Due membri pregiudicati del parlamento albanese, Shkelqim Selami, della maggioranza di centrosinistra del premier Edi Rama, e Dashamir Tahiri, dell’opposizione di centrodestra, ed anche Ervis (Ervin) Rroshi, sindaco socialista di Kavaja, 50 km sud di Tirana, non potranno più ricoprire i loro incarichi.
La decisione è stata presa dalla Commissione elettorale centrale, che ha applicato la legge sull’ineleggibilità dei pregiudicati entrata in vigore quest’anno. I tre risultano non aver dichiarato alle autorità alcune informazioni sul loro passato in Italia.
La legge sull’ineleggibilità dei pregiudicati include una lista di 79 reati; coloro che hanno commesso questi atti non possono essere eletti come deputati, sindaci o dirigere le istituzioni pubbliche. L’opposizione albanese guidata da Lulzim Basha aveva organizzato precedentemente una serie di manifestazioni chiedendo al premier socialista Edi Rama la rimozione dei criminali dal Parlamento.
L’espressione albanese “dekriminizalizim i politikes”, fuori i pregiudicati dalla politica, è stata articolata per la prima volta da parte dell’opposizione dopo le elezioni del 2013, dove, si ritiene che in Parlamento fossero stati elette 19 persone con un passato criminale. Una legge che impedisse l’infiltrazione diretta della criminalità organizzata e della mafia era ormai ritenuta necessaria.
Nelle ultime elezioni amministrative dello scorso anno le liste di vari partiti politici includevano dei candidati sospettati di collegamenti con la criminalità organizzata e la mafia. La società civile, i media, l’ambasciata Usa e l’UE avevano reagito in diverse forme.
La battaglia politica e civile per portare fuori dalle istituzione pubbliche persone pregiudicate fuori dal paese è ancora all’inizio. Il sistema della giustizia in Albania è uno dei punti più deboli dello stato. Il sistema giudiziario è universalmente percepito come corrotto e soggetto a pressioni politiche. Nel suo ultimo rapporto sui progressi dell’Albania nel percorso di integrazione europea, la Commissione europea riconosce che la riforma del sistema giudiziario rappresenta una delle principali sfide. “Il funzionamento della giustizia continua ad essere influenzato dalla classe politica, da una responsabilità limitata, dalla scarsa cooperazione tra le istituzioni, dalle risorse insufficienti e da ritardi”, si legge nella relazione.