Da RIGA – Uģis Magonis è stato fermato al confine fra Estonia e Lettonia con 500 mila euro in auto. Il manager lettone era uno degli interlocutori privilegiati del Cremlino in Lettonia. Mosca ora minaccia il blocco del traffico di carbone dal porto di Riga.
L’arresto per corruzione avvenuto nei giorni scorsi del presidente delle Ferrovie lettoni, Uģis Magonis, ha fatto scalpore in Lettonia, ma l’eco della vicenda si è fatto sentire fino a Mosca, dove qualcuno non è stato affatto contento nel ricevere la notizia.
Uģis Magonis è uno dei maggiori manager pubblici lettoni, anzi lo si può definire il più importante. Nessuno era riuscito a mantenere una carica tanto prestigiosa e remunerativa, come quella di presidente delle Ferrovie lettoni per così tanti anni, quasi dieci. Magonis ci è riuscito anche grazie ai buoni uffici con la Russia.
Per anni Magonis è stato una specie di “ambasciatore” non ufficiale nei rapporti con il commercio su rotaia con la Russia, ed il suo omologo russo, il presidente delle Ferrovie russe Vladimir Jakunin è un suo ottimo amico. Jakunin è anche una delle personalità più influenti della cerchia di Putin, ed è nella lista nera degli Stati Uniti. Ma finora Jakunin è riuscito a non entrare nella lista degli indesiderati dell’Unione Europea proprio grazie al lavoro diplomatico di Magonis, che in ambito europeo si è molto adoperato per salvaguardare la posizione e la possibilità di viaggiare liberamente in Europa del suo omologo russo. E’ fra l’altro notizia di poche ore fa delle probabili dimissioni dello stesso Jakunin dalla carica di presidente delle Ferrovie russe, carica che deteneva dal 2005, in cambio della candidatura ad un seggio parlamentare.
Fece scalpore pochi mesi fa la festa di compleanno che Magonis organizzò affittando addirittura il castello di Rundāle, una delle mete turistiche più importanti in Lettonia. Alla festa di compleanno del presidente delle Ferrovie lettoni l’ospite di maggior riguardo fu proprio Jakunin, ma a quella festa partecipò anche gran parte dell’establishment lettone, compreso l’attuale ministro dei trasporti Anrijs Matīss.
L’arresto di Magonis nei giorni scorsi per corruzione è stato dunque dirompente anche nei rapporti commerciali fra Russia e Lettonia. Magonis è stato arrestato mentre era appena rientrato in territorio lettone in auto, dal confine con l’Estonia. L’arresto è stato eseguito dagli agenti della KNAB, l’agenzia anti corruzione lettone, che hanno trovato nell’auto di Magonis circa 500 mila euro. Soldi che si ritiene siano frutti di una mazzetta pagata per una commessa delle Ferrovie lettoni per l’acquisto di alcuni vagoni. La gara per la vendita dei vagoni alle Ferrovie lettoni l’ha vinta, come spesso succede, l’estone Skinest, azienda di proprietà di Oleg Osinovski.
Le indagini e le operazioni che hanno portato all’arresto di Magonis sono state condotte dalla KNAB, coadiuvata dai servizi estoni, che hanno dato un contributo decisivo all’operazione.
La reazione di Mosca non si è fatta attendere. Poche ore dopo la notizia dell’arresto di Magonis, fonti non ufficiali del Cremlino hanno fatto prefigurare una decisione drastica della Russia. Il blocco del passaggio del carbone dal porto di Riga. Se questa ipotesi diventasse realtà sarebbe un durissimo colpo per l’attività sia del porto di Riga che dei trasporti commerciali su rotaia in Lettonia, che sono ancora molto legati al transito di merci da e per la Russia.
Una chiara prova di come sia sempre estremamente complicato negli ex paesi dell’orbita sovietica, ancora oggi, combattere la corruzione senza che questo in qualche modo non abbia conseguenze anche gravi nell’economia dei paesi con cui Mosca ha ancora forti legami commerciali.
Sono approdato, per la prima volta, sul sito di questo giornale pensando di trovarmi di fronte a contributi diversi ma obiettivi. Non solo questo ma tutto l’impianto del giornale ha solo una funzione anti russa e antistorica. Viene evidenziato solo un aspetto apertamente di parte, spesso caricato di si dice di cifre “non confermate per difficoltà oggettiva”. Se si vuole affrontare la questione del mondo ex sovietico necessita maggior equilibrio storico ma sopratutto maggior onestà culturale. L’esempio della questione ucraina è illuminante. Perché la routine è sempre di conforto per chi ha poche idee e conoscenza.
Cancella la realtà e la storia ucraina e di Crimea, coprendole con un manto di frasi fuori posto. È sbagliato dire che metà dell’Ucraina – quella insorta in piazza a Kiev – vuole “entrare in Europa”. Quale Europa? Nei tumulti hanno svolto un ruolo cruciale – non denunciato a Occidente – forze nazionaliste e neonaziste. Il mito di queste forze è Stepan Bandera, che nel ’39 collaborò con Hitler.
