POLONIA: Prosegue la crisi costituzionale. Corte imbrigliata dal parlamento

Non trova pace la Corte Costituzionale in Polonia ormai da più di un mese oggetto di contenziosi giuridico-politici i cui sviluppi hanno portato il nuovo governo polacco di Diritto e Giustizia (PiS) sotto i riflettori della stampa internazionale. Non cessa, infatti, la crisi apertasi dopo la revoca dei cinque giudici nominati da Piattaforma Civica nella precedente legislatura e la conseguente nomina di sostituti più vicini alla nuova linea di governo. A niente sono valse le due sentenze del Tribunale Costituzionale sulla costituzionalità della nomina di tre dei cinque giudici contestati da PiS e l’obbligo alla loro investitura rivolto al Presidente Duda. Vanno dritti per la loro strada gli uomini di Kaczyński, non curanti delle proteste della società civile e degli allarmi degli esperti di diritto e dell’UE, primo fra tutti il grido al “golpe” del presidente del parlamento europeo Martin Shulz. Più misurato ma ugualmente preoccupato il tono di Frans Timmermans, vice presidente della Commissione, circa le evoluzioni dello status quo: la modifica della legge sulla Corte Costituzionale.

Risale al 15 dicembre la proposta di emendarla per realizzare un piano atto a imbrigliare la Corte paralizzando il normale esercizio delle sue funzioni. Approvata dal Sejm nella notte del 22 dicembre e firmata da Duda la settimana successiva, la nuova legge – ironia vuole che sia stata definita “riparatrice” nell’intenzione di superare l’impasse – richiede non solo che tutte le sentenze vengano pronunciate dalla corte in formazione completa, da almeno 13 giudici su 15 (prima accadeva solo per casi particolarmente rilevanti con un quorum pari a 9), ma anche la maggioranza di 2/3 per accertare la costituzionalità o meno dei provvedimenti in esame, al posto della semplice maggioranza necessaria fino ad ora e contemplata dalla Costituzione stessa. Per di più le nuove disposizioni si applicano ai casi pendenti e includono una clausola di retroattività che comporta il riesame delle decisioni prese dalla Corte, quando in seduta non plenaria, prima dell’entrata in vigore degli emendamenti stessi. Un chiaro riferimento alle sentenze emesse dalla Corte Costituzionale il 3 e il 9 dicembre.

Nessuna consultazione o dibattito, procedure legislative lampo condannate anche da Amnesty International e dalla Helsinki Foundation for Human Rights. A seminare timori sulle buoni intenzioni del governo non sono solo i contenuti dei provvedimenti ma anche le modalità con cui questi vengono disposti, spesso nel cuore della notte. Una tradizione rispettata anche durante il blitz al Centro di eccellenza di controspionaggio NATO lo scorso 18 dicembre, quando fu rimosso e sostituito nottetempo il colonnello e direttore Krzysztof Dusza senza nemmeno avvertire il governo slovacco, partner del centro. Mentre la NATO si è prontamente fatta da parte affermando che il centro non è stato ancora ufficialmente accreditato – i centri ad ogni modo non cadono sotto il suo direttocomando – la Slovacchia fin da subito si è detta preoccupata e ignara del piano. Lo dice il ministro della Difesa slovacco Martin Glváč in una lettera indirizzata al suo equivalente polacco, Antoni Macierewicz, che, rassicurante, conferma che i cambiamenti riguardano solo il personale polacco.

A fare le spese di questi stravolgimenti è lo stesso PiS che perde terreno nei sondaggi – ma rimane sempre in testa – mentre il Partito Moderno, Nowoczesna, guidato da Ryszard Petru diventa il secondo attore più forte nell’arena politica polacca. Operazione anti-age, invece, per Piattaforma Civica i cui membri di partito sono ora alle prese con le votazioni online del nuovo leader. Di certo Kaczynski non si sforza di accattivare in qualche modo i suoi critici dato che li ha definiti “i polacchi della peggior specie”. Affermazioni che non lasciano spazio alle voci fuori dal coro della maggioranza parlamentare che pur di compiere il proprio programma è pronta a calpestare il diritto piegandolo ai propri desideri. Intanto si aspettano segnali dall’Unione Europea chiamata a dibattere in parlamento sulla situazione politica in Polonia il prossimo 19 gennaio.

Foto: Alik Keplicz, AP

Chi è Paola Di Marzo

Nata nel 1989 in Sicilia, ha conseguito la Laurea Magistrale in Scienze Internazionali e Diplomatiche presso la Facoltà "R. Ruffilli" di Forlì. Si è appassionata alla Polonia dopo un soggiorno di studio a Varsavia ma guarda con interesse all'intera area del Visegrád. Per East Journal scrive di argomenti polacchi.

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