BOSNIA: Apre a Sarajevo l’archivio dei crimini commessi nell’ex Jugoslavia

Un centro informativo contenente l’archivio del Tribunale penale internazionale per l’ex-Jugoslavia (ICTY) aprirà a Sarajevo. Questo è quanto confermato nel corso di un incontro avvenuto a fine novembre tra il sindaco della città, Ivo Komsic, e uno dei giudici del Tribunale, Fausto Pocar. Il memorandum d’intesa firmato dai due prevede che presto la vasta mole di documenti prodotti dall’ICTY, che dal 1993 persegue i crimini commessi durante i conflitti nell’ex-Jugoslavia, sarà a disposizione dei cittadini di Sarajevo in formato digitale. Di fatto, verrà creato un centro all’interno della Vijećnica, la sede storica del municipio da poco restaurata, in cui si potrà consultare da computer la documentazione prodotta dai giudici dell’Aja. Non mancheranno, inoltre, materiali fotografici, video, reperti legati alla guerra.

Il progetto del centro 

Il progetto di mettere il vasto archivio del Tribunale a disposizione delle popolazioni toccate dalle vicende degli anni ’90 era in cantiere da tempo. Una necessità dettata anche dal fatto che il prossimo anno l’ICTY dovrebbe cessare la propria attività. Un luogo accessibile a tutti cittadini, siano essi visitatori, giornalisti o persone che hanno vissuto la guerra in prima persona, che viene presentato dal Tribunale come la preziosa eredità del lungo lavoro svolto, in chiave di trasparenza e a beneficio della popolazione interessata. Come dichiarato dal giudice Pocar, il centro sarà un luogo di conoscenza e di dibattito, a disposizione della società civile per organizzare eventi che trattino temi legati al conflitto. Un messaggio confermato dal sindaco della città, che ritiene il centro un passo in avanti per stabilire la verità storica su quanto accaduto.

L’aspetto economico

Nonostante le buone intenzioni, tuttavia, la creazione del centro porta con sé alcune problematiche. La prima, banalmente, è di natura economica. Secondo il memorandum d’intesa, che non fissa per altro alcuna data specifica per l’apertura, il Tribunale si impegna a supportare il Comune per ottenere donazioni esterne e per raccogliere fondi necessari al funzionamento del centro. Al momento, dunque, non è chiaro come la struttura verrà finanziata, ancor di più alla luce della chiusura prossima del Tribunale. È evidente che per essere un luogo vivo e operativo, e non un progetto di facciata, un cospicuo sistema di finanziamento sarà necessario.

Le prime polemiche

La seconda problematica è forse la più complessa. Come era facile attendersi, la decisione di aprire un centro a Sarajevo ha già alimentato polemiche. Alcuni commentatori serbi si sono difatti chiesti se porre l’archivio nella capitale bosniaca, per di più all’interno di un palazzo di carattere politico come il municipio, non sia un segno di parzialità. La questione si lega alle ampie critiche che da più parti sono state rivolte al Tribunale, spesso protagonista di sentenze controverse. La risposta implicita del Tribunale è stato l’annuncio che nuove sedi verranno aperte in altri luoghi toccati dal conflitto. Al momento, però, si è solamente parlato della possibilità di aprire un centro nella città-simbolo di Srebrenica, mentre nessun passo concreto è stato compiuto per crearne altri in Croazia e in Serbia.

Il significato

Probabilmente le polemiche che hanno accompagnato il lavoro dell’ICTY in questi anni non risparmieranno nemmeno il suo centro informativo. Ciò, tuttavia, non deve sminuire il valore dell’atto di aprire ai cittadini i tanti documenti elaborati, importanti per tenere viva la memoria della guerra, soprattutto tra i giovani. Se adeguatamente finanziato e mosso dalla volontà di promuovere il dialogo in tutta la regione, il centro informativo potrà divenire un prezioso luogo di conoscenza, dibattito e confronto.

Chi è Riccardo Celeghini

Laureato in Relazioni Internazionali presso la facoltà di Scienze Politiche dell'Università Roma Tre, con una tesi sui conflitti etnici e i processi di democratizzazione nei Balcani occidentali. Ha avuto esperienze lavorative in Albania, in Croazia e in Kosovo, dove attualmente vive e lavora. E' nato nel 1989 a Roma. Parla inglese, serbo-croato e albanese.

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