UCRAINA: Cambio ai vertici dei Servizi di Sicurezza. Tra corruzione e giochi di potere

Sono stati giorni particolarmente movimentati a Kiev, dove il licenziamento del capo dei Servizi di Sicurezza, Valentin Nalyvaichenko, ha provocato un aspro confronto tra il presidente e le altre formazioni politiche. La montante insoddisfazione int
orno ai fallimenti del governo nella lotta alla corruzione e la crescente rivalità tra diversi apparati statali, hanno causato qualche nuovo scricchiolio nella già instabile coalizione di governo.

Salta la testa dei Servizi di Sicurezza

Il 18 giugno la Verkhovna Rada, il parlamento ucraino, ha votato con 248 voti favorevoli il decreto presidenziale che proponeva la destituzione di Valentin Nalyvaichenko, sostituito ad interim da Vasyl Hrytsak. Capo dei Servizi di Sicurezza dell’Ucraina dal 24 febbraio 2014, nominato dal governo ad interim insediatosi dopo la fuga di Yanukovich, Nalyvaichenko è uomo vicino a Vitali Klitschko e una delle figure più influenti all’interno del partito dell’ex pugile, UDAR. Proprio l’alleanza tra Poroshenko e Klitschko, che ha facilitato l’ascesa al potere del magnate del cioccolato, aveva garantito la riconferma del capo del SBU, nonostante fosse visto con diffidenza dal nuovo presidente.

Se la versione ufficiale del suo allontanamento si basa sulla presunta incapacità di soddisfare le richieste del presidente in materia di sicurezza e intelligence, appare piuttosto evidente un più articolato intreccio d’interessi politici. Da sempre a cavallo tra l’attività politica e quella d’intelligence, Valentin Nalyvaichenko si è costruito una forte reputazione all’interno dei Servizi di Sicurezza durante il quinquennio di Viktor Yushenko, tessendo importanti legami tra il mondo politico e quello militare. Vicino agli ambienti nazionalisti come il movimento “Tryzub” (sulle cui basi durante Maidan si è costituito Praviy Sektor) e vecchio conoscente di Dmytro Yarosh, uno dei suoi consiglieri durante l’attività parlamentare tra il 2010 e il 2014, Nalyvaichenko è stato uno dei principali sostenitori delle proteste di Maidan e della risposta muscolare di Kiev nei confronti della rivolta nel Donbass. Nel 2013 fu anche accusato d’intrattenere stretti rapporti con servizi segreti stranieri (CIA), procedura frettolosamente archiviata nel marzo 2014, subito dopo la fuga di Yanukovich. Da nuovo capo del SBU, Nalyvaichenko è riuscito a ricostruire la propria reputazione divenendo un attore sempre più influente, capace probabilmente di fare ombra anche al presidente.

Vicino ai poteri forti

Ma c’è probabilmente dell’altro. Nelle scorse settimane la figura di Nalyvaichenko è stata accostato con insistenza all’oligarca in esilio Dmytro Firtash. Petro Oleshchuk, analista politico presso l’Università Taras Shevchenko di Kiev, ritiene che proprio i vertici delle strutture di sicurezza siano stati una delle componenti dell’accordo tra Poroshenko e Firtash nel loro ormai famoso incontro viennese, svoltosi durante la campagna presidenziale dello scorso anno. Non sorprende, infatti, che l’insoddisfazione del presidente nei confronti dei vertici del SBU abbia iniziato ad emergere proprio nel periodo in cui l’alleanza con il magnate del gas sembra giunta ai ferri corti. Di recente l’attenzione sull’attività e sugli attivi di Firtash ha caratterizzato la campagna anti-oligarchica del governo.

Ma Firtash non sembra l’unico nome di spicco nella lista degli “amici” dell’ormai ex capo del SBU. A Kiev si vocifera con crescente insistenza che Nalyvaichenko sarebbe pronto a tornare in politica abbracciando il progetto di un altro oligarca, Igor Kolomoiskiy. Proprio l’ex governatore di Dnepropetrovsk, uscito dai radar mediatici dopo il conflitto con il presidente, ha lanciato una propria formazione politica dal nome ironico di Ukrop (letteralmente aneto, termine dispregiativo utilizzato dai separatisti per descrivere l’esercito e più in generale gli abitanti delle regioni occidentali del paese), in vista delle elezioni regionali previste per il prossimo ottobre.

