MONTENEGRO: Accordo con l’opposizione. Ma non tutti sono contenti

In vista delle elezioni di ottobre, il Montenegro ha un nuovo governo di unità nazionale. I rappresentanti dell’opposizione montenegrina entreranno nelle strutture del governo ad interim con lo scopo di prevenire gli abusi delle risorse pubbliche durante la campagna elettorale. L’accordo firmato la scorsa settimana tra il primo ministro Milo Djukanovic e una parte dell’opposizione prevede l’ingresso di quattro ministri (Interni, Finanze, Lavoro e Agricoltura) nominati dai partiti dell’opposizione. I nomi dei ministri rappresentanti dei partiti d’opposizione (Ura, Demos, e Partito Social-Democratico) che entreranno nel Governo per adesso sono Milenko Popovic, vicepremier, Rashko Konjevic, ministro delle finanze,  Goran Danilovic, ministro dell’interno e Boris Maric, ministro del Lavoro.

Inoltre, l’accordo concede all’opposizione oltre 50 funzioni in aziende pubbliche e partecipate statali per prevenire le assunzioni in cambio di voti per il partito di Djukanovic – prassi ben diffusa da quando il DPS è al Governo, ossia dal 1991. Secondo l’accordo, l’opposizione potrà scegliere circa 150 funzionari presso le amministrazioni pubbliche, dove avranno il diritto alla doppia firma sui documenti importanti, che in pratica permette loro il diritto di veto. Si tratta di posizioni ritenute di importanza chiave per controllare l’uso delle risorse pubbliche per scopi elettorali.

L’entrata in vigore dell’accordo è prevista per i prossimi giorni tramite una lex specialis in merito alla quale il Parlamento si esprimerà tra mercoledì e giovedì, con una probabile approvazione. La firma dell’accordo è frutto dei negoziati durati cinque mesi tra Djukanovic e l’opposizione, ed è un compromesso rispetto alle richieste dell’opposizione di dimissioni pre-elettorali di Djukanovic.

L’accordo tra maggioranza e opposizione in Montenegro segue a grandi linee il “modello macedone” dell’accordo di Przino del 2015, e dovrebbe prevenire il boicottaggio delle urne da parte dell’opposizione. Rispetto al caso macedone, in Montenegro Djukanovic manterrà il ruolo di premier fino al voto; allo stesso tempo, l’opposizione avrà maggiore controllo anche sulle azioni del settore parastatale, fortemente politicizzato.

Milo Djukanovic, al potere da 25 anni con funzioni alternanti tra Primo Ministro e Presidente della Repubblica, si trova in un momento difficile dopo che il suo partner di coalizione da 18 anni, SDP, gli ha voltato le spalle passando alcuni mesi fa all’opposizione.

A firmare l’accordo, oltre allo SDP, sono due piccoli partiti del centro, entrambi fondati nel 2015 – Ura e Demos. La maggiore forza di opposizione, il Demokratski Front, ha deciso di rimanerne fuori, descrivendo i patti con Djukanovic come un tradimento. Per il DF, che a partire dallo scorso settembre sta organizzando proteste di piazza per chiedere le dimissioni di Djukanovic e le elezioni anticipate, l’unico governo ad interim valido sarebbe un governo senza Djukanovic.

Il Montenegro è a un passo dal divenire il 29° Paese a far parte della NATO a seguito dell’invito ufficiale fatto dal segretario norvegese Jens Stoltenberg. Con 650.000 abitanti, il Montenegro sta oggi negoziando la sua adesione all’Unione europea, ma il suo cammino è ostacolato da corruzione, problemi di libertà di stampa e criminalità organizzata. A dieci anni dall’indipendenza del 2006, e a 25 anni dalla fine del regime comunista jugoslavo, il Montenegro non ha ancora visto un’alternanza democratica al potere.

Chi è Lavdrim Lita

Giornalista albanese, classe 1985, per East Journal si occupa di Albania, Kosovo, Macedonia e Montenegro. Cofondatore di #ZeriIntegrimit, piattaforma sull'Integrazione Europea. Policy analyst, PR e editorialista con varie testate nei Balcani. Per 4 anni è stato direttore del Centro Pubblicazioni del Ministero della Difesa Albanese. MA in giornalismo alla Sapienza e Alti Studi Europei al Collegio Europeo di Parma.

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