È sbagliato chiamare l’Est ucraino regioni secessioniste perché “abitate da filorussi “. Non sono filo- russi ma russi, semplicemente. In Crimea il 60% della popolazione è russa, e il 77% usa il russo come lingua madre (solo il 10% parla ucraino). È mistificante accomunare Nato e Europa: se tanti sognano l’Unione, solo una minoranza aspira alla Nato (una minaccia per molti). Sbagliato è infine il lessico della guerra fredda applicato ai rapporti euro-americani con Mosca, accompagnato dal ritornello: è “nostra ” vittoria, se Mosca è sconfitta.
Dal presente dramma si uscirà con altri linguaggi, altre politiche. Con una politica che cessi di identificare i successi democratici con la disfatta della Russia. Che sopratutto INTEGRI quest’ultima senza trattarla come immutabile orso ostile: ma con una diplomazia intransigente su punti nodali che però rispetti l’onore e la dignità dei singoli Stati, Mosca compresa. Ciò è di vitale importanza.
L’Ucraina è la regione più importante sia per Mosca che per l’Occidente, e i suoi abitanti russi devono essere rassicurati. E il solo modo per esser severi con Mosca e insieme rispettarla, è coinvolgerla.
Non una guerra fredda. Non esistono più lo spauracchio atomico e la natura ideologica di un conflitto tra mondi sovietizzati e democrazie. Grazie allo spauracchio dei soviet, l’Urss era nemico esistenziale: ci faceva esistere come blocco di idee oltre che di armi.
Questo schema è saltato, finita l’Urss, e l’Est è entrato nell’Unione. Non esiste più il nemico e perciò, per mantenere lo schema precedente, bisogna ricrearlo. Ma non essendoci più l’antagonismo ideologico, che fare? La Russia aspira ad allargarsi come la Nato e gli USA. Fa guerre espansive in Cecenia mentre gli Usa, con l’assenso europeo, fanno guerre non legali in altri luoghi, vedi Iraq e Afganistan. A differenza del periodo della guerra fredda la Russia e l’Occidente praticano una politica comune basata sulla ricerca di profitto e di potere: quindi cosa c’è di nuovo? Non più guerra fredda ma controllo dell’Asia centrale o dei Balcani. Questo è l’aspetto odierno del confronto che non si vuole fare emergere, perché non conviene a nessuno dei due schieramenti. Ideologizzare il confronto è molto più pagante sul piano propagandistico. Gli USA spingono da molto tempo, da subito dopo l’accordo Gorbaciov-Reagan, per spostare la Nato a Est, fino ai confini russi, se non dentro. L’Europa avrebbe potuto essere primo attore dopo aver perso il nemico esistenziale. Non ha saputo , non ha voluto o non ha potuto diventarlo. È un’entità incompiuta ove ognuno pensa per sé curando solo i propri interessi economico-strategici da soli. Il problema è che nel continente c’è ancora una pax americana, e una pax europea neppure è pensata.
Ci sarebbe ancora molto da scrivere ma non è questo il luogo per farlo, ma alcuni punti sulle è è stato bene metterli.
Bel discorso, con una enorme pecca: identificare la politica imperialista e revanscista di Putin e della sua cricca cleptocratica e mafiosa con gli interessi del Russia e del popolo russo.
Evidentemente il lavaggio del cervello e la controinformazione montata dal padrone del Cremlino ha ormai cancellato ogni lucidità sull’argomento anche fuori della Russia (all’interno siamo ormai tornati al pensiero unico, all’omicidio politico, all’indottrinamento sistematico, cioè alla migliore prassi staliniana). Sui media italiani (di destra o di sinistra indifferentemente) qualsiasi esternazione putiniana viene trattata come l’apice della sapienza politica e della ricerca della pacifica convivenza tra i popoli. Leggendo commenti sull’Ucraina o sulla Russia, anche su questo giornale purtroppo, sembra che RT sia diventata praticamente l’unica fonte attendibile.
Sarebbe facile risponderle, ma io non ho mai offeso né offenderò nessuno. Lei, ovviamente, non ha capito il senso complessivo del mio intervento che si innesta su una valutazione di medio/lungo periodo, indipendente da chi comanda al Cremlino. Quindi non ho subito e non subisco nessun lavaggio del cervello perché sono abituato a ragionare con la mia testa.
Facilità per facilità potrei ricordare la battuta di lord Keynes: nel lungo periodo siamo tutti morti. Vedo comunque che l’equivalenza putinismo=veri interessi russi è ormai indiscussa ed inossidabile. Plaudo alla sua decisione di non voler offendere nessuno anche se non capisco bene chi io abbia offeso: la mia descrizione dell’attuale dirigenza del Cremlino come una cosca mafiosa di oligarchi rapaci e ladri è ovviamente una definizione politica. Se dovessi valutare da un punto di vista morale Putin e i suoi mandanti ( o gli attuali dirigenti ucraini o di qualche altro paese) i termini sarebbe stati ben altri.