FORMULA 1: La visione di Putin passa da Soči

Una prova di forza. La chiusura di un cerchio. L’affermazione di una visione dell’identità russa che passa per le grandi manifestazioni sportive. C’è l’identità della Russia che vorrebbe tornare imperiale negli impianti dei Giochi invernali che Vladimir Putin ha voluto a Soči, la sua residenza estiva. C’è la volontà, e per certi versi la necessità, di mantenere l’autorità di Mosca in quella fascia strategica che va dal Mar Nero, al confine con l’Ucraina, alle sponde del mar Caspio. Ed è proprio intorno alle strutture a cinque cerchi che è stato affidato a Hermann Tilke, l’ingegnere della Formula 1 moderna, il compito di progettare il primo circuito al mondo integrato in un parco olimpico. L’autodromo di Soči si snoda per 1,7 chilometri su strade pubbliche e costeggia i luoghi simbolo dei Giochi, tanto che una parte degli spettatori siede sulle tribune del palazzo del ghiaccio “Bol’šoj”.

È una pista stretta, a volte claustrofobica, la terza più lunga del Mondiale dopo Spa e Silverstone, con i suoi 5,853 km da percorrere in senso orario e le sue 11 curve a destra e 5 a sinistra: molte, come nella tradizione dei circuiti di nuova generazione affidati al tedesco, a 90°. Un tracciato caratterizzato, nel primo settore, dalla curva a raggio costante più lunga del Mondiale, che si percorre in più di 8 secondi toccando velocità di 290 km/h. Una curva a sinistra ancora più dura della T8 di Istanbul e della T3 di Barcellona, che metterà a dura prova la resistenza degli pneumatici Pirelli, finiti sotto accusa dopo lo scoppio della posteriore destra sulla Mercedes di Rosberg a Spa e per la decisione di alzare rispetto all’anno scorso la pressione minima a Singapore e a Suzuka. Controversie che potrebbero portare nel 2017 a un ritorno delle Michelin, che nel 2005 decise di ritirare i team di cui era fornitore dal GP degli Stati Uniti perché lo schiacciamento della spalla sul celebre curvone avrebbe potuto far scoppiare gli pneumatici.

Il Soči Autodrom, che nel weekend ospiterà la seconda edizione del Gran Premio di Russia, è il punto conclusivo della lunga campagna per portare il circus in Russia dopo le due edizioni pionieristiche a San Pietroburgo del 1913 e 1914 (vinte rispettivamente dal russo Suvorin e dal tedesco Scholl) e la prospettiva di una prima edizione inserita provvisoriamente nel calendario del Mondiale di 1983 poi cancellata per una serie di ostacoli burocratici. Difficoltà che resero dell’Ungheria la prima nazione dell’ex blocco sovietico a ospitare la più capitalistica delle corse automobilistiche. E già il primo ministro Dmitrij Kozak, secondo quanto riferisce l’agenzia di stampa RIA-Novosti, starebbe cercando di convincere Putin a estendere il contratto con la Formula One Management di Bernie Ecclestone oltre l’attuale scadenza nel 2020 e di spostarlo, almeno dal 2018, in notturna.

Distante meno di 500 chilometri da Groznyj, rasa al suolo nell’assedio del 1999 dall’allora premier Putin, e decisamente meno dalla Georgia, dove durante i Giochi di Pechino si è combattuta la guerra lampo che ha tagliato le gambe alle ambizioni georgiane di staccarsi dall’ingerenza gepolitica di Mosca, Soči rappresenta uno strumento immaginifico nell’ottica del nuovo zar. Sfiorata dai carri armati tedeschi nella campagna di Russia durante la Seconda guerra mondiale, Soči ha visto piovere miliardi per l’organizzazione dei Giochi Olimpici più costosi della storia. A titolo di paragone le Olimpiadi estive di Pechino (e i cinesi già fecero le cose in grande) sono costate otto miliardi di dollari in meno (51 contro 43). E proprio da Soči, a settembre, Putin ha dato il benvenuto in un video collegamento agli ospiti della cerimonia nella Piazza Rossa per il countdown dei Mondiali 2018, a mille giorni dall’inizio della competizione. «La Russia – ha assicurato – si avvicina a eventi come questi in modo responsabile dal punto di vista dell’ospitalità e dell’organizzazione. I preparativi nelle undici città che hanno l’onore di ospitare la manifestazione sono in pieno fermento. Faremo di tutto per ospitare le 32 squadre partecipanti con dignità, creando le condizioni per mostrare le nostre qualità e il vero calcio a un pubblico di milioni di persone».

Il Gran Premio è anche l’occasione per far conoscere il genocidio dei circassi, uno dei più antichi popoli del Caucaso, che proprio a Soči raggiunse la fase più tragica tra il 1864 e il 1870, per iniziativa del feldmaresciallo Dmitrij Miljutin. Ma è soprattutto l’occasione per affermare la presenza di Putin e il ruolo della Russia fra i grandi del mondo. Attraverso il più efficace strumento di soft power, lo sport.

Foto: Caterham F1

Chi è Alessandro Mastroluca

Alessandro Mastroluca scrive di sport da dieci anni. Collabora con Fanpage.it, Spazio Tennis e tennis.it. Segue per l'agenzia Edipress l'inserto settimanale sulla Serie B del Corriere dello Sport. È telecronista per Supertennis e autore di La valigia dello sport (Effepi), Il successo è un viaggio. Arthur Ashe, simbolo di libertà (Castelvecchi) e Denis Bergamini. Una storia sbagliata (Castelvecchi).

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