CROAZIA: La lotta degli studenti in difesa della laicità dell’Università

Da ZAGABRIA – Alla Facoltà di scienze umane e sociali (FFZG) dell’Università di Zagabria studenti e professori si battono da mesi contro il processo di gemellaggio con la Facoltà di teologia cattolica (KBF). Le proteste, che si sono inasprite negli ultimi mesi anche a causa del comportamento autoritario del Preside di Facoltà Vlatko Previšić, dimessosi a fine settembre, si inseriscono nel più ampio dibattito sulla laicità delle istituzioni croate.

La protesta è entrata nel vivo negli ultimi sei mesi, quando il Preside della FFZG, Vlatko Previšić, ha riproposto una riforma già fortemente dibattuta qualche anno fa. Nel 2014 l’allora Preside Damir Boras e il Decano della KBF, Tonči Matulić, proposero infatti l’unificazione dei due corsi, permettendo così agli studenti di entrambe le Facoltà di ottenere un titolo di laurea congiunto. Come già avvenuto in passato, la maggioranza degli studenti, sostenuti da gran parte dei professori, ha immediatamente ribadito la contrarietà all’accordo. L’unificazione con la KBF rappresenterebbe infatti la desecolarizzazione dell’Università di Zagabria e dell’intero sistema educativo croato.

Secondo molti, le incompatibilità con la Chiesa Cattolica metterebbero fortemente a rischio la libertà di insegnamento ed apprendimento. Un ulteriore problema è rappresentato da alcuni aspetti pratici dell’accordo: gli studenti della Facoltà di teologia cattolica risulterebbero infatti agevolati rispetto ai colleghi della FFZG nell’accesso a ruoli di insegnamento, in quanto la loro selezione non avviene in base al merito ma unicamente su un controllo di requisiti religiosi, quali l’esistenza di un certificato di battesimo e la raccomandazione di un Vicario locale.

Davanti a questa prospettiva studenti e professori non sono rimasti in silenzio: ad aprile hanno riunito il Plenum, l’assemblea autogestita nata proprio alla FFZG durante le proteste del 2009 per difendere il diritto all’educazione gratuita. In quell’occasione gli studenti occuparono la Facoltà per più di un mese, finché il governo non cedette e promise lo stanziamento di nuovi fondi per permettere l’iscrizione gratuita all’università. Il Plenum è rimasto quindi in questi anni il punto di riferimento della lotta congiunta di studenti, professori e lavoratori.

Proprio alla luce di questo è possibile spiegare il controverso comportamento del Preside Previšić, che in pochi mesi è diventato simbolo di un Università autoritaria e repressiva. Davanti alla minaccia di una nuova occupazione e in seguito alle critiche portate dai rappresentanti degli studenti all’interno del Consiglio di Facoltà, il Preside è riuscito a far rimuovere gli stessi, appellandosi ad una presunta irregolarità avvenuta nell’ elezione del corpo studentesco. L’esclusione degli studenti da un organo decisionale ha chiaramente provocato una nuova ondata di malcontento e la radicalizzazione del Plenum, che è arrivato a chiedere a voce sempre più alta le dimissioni di Previšić, la cui risposta non si è fatta attendere. Dopo poche settimane infatti il Preside ha creato una vera e propria guardia di sicurezza che presidiasse l’ingresso alla facoltà, impedendo così agli studenti di riunirsi nel Plenum e di utilizzare gli spazi della struttura. Contemporaneamente è apparso in diversi dibattiti televisivi giustificando le sue azioni per problemi di sicurezza e per un presunto rischio terrorismo.

Nonostante Previšić si sia poi dimesso la lotta degli studenti non si è conclusa: il sostituto Preside starebbe infatti continuando a discutere le condizioni per il gemellaggio con la KBF all’interno del Consiglio di Facoltà, da cui gli studenti continuano ad essere esclusi. Per questo motivo sono state indette altre proteste per i prossimi giorni.

Chi è Silvia Trevisani

Nata nel nord-est italiano, vive e lavora tra Zagabria e Copenaghen. Possiede una laurea triennale in Studi Internazionali (Università di Trento) e una magistrale in Interdisciplinary research and studies on Eastern Europe (Università di Bologna). Appassionata di Balcani, interessata agli studi di genere e spaventata dai neofascismi, ne scrive per East Journal. Parla inglese, francese e, dopo una rakija, serbo-croato.

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