Mongols cooking. From 'Jami Al-tawarikh' or 'History universelle' by historian Rashid al-Din (1247-1318). About 1430. Image licenced to Dick Doughty SAUDI ARAMCO WORLD (Aramco Services Co) by Dick Doughty Usage : - 4600 X 4600 pixels (A3) © Scala/White Images / Art Resource

TURCICA: Gli antichi turchi e la civiltà delle steppe

Parlare della civiltà degli antichi turchi rende necessarie alcune definizioni preliminari. I popoli turcofoni appartenevano alla più ampia categoria dei “nomadi eurasiatici”. Non si tratta di una definizione etnica, ma culturale e di civiltà. Queste popolazioni potevano avere origini etniche e linguistiche diverse, ma condividevano, almeno a grandi linee, le medesime istituzioni politiche, religiose e sociali. Vi sono in realtà teorie che propongono un’origine etnico-linguistica comune per questi popoli, o almeno per i gruppi principali. Per esempio alcuni studiosi ipotizzano una stretta parentela tra le lingue turche e quelle di ceppo mongolo (teoria altaica), includendo eventualmente in queste speculazioni anche gli idiomi ugrici e finnici, o altri ancora (teoria uralo-altaica). In questa sede non è necessario entrare nel dettaglio di tali teorie e analizzarne pregi e limiti. L’importante è sapere che i turchi condividevano la stessa civiltà con popolazioni non turcofone, e che le considerazioni sulla cultura turca dell’alto medioevo potrebbero riferirsi anche ai mongoli, ai magiari o ai popoli finnici dello stesso periodo storico.

La civiltà turca era “eurasiatica” non perché mischiava elementi europei e asiatici, ma perché faceva riferimento a un mondo culturale autonomo caratterizzato da elementi originali e non riconducibili alle civiltà dell’Europa e dell’Asia. Sede di questa civiltà erano le grandi pianure dell’Europa orientale e dell’Asia centro-settentrionale, dove la steppa rappresentava l’ambiente naturale prevalente. Il dato geografico è base e condizione essenziale della cultura e dello stile di vita dei turchi e degli altri nomadi eurasiatici. La steppa costituisce un immenso pascolo, capace di sostenere milioni di capi di bestiame, in particolar modo ovini ed equini, perché i nomadi dell’Eurasia erano innanzitutto dei pastori.

I popoli delle steppe erano anche dei guerrieri, e in particolar modo dei grandi cavalieri. La steppa è la terra dei cavalli per eccellenza, e il loro allevamento ha costituito per molti secoli l’occupazione principale dei turchi, accanto alla guerra. Come si può intuire le due attività sono strettamente collegate. La straordinaria potenza militare turca e mongola si fondava sulla superiorità della loro cavalleria. Superiorità che era innanzitutto numerica, poiché nelle grandi praterie eurasiatiche essi potevano allevare una quantità di animali impensabile nelle terre dei popoli sedentari. La simbiosi tra uomo e cavallo che caratterizzava la vita dei nomadi delle steppe conferiva loro anche una perizia nell’uso della cavalleria sconosciuta a quei popoli per cui il cavallo non ricopriva un ruolo altrettanto centrale.

Per gli antichi turchi non esisteva una distinzione netta tra la guerra e la razzia. Oltre alle interminabili lotte tribali per il controllo delle steppe, i nomadi irrompevano con regolarità nella storia delle grandi civiltà sedentarie europee e asiatiche. L’obiettivo di queste incursioni non era quasi mai la conquista. Dopo aver devastato e razziato i territori invasi, i cavalieri della steppa tornavano abitualmente nelle loro terre. Sapevano infatti che fermarsi nei paesi europei e asiatici non solo avrebbe messo a rischio la loro cultura e il loro stile di vita, ma li avrebbe anche costretti a rinunciare al sistema economico che reggeva la loro potenza. Senza la possibilità di mantenere la loro temibile cavalleria, sarebbero mancati infatti i presupposti della loro superiorità militare rispetto ai popoli sedentari. Gli unici territori del mondo europeo e mediterraneo che questi nomadi poterono occupare stabilmente nel corso del medioevo furono la Pannonia e l’Anatolia, proprio perché riproducevano all’incirca lo stesso ambiente naturale delle steppe da cui essi provenivano. Queste furono le antiche radici delle attuali nazioni dell’Ungheria e della Turchia.

Gli antichi turchi vivevano in accampamenti (oba) formati da tende di feltro dalla caratteristica forma a campana, del tutto simili alle yurte che ancora oggi dominano il paesaggio di molte regioni dell’Asia centrale. La produzione artigianale era molto sviluppata, e i turchi eccellevano soprattutto in due differenti ambiti. Sin dal principio essi furono famosi in tutta l’Asia e l’Europa per la lavorazione dei metalli, spesso collegata alla guerra e alle attività relative all’allevamento dei cavalli o degli ovini. L’altra attività caratteristica dei turchi era la lavorazione della lana e della seta – la prima prodotta in loco, la seconda (più rara) commerciata attraverso la Cina – con cui producevano innanzitutto gli splendidi tappeti che costituivano i pavimenti e le pareti delle loro dimore. Il commercio di questi e altri prodotti artigianali stava alla base di un’attività mercantile che con il tempo divenne florida e costituì una parte importante dei traffici che caratterizzavano la via della seta.

La società dei nomadi turchi e mongoli era fondata su una base tribale, e i rapporti familiari dominavano tutto il sistema politico e sociale. Gli imperi della steppa erano dunque confederazioni di tribù, e a definirne i contorni non erano confini geografici impossibili da tracciare, ma la fedeltà degli uomini, ovunque essi montassero le tende. Al vertice delle confederazioni tribali turco-mongole vi erano i khan, titolo che indica sovranità ed è paragonabile a quello di un monarca. Nei grandi imperi eurasiatici, tra i khan spiccava come primus inter pares una sorta di imperatore chiamato khaghan – spesso reso dagli occidentali come “Gran Khan” – il cui ruolo era talvolta associato a una natura semi-divina.

A ogni livello, il potere dei sovrani non era affatto assoluto e arbitrario. Tutti coloro che detenevano una qualche forma di potere, dal Gran Khan al più modesto dei capitribù, dovevano governare tenendo conto del parere di un kurultay, cioè un consiglio formato dai notabili che rappresentavano gli interessi dei gruppi a cui appartenevano. Questi notabili, denominati bey (signori) costituivano il ceto prominente all’interno di una società stratificata e piuttosto complessa. Tra le loro fila venivano scelti coloro che gestivano la burocrazia e l’organizzazione imperiale, in modi che variano nei diversi periodi e che spesso è difficile ricostruire con esattezza. Tra queste figure spicca quella degli yabgu, governatori e comandanti militari di nomina imperiale, inviati a rappresentare il khaghan nelle regioni periferiche. Con il tempo molti di questi yabgu si resero di fatto indipendenti e giocarono un ruolo molto importante nell’espandere e rafforzare la potenza turca in Asia e in Europa.

Chi è Carlo Pallard

Carlo Pallard è uno storico del pensiero politico. Nato a Torino il 30 aprile del 1988, nel 2014 ha ottenuto la laurea magistrale in storia presso l'Università della città natale. Le sue principali aree di interesse sono la Turchia, l'Europa orientale e l'Asia centrale. Nell’anno accademico 2016-2017 è stato titolare della borsa di studio «Manon Michels Einaudi» presso la Fondazione Luigi Einaudi di Torino. Attualmente è dottorando di ricerca in Mutamento Sociale e Politico presso l'Università degli Studi di Torino. Oltre all’italiano, conosce l’inglese e il turco.

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