Un altro Novecento

di Stefano Bottoni*

L’Europa orientale che questo libro racconta è l’insieme dei territori che, dopo aver attraversato la dissoluzione dei tre imperi multietnici in seguito alla Prima guerra mondiale, conobbero a partire dal 1939 l’esperienza storica del comunismo di tipo sovietico. La regione trattata comprende attualmente venti Stati (Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Belarus, Ucraina, Slovacchia, Repubblica Ceca, Ungheria, Romania, Bulgaria, Moldova, Slovenia, Croazia, Bosnia-Erzegovina, Serbia, Montenegro, Macedonia, Kosovo e Albania), distribuiti su un territorio che misura quasi 2 milioni di km2 e una popolazione complessiva di 184 milioni di abitanti. Dopo il 1919, la maggior parte degli Stati successori degli imperi multietnici riprodusse su scala ridotta la frammentazione delle vecchie entità in un contesto politico profondamente mutato (l’età del nazionalismo di massa e del principio di autodeterminazione dei popoli). La dissoluzione nel 1991-93 degli Stati federativi esteuropei, la Jugoslavia e la Cecoslovacchia, ha generato un aspro dibattito in cui emergono molti dei nodi interpretativi di questo libro.

Alcuni videro nella scomparsa degli Stati multinazionali, a settant’anni dalla loro creazione, la conferma del carattere fallimentare del loro impianto; altri sostennero che la separazione avrebbe favorito l’estendersi dei conflitti etnici e bloccato il processo di integrazione europea. Altri ancora, con più realismo, ammisero che nessuno dei due Stati era destinato al fallimento perche nascevano entrambi in un momento di crisi da una volontà politica alla quale si accompagnava una lunga gestazione intellettuale, dovuta all’incapacità dei regimi comunisti di gestire le differenze nazionali in modo più soddisfacente rispetto a quelli del periodo interbellico.

Nonostante le premesse ideologiche internazionaliste, l’Europa orientale inglobata nella sfera di influenza sovietica non formò mai un’autentica comunità sovranazionale. Tensioni etniche e interessi economici contrapposti si manifestarono all’interno dei partiti unici al potere, influenzando i rapporti bilaterali e alimentando una dialettica crescente con Mosca. L’Europa orientale dipendeva pesantemente dall’Unione Sovietica, ma al rapporto di subordinazione degli anni quaranta e cinquanta si sostituì in seguito una “lealtà condizionata”. La storia dell’Europa orientale resta dunque in parte, anche dopo il 1945, la somma di vicende nazionali. Il quarantennio comunista ha tuttavia impresso su questi paesi un marchio pronunciato.

Dopo il 1989 molti si erano illusi che il comunismo costituisse una parentesi storica, facilmente superabile attraverso programmi di privatizzazione dell’economia e democratizzazione della vita politica. La “deviazione” comunista, sommandosi alle specificità ereditate dal periodo 1919-45 (squilibri sociali, conflitti nazionali, instabilità politica), incise in modo assai più profondo di quanto immaginabile sulla mentalità collettiva e sulle strutture sociali dei paesi ex comunisti. Probabilmente la comune eredità di un passato scomodo che esita a passare costituisce l’unico, vero profondo legame che l’Unione Sovietica sia riuscita a creare con i suoi riluttanti satelliti.

In ciascuno dei sette capitoli, il volume cerca di combinare un taglio generale cronologico con un approccio tematico comparato, incentrato sull’evoluzione economica e sociale dei vari paesi. Il nazionalismo e il fattore etnico non bastano infatti a spiegare la storia dell’Europa orientale del Novecento. In caso contrario, tale vicenda potrebbe essere ridotta a una serie ininterrotta di vendette e massacri compiuti sotto la spinta di pulsioni ancestrali. Il nazionalismo, nelle sue versioni democratiche, illiberali o populiste di destra e di sinistra, ha naturalmente giocato un ruolo fondamentale nelle vicende storiche del Novecento est-europeo. Per analizzare le motivazioni alla base dei massacri e degli atti di genocidio che hanno punteggiato il secolo passato in Europa orientale, è necessario tuttavia capire attraverso quale intreccio di assimilazione e dissimilazione, ricordo e oblio, esterofilia e xenofobia si sono formate le rappresentazioni dell’altro.

L’analisi sociale ed economica risulta imprescindibile ai fini di una ricostruzione storica che tenti di restituire al mosaico est-europeo la propria complessità. Sara cosi possibile comprendere perche la distanza politica ed economica dall’Occidente delle “zone grigie” del continente europeo, allargatasi nei decenni del socialismo, tenda oggi ad affievolirsi senza peraltro scomparire, portandoci alla conclusione che un’Europa “orientale” esiste ancora. Affrontando in un saggio recente la scomparsa dei tradizionali confini politici della nuova Europa allargata, lo storico tedesco Karl Schlogel ha osservato che ad essa si contrappone una persistente alterità dei cronotopi, i sistemi di interconnessione dei rapporti temporali e spaziali. Questo libro tenta di raccontare gli “strati di memoria” sedimentatisi nella parte orientale dell’Europa durante il lungo Novecento.

Stefano Bottoni ha conseguito il Dottorato di ricerca in Storia d’Europa presso l’Università di Bologna, dove insegna Storia e istituzioni dell’Europa orientale. E’ assegnista di ricerca presso l’Università del Piemonte orientale e collabora con l’Istituto di Storia dell’Accademia ungherese delle Scienze di Budapest. Per Carocci ha pubblicato nel 2007 Transilvania Rossa, il comunismo romeno e la questione nazionale.

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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