UCRAINA: Kiev contro la “blokada” della ferrovia verso il Donbass

Dopo settimane di crescente tensione, i Servizi di Sicurezza Ucraini hanno arrestato una quarantina di persone che bloccavano la linea ferroviaria che collega il Donbass ai territori sotto controllo di Kiev presso lo snodo Krivoy-Torez (a una cinquantina di chilometri a nord di Donetsk). La cosiddetta blokada degli scambi economici con le repubbliche separatiste era iniziata a metà gennaio lungo diverse direttrici ferroviarie. A promuovere e realizzare l’azione sono soprattutto alcuni gruppi – in molti casi armati – di nazionalisti ucraini che si definiscono veterani di guerra e patrioti fedeli a Kiev. A sostenerli ci sono anche diversi memebri del parlamento, come Semen Semenchenko, uno dei fondatori del battaglione Donbass e deputato del partito Samopomish. Il governo di Kiev, pur opponendosi alla blokada, si era dimostrato titubante per molte settimane, temendo di perdere completamente il controllo sui gruppi di nazionalisti.

Contro gli interessi nazionali?

L’obiettivo degli attivisti è quello di fermare non solo il commercio, che nonostante la guerra continua a collegare i territori occupati dai separatisti con l’Ucraina lungo le principali linee ferroviarie, ma anche l’attività di contrabbando, dalla quale si arricchiscono entrambi i fronti. Il principale dilemma, però, è legato alle conseguenze. Kiev ha già da tempo sospeso l’erogazione dei servizi statali (pensioni, stipendi), ma l’interdipendenza economica ha reso impraticabile la totale rottura dei legami commerciali. Da Donetsk e Lugansk sono continuate ad arrivare le materie prime, specialmente carbone, vitali per i stabilimenti industriali sul territorio controllato da Kiev. Il rischio delle ripercussioni economiche sulla già fragile economia ucraina appare elevato. Secondo alcuni dati già lo scorso febbraio la produzione di acciaio è calata del 19%, mentre secondo le parole del primo ministro Groysman, la blokada potrebbe provocare una perdita di 3,5 miliardi di dollari e fino a 75000 posti di lavoro.

Ma il funzionamento delle miniere e delle industrie nella parte occupata del Donbass garantisce anche lavoro e sostentamento alla popolazione locale. Il soffocamento economico potrebbe sicuramente provocare subbugli sociali nelle autoproclamate repubbliche, destabilizzandole, ma rappresenta anche una sconfitta per Kiev nella battaglia per i cuori e le menti della popolazione ucraina dell’est. Ad avvantaggiarsi della tensione tra governo e gli attivisti armati potrebbe essere Mosca che, non a caso, ha da poco riconosciuto ufficialmente i passaporti ed i documenti rilasciati dalle autorità separatiste.

Fragile equilibrio

Il governo di Kiev, sostenuto dalla comunità europea, si è opposto alla blokada ma non è stato in grado di reagire con risolutezza temendo che un’azione di forza potesse provocare un vero e proprio confronto armato, mentre la ricerca di una mediazione politica non ha trovato risultati significativi. Intanto, non si è fatta attendere la reazione dei separatisti. A inizio marzo a Donetsk e Lugansk è iniziato il processo di “nazionalizzazione”, cioè il passaggio sotto il controllo diretto dei separatisti delle industrie che erano ancora sotto la legislazione ucraine. Sebbene il processo rimanga ancora nell’ombra (si parla infatti di una temporanea “gestione esterna” delle industrie e non di vera e propria espropriazione) a rimetterci sembra soprattutto Rinat Akhmetov, l’oligarca che controlla i principali blocchi industriali da ambo le parti della linea di demarcazione. Considerata l’assenza di una chiara definizione dello status dei territori del Donbass, l’attività delle industrie possedute dal più grande oligarca dell’Ucraina orientale avevano assunto un carattere informale, garantendo tasse a Kiev e un tacito, e non ben noto, accordo con i separatisti. Akhmetov, che ha continuato a manovrare abilmente tra le due parti in conflitto, è anche il principale promotore dell’invio di beni di prima necessità a Donetsk e Lugansk sotto forma di aiuti umanitari, che si sono rivelati molto importanti per la popolazione locale durante i tre anni di guerra. Ora anche questi rimangono in gran parte sospesi a causa del processo di espropriazione da parte dei separatisti.

Gli attivisti arrestati qualche giorno fa, ufficialmente per possesso illegale di armi, secondo quanto riporta Ukrainska Pravda sarebbero stati rilasciati poco dopo, mentre in alcune regioni occidentali del paese qualche decina di attivisti è scesa in strada a sostegno della blokada. La situazione tra i gruppi di nazionalisti e il governo rimane tesa e potrebbe precipitare, giocando irrimediabilmente solo in favore di Mosca.

Chi è Oleksiy Bondarenko

Nato a Kiev nel 1987. Laureato in Scienze Internazionali e Diplomatiche presso l'Università di Bologna (sede di Forlì), si interessa di Ucraina, Russia, Asia Centrale e dello spazio post-sovietico più in generale. Attualmente sta svolgendo un dottorato di ricerca in politiche comparate presso la University of Kent (UK) dove svolge anche il ruolo di Assistant lecturer. Il focus della sua ricerca è l’interazione tra federalismo e regionalismo in Russia. Per East Journal si occupa di Ucraina e Russia. Collabora anche con Osservatorio Balcani e Caucaso.

Leggi anche

Guerra e democratizzazione in Ucraina

Guerra e democratizzazione in Ucraina: l’intervento di Oleksiy Bondarenko a Estival

A Estival, il festival sull’Europa centro-orientale tenutosi a Trento ormai più di un mese fa, ha partecipato come relatore anche uno storico collaboratore di East Journal, Oleksiy Bondarenko, il quale ci ha parlato dello sviluppo delle dinamiche interne allo Stato ucraino, ad oggi ancora alle prese con l’invasione russa sul suo territorio. Proponiamo in questo articolo un riassunto del suo intervento.

WP2Social Auto Publish Powered By : XYZScripts.com