Scandali e corruzione

Oltre ai presunti legami diretti con il mondo oligarchico, il capo del SBU è stata al centro di altre voci legate a scandali e corruzione. Come riporta Kyiv Post, l’ex vice governatore di Dnepropetrovsk, Hennady Korban, ha accusato i Servizi di Sicurezza di partecipare direttamente alla spartizione dei crescenti proventi del racket e contrabbando tra i territori occupati e il resto del paese.

D’altra parte l’agenzia, erede post-sovietica del KGB, è da sempre al centro dell’attenzione. Negli ultimi anni sono stati numerosi i casi di corruzione e vessazione, ma soprattutto rimane in dubbio l’effettivo controllo statale sul SBU (che in teoria gode di uno status speciale e risponde direttamente al presidente) e la fedeltà di alcuni dei suoi funzionari. Nonostante una formale ristrutturazione dopo la fuga di Yanukovich, i vecchi legami tra il SBU ed i servizi di sicurezza russi (FSB) hanno giocato un ruolo molto importante sia nell’operazione che ha portato al referendum crimeano, sia nella rivolta nel Donbass. La recente, ben pubblicizzata, ondata d’indagini all’interno delle strutture dell’agenzia promossa da Nalyvaichenko ha, però, inasprito il rapporto con il presidente. A farne le spese, senza il consenso di Poroshenko, sono stati soprattutto funzionari vicini proprio alla sua amministrazione.

Simbolo della crescente “incontrollabilità” del leader del SBU, però, è stata la posizione che ha assunto nei confronti dello scandalo intorno all’incendio scoppiato all’interno dei depositi di prodotti petroliferi di BRSM-Nafta, alla periferia di Kiev. Mentre le indagini sulle cause dell’incendio che ha provocato sei vittime sono ancora in corso, Nalyvaichenko ha messo pubblicamente in dubbio la natura accidentale dell’incidente, puntando apertamente il dito contro l’ufficio del procuratore generale. L’ex vice procuratore, Anatoly Danylenko, è stato accusato di partecipare alla spartizione dei proventi e di aver coperto con la sua influenza numerose indagini contro la compagnia.

La trattativa politica

La trattativa politica che ha avuto luogo nei giorni precedenti al voto del parlamento ha visto un lungo braccio di ferro (per fortuna di Poroshenko solamente metaforico) tra il Blocco di Petro Poroshenko e il partito UDAR di Klitschko. Come spesso accade in questi casi la partita è stata puramente politica, con Poroshenko che ha dovuto elargire e promettere favori alle varie forze del parlamento per garantirsi il sostegno per l’allontanamento di Nalyvaichenko. Come riporta Vladimir Fesenko in un’intervista per il quotidiano tedesco Deutsche Welle, la rottura che rischiava di mettere in dubbio il futuro del governo è stata rimarginata da un estremo scambio di favori.

Secondo il politologo in cambio della testa di Nalyvaichenko, UDAR (e Samopomish di Sadoviy, sindaco di Lviv) ha ottenuto il consenso alla futura modifica della modalità delle elezioni amministrative locali che, divenendo a turno unico, dovrebbe favorire la rielezione di Klitschko a Kiev (e di Sadoviy a Lviv). Per quanto riportato da alcune indiscrezioni, inoltre, il presidente avrebbe promesso di favorire la nomina di un nuovo procuratore generale in orbita UDAR. Altre cariche secondarie all’interno dell’apparato statale saranno con molta probabilità riviste nel prossimo futuro per soddisfare anche le richieste di Yatseniuk e Tymoshenko. Si vocifera che il primo a pagarne le spese potrebbe essere Igor Anatolievich Shevchenko, ministro dell’ecologia, il cui posto è ambito da Patria della Tymoshenko e dal Partito radicale di Lyashko. Mentre Poroshenko cerca di consolidare la propria posizione, il grande bazar della Verkhovna Rada non conosce giorni di chiusura.

Chi è Oleksiy Bondarenko

Nato a Kiev nel 1987. Laureato in Scienze Internazionali e Diplomatiche presso l'Università di Bologna (sede di Forlì), si interessa di Ucraina, Russia, Asia Centrale e dello spazio post-sovietico più in generale. Attualmente sta svolgendo un dottorato di ricerca in politiche comparate presso la University of Kent (UK) dove svolge anche il ruolo di Assistant lecturer. Il focus della sua ricerca è l’interazione tra federalismo e regionalismo in Russia. Per East Journal si occupa di Ucraina e Russia. Collabora anche con Osservatorio Balcani e Caucaso.

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