TENNIS: La Šarapova e un farmaco sovietico, è teoria del complotto?

Il 7 marzo, cupa in volto e con largo vestito nero, Marija Šarapova ha annunciato, in una conferenza stampa a Los Angeles, di essere stata trovata positiva al Meldonium. La tennista ha detto di assumere il farmaco dal 2006, ma di non essere stata al corrente del fatto che, dal primo gennaio, il Meldonium era stato inserito nella lista delle sostanze dopanti. Ne è nato un intenso dibattito e non sono mancate le ipotesi di complotto occidentale.

Ivars Kalviņš, creatore del farmaco, ha indicato fin da subito la via del complotto contro gli atleti dell’est. Il farmaco, infatti, è prodotto dalla casa farmaceutica lettone Grindeks ed è commercializzato solo in alcuni paesi dell’ex blocco sovietico ma in nessuno stato occidentale. «La WADA non adduce prove, prende solo le decisioni. Penso che in un certo senso sia atto diretto verso gli atleti dell’est. La WADA non ha nessuna prova scientifica che il Meldonium sia doping» ha dichiarato Kalviņš all’agenzia TASS.

L’accusa della WADA, invece, è che il farmaco, alterando il metabolismo e abbassando i valori di emoglobina, migliori la fluidità del sangue e agisca quindi quale eventuale “coprente” dell’EPO. Ma i risultati dei test al laboratorio di Colonia che hanno portato all’inserimento del prodotto nella lista di quelli vietati non sono ancora stati pubblicati, per cui non si sa quale effetti questo farmaco potrebbe avere sugli sportivi. Oltre alla Šarapova però altri sportivi russi sono stati fermati per lo stesso motivo.

In tutto questo però è proprio la casa farmaceutica Grindeks a far notare in un comunicato che il Meldonium, a livello terapeutico, è utilizzato contro le cefalee e come anti-ischemico e che il normale periodo di cura va dalle quattro alle sei settimane, che sono un periodo infinitesimamente più breve dei dieci anni di utilizzo dichiarati dalla Šarapova, che ha inoltre dichiarato di prendere il farmaco contro una lievissima forma di diabete.

Sono emersi, inoltre, alcuni elementi abbastanza inquietanti, per cui la teoria del complotto perde ulteriormente di credibilità. Il Washington Post ha recuperato un’intervista che Kalviņš rilasciò nel 2009 al quotidiano lituano Diena, nella quale spiegava che il farmaco era nato per combattere lo stress psico-fisico dei soldati sovietici: «Il Meldonium è stato inventato ai tempi dell’URSS per studiare i meccanismi legati allo stress psico-fisico. Le ricerche coincisero con la necessità di trovare un medicinale che prolungasse le prestazioni fisiche. Prodotto all’inizio in piccoli quantitativi nei laboratori russi, divenne ben presto parte della dieta di ogni soldato. Venne infatti somministrato a piloti e marinai impiegati sui sommergibili oltre ai soldati che presero parte alla guerra in Afghanistan».

Inoltre in questo ultimo anno la Russia è stata più volte sotto i riflettori dell’antidoping, cosa che il ministro dello Sport russo, Vitalij Mutko, ha commentato con un certo sarcasmo, respingendo però le accuse che dietro a tutto ciò ci sia un sistema: «Ci aspettano degli sconvolgimenti su questo farmaco: non sta a me annunciarlo, ma casi del genere ce ne saranno ancora, per il piacere dei nostri amici. Non è un sistema, indagheremo su ogni singolo caso. Sei mesi fa avevamo avvertito tutte le federazioni che questo farmaco sarebbe stato incluso nella liste di quelli proibiti, ma bisogna fare chiarezza su queste cose: l’atleta non lo prende da solo, medici, allenatori, fisioterapisti e i capi delle federazioni devono essere responsabili. La cosa più terribile è che alla fine ne risente l’atleta».

Insomma, sarebbe forse più corretto andare a fondo su cosa prendono tutti gli atleti, piuttosto che cercare teorie ogni volta che qualcuno viene beccato. Che la WADA voglia colpire solo la Russia piuttosto che altre nazioni può essere vero, ma che dietro l’utilizzo di un farmaco vecchio e poco conosciuto per curare una malattia per la quale non è prescritto ci sia una teoria del complotto, sembra un’ipotesi eccessiva.

Senza voler prendere le difese di nessuno, è chiaro che questi atleti sono nelle mani di medici e fisioterapisti, ed è difficile stimare quanto conoscano a fondo i farmaci che gli vengono somministrati. La guerra al doping non è mai stata facile, ma questo, che è a tutti gli effetti un secondo caso “Armstrong”, potrebbe smuovere le cose e non poco, soprattutto nel mondo del tennis. Intanto la Šarapova è stata abbandonata dalla maggior parte dei suoi sponsor, per un danno economico calcolato in 70 milioni di dollari.

Chi è Alessandro Camagni

Nato a Cantù nel 1991. Laureato in Scienze Internazionali e Istituzioni Europee all'Università Statale di Milano con una tesi sull'ascesa e il declino del movimento "Solidarnosc" in Polonia. Scrive su "La Provincia di Como", "Il Fatto Quotidiano" e ha collaborato con "Gazzetta TV" .

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