SERBIA: Vučić annuncia elezioni anticipate. Un uomo solo al comando?

Da BELGRADO Aleksandar Vučić, primo ministro della Serbia e leader del partito progressista (SNS) al governo, nella giornata di domenica 17 gennaio ha annunciato che si terranno presto nuove elezioni parlamentari.

La decisione di indire nuove elezioni, che era da tempo nell’aria, è stata ufficialmente annunciata in occasione del meeting del comitato belgradese del Partito Progressista Serbo (SNS). Le elezioni parlamentari avverranno in concomitanza con quelle locali e quelle per il rinnovo del governo della Vojvodina, regione settentrionale della Serbia a statuto autonomo e con tutta probabilità si terranno il prossimo 24 aprile [lo stesso giorno delle previste elezioni in Macedonia, ndr].

Il leader progressista ha motivato la sua scelta, tra il tripudio della folla degli oltre 500 membri del comitato cittadino di Belgrado, sostenendo che la Serbia ha bisogno di un nuovo mandato elettorale che confermi l’operato del governo nella direzione del processo di riforme, nonché verso l’integrazione europea. Stando alle dichiarazioni di Vučić, si tratta quindi della necessità del SNS di ottenere un rinnovo di fiducia al corpo elettorale per l’ambizioso programma di riforme.

Troppa democrazia o troppo poca?

Quelle di aprile saranno le quarte elezioni negli ultimi quattro anni per la Serbia. Nel 2012 si votò sia per il rinnovo del parlamento che per il presidente della repubblica, che portarono alla vittoria di Tomislav Nikolić e del Partito Progressista, con la formazione di un governo di coalizione presieduto dal leader del partito socialista Ivica Dačić. Il 2014 fu invece l’anno di Aleksandar Vučić, che passò dalla posizione di vice primo ministro a quella di premier, mantenendo inalterata la coalizione.

L’idea è che l’attuale primo ministro voglia semplicemente consolidare il proprio ruolo di “uomo delle riforme”, che ha saputo, spesso al limite del patetico, vendere abilmente all’opinione pubblica serba. Le riforme di cui parla Vučić sono poco consistenti sul piano politico e sociale, a partire dalla legge sul lavoro e dal piano di privatizzazioni. Il suo programma si basa piuttosto su un’intensiva svendita delle risorse del paese ad investitori stranieri, spesso riluttanti a garantire piani di crescita sul lungo periodo e troppo interessati ad accaparrarsi i tanti incentivi statali promossi dal governo a tutto discapito dell’economia locale, che non possono nulla contro gli investimenti dei grandi marchi e corporazioni straniere, tra cui spiccano quelle italiane.

Il fatto che, come nel 2012, le elezioni parlamentari verranno abbinate a quelle locali rappresenta il tentativo di rafforzare il consenso in quelle città in cui il SNS non gode della maggioranza. Inoltre, come sostiene l’analista politico Đorđe Vukadinović, il fatto che Vučić faccia riferimento, come motivazione ad indire le elezioni anticipate, ad una “drammatica atmosfera a livello sociale” sembra avere poco senso, dal momento che il paese non è attraversato da proteste o scioperi di massa a livello nazionale, che abbiano come obiettivo le dimissioni del governo.

L’obiettivo di Vučić è quindi lo stesso del 2014: consolidare il proprio potere. Infatti, due anni fa il leader progressista fece una serie di promesse, mai mantenute, circa il miglioramento delle condizioni sociali ed economiche della popolazione, che sono infatti peggiorate, considerati i bassi standard di crescita, l’aumento della disoccupazione e la diminuzione di salari e pensioni. Ciononostante, il premier, nel corso degli ultimi due anni, non ha fatto che ripetere che la Serbia avvertirà i benefici della crescita nel prossimo futuro, salvo poi dichiarare ogni volta un termine diverso (“entro il 2015”; “entro i primi mesi del 2015”; “entro il 2016” e così via). La sua speranza è quella di dare nuova linfa con nuove promesse, nella speranza quindi che gli elettori si siano dimenticati quelle passate.

Infine, nonostante non siano ancora state ufficializzate coalizioni, con le nuove elezioni il leader serbo si assicurerebbe altri due anni di mandato, a meno che l’opposizione serba non riesca ad organizzarsi per tempo. Cosa che non è riuscita a fare negli ultimi due anni e sembra difficile che ci possa riuscire nei prossimi tre mesi.

L’annuncio di nuove elezioni anticipate non sembra dunque portare molto di nuovo per la scena politica di Belgrado. Dal canto suo, l’elettorato serbo avrà la possibilità di giudicare l’operato del governo, al netto dell’indifferenza crescente verso la classe politica. Il pericolo è che il trend astensionista possa crescere ulteriormente e che ciò possa indirettamente rappresentare l’opinione pubblica circa il modo del governo di occuparsi e rappresentare gli interessi del popolo serbo.

Chi è Giorgio Fruscione

Giorgio Fruscione è Research Fellow e publications editor presso ISPI. Ha collaborato con EastWest, Balkan Insight, Il Venerdì di Repubblica, Domani, il Tascabile occupandosi di Balcani, dove ha vissuto per anni lavorando come giornalista freelance. È tra gli autori di “Capire i Balcani occidentali” (Bottega Errante Editore, 2021) e ha firmato due studi, “Pandemic in the Balkans” e “The Balkans. Old, new instabilities”, pubblicati per ISPI. È presidente dell’Associazione Most-East Journal.

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