RUSSIA: Gli aggiornamenti sul caso Dadin e le torture nella colonia penale

A circa tre settimane dalla pubblicazione della lettera-denuncia di Il’dar Dadin (che abbiamo pubblicato qui), l’attenzione mediatica verso il caso dell’attivista russo e le torture da lui subite nella colonia penale numero 7 sembra essere calata. Come l’ex membro di Russia Giusta Dmitrij Gudkov ha sottolineato, l’attenzione è stata distolta soprattutto dalle elezioni in terra statunitense. Tuttavia, la faccenda sta avendo degli sviluppi, che meritano attenzione, affinché l’intera vicenda non finisca nel dimenticatoio ancor prima che venga fatta chiarezza.

In seguito alla pubblicazione e alla diffusione della lettera, Dadin ha ricevuto svariate dimostrazioni di solidarietà. Manifestazioni in sostegno dell’attivista hanno avuto luogo anche nelle vicinanze della colonia. Appelli e messaggi di solidarietà sono giunti da Nadia Savčenko e dalla scrittrice bielorussa Svetlana Aleksievič, premio Nobel per la letteratura nel 2015. Inoltre, varie sedi di Amnesty International hanno raccolto migliaia di firme per chiedere il rilascio di Dadin, mentre ha fatto scalpore la chiusura della sede moscovita dell’associazione, la quale era stata tra i primi a reagire alle dichiarazioni shock dell’attivista.

Nel frattempo continuano a emergere altre storie riguardo alle condizioni di detenzione della colonia penale di Segeža. Le testimonianze di alcuni ex-detenuti, raccolte da Meduza, hanno confermato le rivelazioni di Dadin. Anche Oleg Naval’nyj, fratello del più noto blogger Aleksej e ora in carcere, si è detto convinto della veridicità delle dichiarazioni di Dadin, aggiungendo come tutta la situazione ora si trasformi in un messaggio da parte delle autorità, in una sorta di monito: “non andate alle manifestazioni o saranno guai per voi”. Lo stesso Dadin, in un recente resoconto dettato direttamente alla moglie durante la visita del 10 novembre, ha aggiunto inquietanti dettagli alle scene già descritte nella lettera del 31 ottobre. “Continuano a picchiarti finché non sei d’accordo con quello che dicono, a me hanno fatto ripetere ‘Putin è il nostro presidente’ perché sono un oppositore” riferisce Dadin. Inoltre, riporta frasi pronunciate dai secondini della prigione, quali “Non hai ancora capito dove sei capitato, qui la costituzione non vale”. Più recentemente, dopo la sua denuncia, le guardie lo avrebbero schernito con frasi come “Non hai risolto nulla, non salverai nessuno”, aggiungendo che non sarebbe mai uscito dal reparto di isolamento.

Pavel Čikov e Igor’ Kaljapin, membri del Consiglio di Presidenza sulla società civile e i diritti umani, hanno riferito di irregolarità durante l’ispezione avvenuta il 7 novembre e di tentativi del personale della prigione di ostacolare il loro operato in tutti i modi. Durante quest’ispezione sarebbe inoltre avvenuta una protesta da parte di otto detenuti, i quali, nel tentativo di attirare l’attenzione degli ispettori, sarebbero saliti sul tetto della prigione con un cartello con una richiesta di aiuto. Secondo quanto riferito da Čikov, gli otto detenuti sono stati trasferiti e non è stato possibile ottenere il permesso di visitare la colonia IK-I, dove si trovano ora. Čikov ha espresso la sua preoccupazione per le punizioni che potrebbero subire come conseguenza delle loro azioni.

Cresce enormemente la preoccupazione per il destino dei detenuti e, di pari passo, l’angoscia di una minoranza che vuole combattere una giustizia ingiusta e spesso poco trasparente, un motivo purtroppo ricorrente nella Russia odierna.

Il governo russo ha tempo fino al 16 dicembre per rispondere alle domande inviategli dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, organo alle cui decisioni la Russia non è più obbligata a sottoporsi dal dicembre dell’anno scorso.

FOTO: Izvestija

Chi è Maria Baldovin

Nata a Ivrea (TO) nel 1991, laureata in lingue e in studi sull’Est Europa. Per East Journal ha scritto prevalentemente di Russia, politiche di memoria e questioni di genere. È stata co-autrice del programma radiofonico "Kiosk" di Radio Beckwith

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