Curva Est è la nostra selezione settimanale di articoli e letture a tema sportivo, centrati sull’est Europa, ma non solo. Un compendio di tutto quello che abbiamo ritenuto valga la pena di leggere, a cura della redazione sportiva di East Journal, tra storie, approfondimenti e curiosità.
L’epopea della pallacanestro lettone
L’âge d’or du basketball letton
Tristan Trasca
29 gennaio 2015, Outsider Mag (Parte prima: Les années 30 et l’équipe nationale)
13 febbraio 2015, Outsider Mag (Parte seconda: Les années 50 et les succès européens de l’ASK Riga)
Non è un articolo uscito la settimana passata, ma è tornato di stretta attualità con lo svolgimento di EuroBasket: la nazionale lettone è arrivata ai quarti di finale prima di essere eliminata per 84-70 dalla Francia. Tristan Trasca, in quest’articolo in due parti, ha voluto raccontare l’età dell’oro della pallacanestro nel piccolo stato baltico. La pallacanestro è giunta nella repubblica negli anni ’20 attraverso l’associazione giovanile cristiana YMCA, in un momento molto particolare nella storia della Lettonia, appena riconosciuta come paese indipendente dalla Società delle Nazioni. L’impulso alla diffusione dello sport viene soprattutto dal giovane Valdemārs Baumanis, che nel 1935 – a soli trent’anni – guida la nazionale in veste di selezionatore alla vittoria dell’Europeo. Dopo una parentesi alla guida del suo club, l’ASK Riga, Baumanis tornerà alla guida della nazionale nel 1939, portando a casa la medaglia d’argento all’Europeo, ospitato e vinto dai vicini della Lituania. Entrambi i paesi avranno vita breve, essendo in procinto di finire stritolati dall’Unione Sovietica e dal Terzo Reich in occasione della Seconda Guerra Mondiale. Rūdolfs Jurciņš, capitano della squadra del 1935, verrà deportato in Siberia dieci anni più tardi per perdere la vita in GULag nel 1947, Aleksejs Anufrijevs perderà la vita in combattimento nella Sacca di Curlandia e Mārtiņš Grundmanis si suiciderà in un campo di prigionia nel 1945.
La seconda età dell’oro della pallacanestro lettone comincia negli anni ’50, quando il paese è ormai una Repubblica Socialista all’interno dell’Unione Sovietica. La nazionale non esiste più: a portare successi alla Lettonia è la sua principale squadra di club, l’ASK Riga, legata all’esercito. È proprio un russo agli ordini dell’esercito sovietico, Aleksandr Gomel’skij, a creare una squadra d’oro dal vecchio club di Baumanis attorno alla figura del gigante Jānis Krūmiņš (218 cm). La squadra dominerà la pallacanestro europea sul finire del decennio, vincendo i primi tre titoli del neonato torneo continentale. I cestisti lettoni inoltre contribuiscono ai successi della nazionale sovietica. Insieme a Maigonis Valdmanis e Valdis Muižnieks, il gigante Krūmiņš formerà un tandem di altissimo livello, che contribuirà a tre argenti olimpici (Melbourne 1956, Roma 1960 e Tokyo 1964) e quattro ori europei (1957, 1959, 1961 e 1963).
Đoković, il padrone del tennis
Intoccabile
Fabio Severo
15 settembre 2015, L’Ultimo Uomo
Con la recente vittoria agli US Open, Novak Đoković ha confermato una volta di più quanto sia divenuto dominante all’interno del circuito tennistico internazionale. Secondo Fabio Severo «Federer non è più in grado di battere Djokovic al meglio dei cinque set» e «praticamente nessun altro riesce a imporre il proprio gioco su di lui, tranne che in singole occasioni»: il gioco del serbo esaspera allo sfinimento ogni avversario, costringendolo a forzare e, quasi inevitabilmente, a sbagliare. Inoltre, grazie alla condizione che gli permette una gestione atletica sulle gare di lunga distanza, può permettersi di fare sfogare l’avversario e sfibrarlo, fino a portarlo a perdere la lucidità in campo. Per descrivere il suo gioco, Severo cita la descrizione del pugile Floyd Mayweather fatta da Paulie Malignaggi: «Ti fa sbagliare molto, ma non ti fa sbagliare mai nello stesso modo. Se ti facesse sbagliare sempre nello stesso modo gli avversari comincerebbero a trovare il timing giusto, e riuscirebbero a colpirlo. Ti fa sbagliare il destro in tanti modi diversi, come ti fa sbagliare il gancio sinistro in tanti modi diversi. Cambia sempre il modo in cui difende, ed è questo che lo rende così difficile da affrontare».
La guerra infinita di Mirza Teletović
Mirza Teletović: Survivor of War, Sickness and Basketball
Matt Petersen
17 settembre 2015, NBA.com
La storia di Mirza Teletović, il capitano della nazionale bosniaca di pallacanestro, è contrassegnata dalla guerra. Quella vera e quella personale. Un’infanzia passata con la paura di rimanere vittima di uno dei bombardamenti su Mostar, con la morte sempre di fronte agli occhi, con tanta paura da pensare di essere rimasti gli unici ancora in vita. Il basket l’unica via di evasione. In patria non c’è nessuno al suo livello ed è costretto a emigrare prima in Belgio e poi in Spagna per trovare nuove sfide. Fuori dalla Bosnia è solo un semplice gregario, ma riesce a diventare determinante, nei club come in nazionale. Cresciuto con gli esempi dei grandi della Jugoslavia di fine anni ’80, sogna di andare in NBA ma nel Draft 2007 nessuna squadra decide di selezionarlo. Torna a lavorare per migliorare ancora: nel 2012 arriva finalmente la chiamata dalla NBA. Il primo anno è di sola panchina, ma la stagione successiva riesce a ritagliarsi il giusto spazio. Quest’anno un’embolia polmonare lo ferma durante la stagione, compromettendone la carriera e costringendolo al forfait per EuroBasket. Senza contratto e con un infortunio importante alle spalle la sua carriera negli USA sembra chiusa, ma arriva l’offerta dei Phoenix Suns, una nuova sfida da affrontare.
La curiosità
Lo scorso week-end si è svolta la 149a edizione del derby di Belgrado tra Stella Rossa e Partizan: il Crvena Zvezda ha vinto 3-1 grazie a due reti segnate in avvio di ripresa da Hugo Vieira (già autore dell’1-0 nel primo tempo) e Aleksandar Katai. È circolato parecchio in rete un video, girato da un addetto ai lavori, che è riuscito a catturare perfettamente l’atmosfera torrida del Marakana – lo stadio di casa dello Stella Rossa – in occasione di uno dei derby più sentiti al mondo: la telecamera percorre il labirintico tunnel che dagli spogliatoi conduce allo stadio, mostrando i suoi graffiti e lo spiegamento di forze dell’ordine necessario, prima di uscire di fronte alla imponente curva dei Delije, gli ultrà biancorossi.
Foto: Eduards Pulks (Flickr)