagnerà le vite dei cittadini di Sarajevo per l’intera durata dell’assedio.

Nonostante le bombe, le interruzioni di elettricità e la paura, Radio Zid è in onda 24 ore su 24: si parla di quello che sta succedendo in Bosnia, dell’assedio di Sarajevo, della vita quotidiana dei suoi abitanti. Si critica il nazionalismo in tutte le sue forme, compreso quello promosso dal presidente bosniaco Alija Izetbegović. Radio Zid diventa velocemente un punto di incontro virtuale, una resistenza quotidiana al terrore.

Quando le linee telefoniche non sono bloccate, i cittadini di Sarajevo intervengono e raccontano le loro storie. Spesso intellettuali ed artisti che vivono in altri paesi dell’(ex-)Jugoslavia sono in collegamento radiofonico e molti giornalisti e volontari stranieri, momentaneamente a Sarajevo, passano alla radio per portare notizie, solidarietà e qualche cd rock, ampliando così la collezione musicale della radio.

Nei periodi più freddi dell’anno, quando i bambini non possono raggiungere le scuole, Radio Zid improvvisa una “Scuola Invernale” virtuale. Con l’aiuto dell’UNICEF, viene anche creato un programma interamente dedicato ai bambini di Sarajevo, che sono invitati alla radio per raccontare liberamente le loro esperienze di vita e recitare poesie.

Il “Rock sotto l’assedio”

Radio Zid diventa un punto di riferimento soprattutto musicale: anche grazie alla radio, infatti, nasce e si sviluppa la nuova scena musicale sarajevese, in cui emergono punk, rock, hip-hop e grunge. Decine di nuove band portano così alla radio i demo delle loro canzoni, registrate prevalentemente in cantine abbandonate o nei rifugi antiaerei. Molti sono ragazzi che suonano nelle pause dai turni di combattimento.

Per dare visibilità al nuovo panorama musicale, Radio Zid organizza nel gennaio del 1995 un concerto: il famoso Rok pod Opsadom”, Rock sotto l’assedio. L’evento, organizzato anche grazie agli aiuti arrivati da musicisti stranieri simpatizzanti della radio, ha un grande successo. Chi era presente racconta che, nonostante i problemi tecnici e il coprifuoco, il concerto ha rappresentato uno straordinario momento di catarsi collettiva, e un forte messaggio politico dei cittadini di Sarajevo: non si è trattato unicamente di musica, ma di resistenza alla guerra.

Per una lettura più approfondita su Radio Zid: Larisa Kurtović “The paradoxes of wartime ‘freedom’: Alternative culture during the Siege of Sarajevo” in Resisting the Evil, 2012, ed. Nomos Verlagsgesellschaft mbH & Co.

Chi è Silvia Trevisani

Nata nel nord-est italiano, vive e lavora tra Zagabria e Copenaghen. Possiede una laurea triennale in Studi Internazionali (Università di Trento) e una magistrale in Interdisciplinary research and studies on Eastern Europe (Università di Bologna). Appassionata di Balcani, interessata agli studi di genere e spaventata dai neofascismi, ne scrive per East Journal. Parla inglese, francese e, dopo una rakija, serbo-croato.

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