DA JAICE – Quella appena trascorsa è stata una settimana molto importante per migliaia di fedeli bosniaci e non solo. Il 24 giugno si è infatti celebrato San Giovanni Battista e per l’occasione, come ogni anno, migliaia di fedeli si sono ritrovati in pellegrinaggio presso la piccola chiesa di Sv. Ivo (San Giovanni) a Podmilacje, a soli 8 km dalla città di Jajce.
Domenica 26 giugno è stata invece la volta dell’Ajvatovica, ricorrenza musulmano-bosniaca che porta anch’essa migliaia di pellegrini presso la piccola cittadina di Prusac, nella Bosnia centrale. I due eventi sono distinti per il fatto di appartenere a due fedi diverse, quelle stesse fedi più volte intese come “le storiche antagoniste”, ma sono accomunati dal fatto di essere le due più antiche festività religiose della Bosnia Erzegovina, l’una per i cattolici e l’altra per i musulmani; ed inoltre di derivare entrambi da una propria leggenda, risalenti al periodo dell’occupazione ottomana.
Per quanto riguarda San Giovanni Battista a Podmilacje, essa è l’unica chiesa di tutta la Bosnia Erzegovina a non esser mai stata distrutta durante l’occupazione ottomana. Non si sa quando di preciso venne edificata ma in accordo allo stile architettonico ed ad alcuni reperti rinvenuti si sa che essa fece in tempo a vivere l’ultimo periodo di autonomia del Regno di Bosnia (terminato nel 1463). Nonostante la chiesa sia molto piccola e abbia una struttura piuttosto semplice, ciò che la rende unica è la leggenda popolare nella quale è avvolta. Questa piccola chiesa giace sulle sponde del fiume Vrbas e tale leggenda dice che, all’epoca dell’invasione ottomana, la chiesa abbia attraversato il fiume andandosi a stanziare dove si trova oggi facendo si che gli ottomani non l’ avrebbero più utilizzata per metterci le capre, così come avevano fatto fino ad allora. Per tutto il periodo ottomano la chiesa è stata quindi utilizzata come luogo di riunione per tutti i fedeli cattolici.
Quest’anno i fedeli giunti da ogni angolo della regione sono stati più di ventimila circa e come ogni anno il programma ha previsto una messa speciale per i malati terminali che, secondo alcune credenze, vincerebbero i propri mali con “l’aiuto divino”.
Per quanto riguarda l’Ajvatovica invece, essa cade il settimo lunedì successivo al Ðurđevdan (il giorno di San Giorgio, 6 maggio), il 26 giugno appunto, senza seguire quindi il calendario dell’Egira. Essa è considerata come un espressione autentica della cultura bosniaco-musulmana e affonda le sue radici nell’antica chiesa bosniaca, quella cristiano/bogomila (all’epoca ritenuta eretica) riguardante le preghiere per la pioggia.
Il suo nome deriva da Ajvaz-dedo, un derviscio ed insegnante di cose religiose al servizio del Sultano, inviato in Bosnia affinché migliorasse la vita della popolazione locale. Secondo la leggenda si era nel 1500 quando la piccola cittadina di Prusac (attualmente nel comune di Donji Vakuf) stesse soffrendo una terribile siccità, destabilizzando così la popolazione locale, nonché la coltivazione. La leggenda di Ajvaz-dedo dice che, non distante dalla città di Prusac, ci fosse una montagna, Šuljage, nella cui roccia ci fosse una sorgente di acqua di montagna.
Il derviscio salì allora sulla montagna e per 40 giorni eseguì la preghiera del sabah-namaz (la prima delle 5 giornaliere) rivolto verso la roccia. Il quarantesimo giorno, dopo la preghiera, si addormentò e in sogno gli comparvero due arieti che, scontrando le corna l’un l’altro, spaccarono la roccia in 2 parti. Al suo risveglio, la roccia era effettivamente divisa e lasciava fuoriuscire l’acqua di sorgente. Dopo di ciò costruì un sistema idrico in tubi di legno che dispensò l’acqua per la città, mettendo fine all’odiosa siccità. Il programma dell’Ajvatovica, che è giunta alla sua edizione numero 501 e che durante il periodo socialista era proibita, prevede: la recitazione collettiva del sabah-namaz; il rituale di un caffè o tè collettivo; e quindi la partenza, a cavallo, verso la meta di pellegrinaggio, guidata dall’Imam che, con la bandiera verde dell’Islam, conduce le comunità provenienti da tutta la regione.
I fedeli di San Giovanni e dell’Ajvatovica non sono altro che un esempio di come le tradizioni religiose, cristiane e islamiche, siano profondamente radicate nella cultura del popolo bosniaco, che conserva le proprie usanze non tanto per fanatismo ma piuttosto come espressione di una secolare identità popolare.
— foto di Giorgio Fruscione