CALCIO: Lo sceicco Salman, l’aguzzino che vuole prendere il posto di Blatter

Il 26 febbraio si avvicina, e i candidati affilano le proprie armi. Le dimissioni rassegnate da Sepp Blatter lo scorso 29 maggio, in seguito al terremoto corruzione che ha squassato la FIFA, apriranno un vuoto istituzionale che verrà colmato a Zurigo il prossimo febbraio, con un Congresso Straordinario dell’ente calcistico sovranazionale per eleggere il successore dell’uomo che da quasi 18 anni dirige il calcio internazionale. Un’elezione ora resa più incerta dall’esclusione di diversi nomi forti: da Blatter stesso all’attuale Segretario Generale Jérôme Valcke e al presidente UEFA Michel Platini, sospesi dalla FIFA l’8 ottobre per l’indagine sulle violazioni etiche.

Sono cinque per il momento i candidati, se si esclude la possibilità che Platini torni in gioco in tempo utile per l’elezione. E se la corsa a due per la poltrona sembra essere quella tra il principe giordano Ali bin Hussein, che già contestò il posto a Blatter nelle scorse elezioni, e il Segretario Generale dell’UEFA, l’italo-svizzero Gianni Infantino, un potenziale outsider è l’attuale presidente dell’AFC, l’ente continentale asiatico, lo sceicco Salman bin Ibrahim al-Khalifa, dal Bahrein. Lo sceicco Salman appartiene agli al-Khalifa, la famiglia reale del Bahrein, e ha giocato negli anni ’80 nelle giovanili del Riffa Club. Il suo nome è però collegato ad accuse di tortura, oltre a un precedente caso corruzione che lo vide sospeso a vita dalla FIFA prima che della decisione del Tribunale Arbitrale dello Sport di annullare la sentenza in appello per insufficienza di prove. Annunciando la sua candidatura, Salman ha assicurato attraverso un comunicato che «la sua campagna sarà interamente auto-finanziata e non farà ricorso alle risorse – umane o di alcun tipo – dell’AFC per l’elezione».

Le ombre più nere del curriculum dello sceicco risalgono al suo periodo in carica come presidente della federcalcio del Bahrein, tra il 2002 e il 2013, in particolare per la dura repressione della Primavera Araba nel paese. Human Rights Watch e altre organizzazioni per i diritti umani hanno infatti accusato Salman di complicità in crimini contro l’umanità. Secondo HRW, lo sceicco avrebbe diretto un comitato che identificò 150 atleti coinvolti nelle manifestazioni pro-democratiche del 2011, successivamente imprigionati e torturati. Tra gli atleti fermati anche alcuni giocatori della nazionale di calcio, come i fratelli A’ala e Mohammed Hubail dell’al-Ahli di Manama, accusati di aver prestato soccorso medico ai dimostranti durante gli scontri: attaccati alla TV di stato, arrestati, torturati e sospesi dal club.

Queste le parole di Nicholas McGeehan, ricercatore per l’area del Golfo per HRW: «Dalle pacifiche proteste anti-governative del 2011, a cui le autorità risposero con forza brutale e letale, la famiglia al-Khalifa è stata responsabile di una campagna di torture e incarcerazione di massa che ha decimato il movimento democratico del Bahrein. Se un membro della famiglia reale del Bahrein è il paio di mani più pulito che la FIFA riesce a trovare, allora l’organizzazione apparirebbe avere il bacino di talento più vacuo e meno etico dello sport mondiale». Sayed al-Wadaei, direttore dell’advocacy al Bahrain Institute for Rights and Democracy, ha dichiarato: «La FIFA è tenuta per statuto a proteggere l’integrità e la reputazione del calcio in Bahrein. […] Salman è accusato di essere coinvolto in una campagna di abusi contro gli atleti in Bahrein, un argomento di cui la FIFA è al corrente e su cui ha sempre rifiutato di investigare».

Lo sceicco ha più volte negato ogni coinvolgimento con un comunicato: «Le recenti accuse sono interamente false e categoricamente smentite dallo sceicco Salman bin Ebrahim al-Khalifa. Nonostante sia stato proposto che lo sceicco Salman conducesse un comitato per stabilire quali fossero stati i fatti in relazione agli eventi del 2011, quel comitato non è mai stato formalmente stabilito e non ha mai svolto alcuna attività». Più recentemente, ha dichiarato in un’intervista alla Associated Press: «Fa male, perché ferisce e arriva allo stomaco sentire cose che sono oltre ogni realtà. Sfortunatamente sono stato utilizzato come uno strumento per uno scopo politico… nelle elezioni si vedono sempre trucchi sporchi e sporche menzogne. Tutto ciò che posso dire loro è che o hanno preso la persona sbagliata e il nome sbagliato, o mi spiace dover dire che stanno creando disgustose bugie su qualcosa che vogliono usare per i loro scopi».

Le proteste del 2011 iniziarono il 14 febbraio e fecero parte dell’onda di manifestazioni che interessò il mondo arabo dopo l’auto-immolazione di Mohamed Bouazizi in Tunisia. In particolare il governo del paese era accusato per lo stato dell’economia nel paese (che ha uno dei tassi di disoccupazione più elevati della regione), per le violazioni dei diritti umani e per la percepita discriminazione della maggioranza sciita da parte del governo. La protesta crebbe dopo i funerali di un manifestante ucciso dalla polizia e soprattutto dopo il Bloody Thursday, una violenta operazione di sgombero della Rotonda delle Perle – dove i manifestanti erano accampati – da parte delle forze dell’ordine: il bilancio fu di tre morti e 230 feriti. Le proteste durarono per circa un mese, risultando nell’uccisione di 13 poliziotti e 93 manifestanti, nel ferimento di oltre 2.900 persone e in quasi tremila arresti. Secondo un report dell’ONG locale Bahrain Rights, intitolato The Human Price for Freedom and Justice, sono stati documentati «1866 casi di tortura e maltrattamento, 500 prigionieri di coscienza, la distruzione di oltre 40 luoghi di culto, 2.710 licenziamenti sommari, 500 esiliati, tre uomini nel braccio della morte, 477 studenti espulsi».

Foto: Mahmood al-Yousif

Chi è Damiano Benzoni

Giornalista pubblicista, è caporedattore della pagina sportiva di East Journal. Gestisce Dinamo Babel, blog su temi di sport e politica, e partecipa al progetto di informazione sportiva Collettivo Zaire74. Ha collaborato con Il Giorno, Avvenire, Kosovo 2.0, When Saturday Comes, Radio 24, Radio Flash Torino e Futbolgrad. Laureato in Scienze Politiche con una tesi sulla democratizzazione romena, ha studiato tra Milano, Roma e Bucarest. Nato nel 1985 in provincia di Como, dove risiede, parla inglese e romeno. Ex rugbista.

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