Negli ultimi cinque anni si è diffuso il fenomeno della migrazione di ritorno tra diverse comunità di immigrati in Italia. Nel caso albanese, più di 5000 immigrati hanno deciso di rientrare in patria nel 2014; il numero dei rientri è cresciuto nel 2015 e i dati statistici parlano di un trend in continua evoluzione. Sono cifre abbastanza elevate se messe in relazione a quelle degli anni precedenti.
Tale fenomeno ha preso forma intorno al 2008, anno d’inizio della crisi economica italiana, quando cominciarono a mancare i fattori di attrazione, fra tutti il fabbisogno di manodopera aggiuntiva dall’estero, e, parallelamente, si attenuarono quelli di espulsione, grazie a dei miglioramenti nell’economia albanese. Ridotto il dislivello economico tra Italia e Albania, la possibilità di cercare fortuna nel proprio paese non sembrava così astratta. Le cause di questa ondata migratoria dunque ruotano attorno a questi due importanti fattori: la crisi economica che sta investendo tutto il mondo occidentale e, di contro, la rinascita socio-economica albanese.
Il fenomeno è particolarmente interessante nel contesto albanese in quanto, secondo i dati dell’INSTAT, i migranti non sono circoscrivibili all’interno di una sola classe socio-economica: si tratta di un evento che coinvolge trasversalmente tutta la popolazione immigrata albanese. L’Albania così assiste anche al rientro di personale molto specializzato, di migranti che in Italia hanno preso un titolo di studio e hanno fatto carriera. Questo fenomeno influisce profondamente all’interno del percorso di costruzione identitaria in atto nella società albanese.
I migranti di ritorno propongono novità lavorative e sociali considerevoli e il loro contributo risulta essere fondamentale in questa fase di transizione per il paese. Lo stesso circuito migratorio è cambiato. Da una migrazione prettamente lavorativa e finalizzata all’inserimento duraturo nella comunità ospitante, si è passati a un tipo di migrazione mirata all’apprendimento e alla formazione scolastica che ha insita in sé l’idea del ritorno in Albania. Questa tendenza sembra essere quella dominante tra gli studenti albanesi presso gli atenei italiani che sperano di sfruttare la laurea italiana in Albania. Esiste, infatti, una sorta di “discriminazione positiva” nei confronti dei titoli di studio ottenuti all’estero: i giovani che hanno studiato fuori dall’Albania sembrano avere maggiori possibilità di trovare lavoro e di costruire un futuro roseo.
Per far fronte a questa ondata di ritorno, il governo sta lavorando a una serie di proposte finalizzate a una migliore accoglienza dei migranti che decidono di tornare nel paese. In quest’ottica va letto l’avvio di diversi progetti di finanziamento per coloro che rientrano in patria e l’investimento sulla costruzione di nuove strutture abitative, soprattutto vicino a Tirana. Ma gli interventi che gli immigrati di ritorno si aspettano abbracciano anche altri ambiti.
Le loro necessità comprendono fondamentalmente tre punti: l’orientamento lavorativo già in fase pre-partenza attraverso sistemi di mediazione transnazionale al lavoro e collaborazioni transnazionali tra strutture competenti, l’inserimento dei minori all’interno del sistema scolastico e l’organizzazione di un programma di cumulo dei contributi. Ad oggi, infatti, non esiste la possibilità di cumulare i contributi versati dai lavoratori nei paesi d’origine e d’arrivo. Anche l’assistenza degli anziani che intendono tornare in Albania è un punto dove si chiede di intervenire.
La migrazione di ritorno non implica necessariamente che il paese d’origine stia vivendo uno sviluppo omogeneo. La situazione dell’Albania è ancora molto eterogenea: se è vero che nelle grandi città si sta assistendo a un miglioramento delle condizioni di vita e lavorative, è anche vero che alcune zone più marginali del paese rimangono in condizioni di estrema povertà. In questo contesto vanno letti i dati che parlano di una nuova intensificazione del fenomeno migratorio albanese.