I destini di Russia e Ucraina sembrano divergere sempre di più, e lo si vede anche da come vengono trattate le questioni relative alla memoria del comune periodo sovietico. Se in Russia il periodo sovietico viene recuperato, e a San Pietroburgo è ormai fatto divieto di modificare i nomi di strade e piazze di memoria bolscevica, in Ucraina al contrario entro fine anno saranno quasi mille le località geografiche ad abbandonare il proprio toponimo sovietico – e dopo di esse sarà la volta di vie, piazze, aziende, e marchi.
L’Ucraina si prepara a rinnovare o ristabilire i nomi di mille località
Il 21 maggio 2015 entrava in vigore in Ucraina la legge “Sulla condanna dei regimi totalitari comunista e nazionalsocialista e sulla proibizione della propaganda dei loro simboli”. Tra le varie conseguenze di tale controversa legge di desovietizzazione, vi è anche la questione dei toponimi. Sono 871 in totale le località (76 città e 795 villaggi – il 3% del totale) le località d’Ucraina che entro il 21 novembre (“Giorno della libertà e della dignità”) torneranno al proprio nome pre-sovietico o ne acquisiranno uno nuovo di zecca.
Il conto è stato fatto dall’Istituto Nazionale Ucraino per la Memoria. Saranno le comunità locali stesse a scegliere i nuovi toponimi. ”Perchè loro, e non qualche ‘esperto di Kiev’, o il governo? – spiega Volodymyr Vyatrovych, direttore dell’Istituto. – Non solo perché è un diritto fondamentale di autogoverno locale, ma anche perché i residenti e gli storici locali spesso conoscono meglio le origini del nome. Ogni comunità formulerà proposte per un nuovo nome in maniera indipendente, che sia il nome storico o uno nuovo per onorarepersone notevoli, incluse quelle della comunità stessa.” E non è estraneo al processo di rinomina dal basso il simbolismo del liberarsi da una eredità totalitaria intrinseca ai toponimi sovietici.
Ad essere soggetti a modifica sono quei toponimi relativi ai dirigenti del PCUS e del KGB, all’URSS e alle sue repubbliche, inclusa la Repubblica Socialista Sovietica Ucraina, all’Armata Rossa, alle organizzazioni e alle festività sovietiche. Fanno eccezione quei nomi associati con figure sovietiche di primo piano della scienza e cultura ucraina, così come quelli relativi al movimento di resistenza all’occupazione nazista, e all’espulsione di questi ultimi dall’Ucraina.
E’ anche il caso, ed è la città forse più famosa ad essere coinvolta, di Dnipropetrovsk, fino al 1925 Ekaterinoslav, dedicata al rivoluzionario sovietico Grigory Petrovsky, esecutore delle politiche di Stalin durante l’Holodomor. Un comitato locale, dall’aprile 2015, sta già riunendosi per decidere le opzioni sul nome futuro della città. Secondo Evgen Vorobyov, il comitato dovrebbe suggerire come nomi Dniproslav o Sicheslav (in riferimento al Sich di Zaporozhia, lo stato cosacco del ’600). Ma i cittadini locali sono molto legati alla prima parte del nome, Dnipro, con cui la città è informalmente conosciuta, e difficilmente un nome che non la includa potrebbe trovarne l’assenso.
E sovente la ricerca toponomastica ha dovuto essere approfondita. E’ il caso del villaggio di Maximovka, nei pressi di L’viv, che onora l’ufficiale della NKVD Maximov, già combattente contro l’UPA – e che potrebbe tornare al nome storico di Libuhova. O di Khrushcheva Mykytivka, presso Kharkiv, che a discapito delle analogie moderne detiene tale nome già dal XVIII in onore di due cosacchi, il colonnello Mykyta Senenko e il colonnello Ivan Khrushchev, signori di quelle terre – e che pertanto lo manterrà.
Entro tre mesi dalla scadenza del 21 novembre, il Parlamento ucraino confermerà i nuovi nomi, ed entro sei mesi i governi locali dovranno provvedere anche alla riforma della toponomastica di strade, piazze, e altri punti geografici. Anche compagnie e aziende dovranno cambiare i propri nomi. Le persone giuridiche già entro il 21 giugno, mentre i mass media entro il 21 agosto. Marchi e brand, invece, entro il 21 novembre.
Parecchi dei nomi di città e villaggi che dovrebbero essere coinvolti dalla riforma, in realtà, si trovano in Crimea e nel Donbass sotto occupazione militare russa e dei ribelli filorussi, e sono nomi tristemente noti alle cronache militari dell’ultimo anno: Artemivsk, Krasnoarmisk, Komsomolskoe. Per loro, c’è da scommettere, le vecchie mappe resteranno attuali.
In Russia, San Pietroburgo vieta la modifica dei toponimi
Tutto il contrario, invece, di ciò che sta avvenendo in Russia, dove il regime di Vladimir Putin sembra voler costruire una eclettica narrativa storica nazionale che tenga dentro, in maniera contraddittoria, la storia russa fino allo zarismo e il ruolo della Chiesa ortodossa così come la storia del comunismo ateo sovietico. Così, come riporta Paul Goble, il consiglio comunale di San Pietroburgo sta preparando una norma – appoggiata dalla maggioranza consiliare di Russia Unita – per vietare il cambiamento di nome di piazze e strade della metropoli sul Baltico, rendendo in tal mondo permamente la moratoria triennale imposta dal governatore Georgy Poltavchenko.
Secondo Boris Vishnevsky, tra i legislatori di minoranza della città, la normativa renderà “impossibile modificare il nome delle strade dedicate a persone ed eventi connessi all’organizzazione della represseione politica, del terrorismo e dell’estremismo”. Tra questi, la via dedicata al rivoluzionario comunista ungherese Bela Kun, di cui Vitold Zalessky, membro dell’ONG Memorial, aveva chiesto il ritorno al toponimo pre-sovietico.
“Per fortuna che San Pietroburgo ha fatto in tempo a smettere di essere Leningrado – si commenta online – ma fa specie che dobbiamo ciò al liberale Sobchak anziché all’ortodosso Poltavchenko”. La Chiesa Ortodossa russa, in effetti, si è allineata alla posizione dell’amministrazione Putin in difesa dei tempi e dei nomi sovietici, in una maniera che parecchi fedeli ortodossi trovano eccessiva. Una posizione in dissenso è stata espressa dall’arcidiacono Andrey Kurayev, per il quale “il potere sovietico è iniziato col terrore rivoluzionario e il conflitto di classe”, e pertanto il patriarcato è in errore quando parla della “solidarietà” dei tempi sovietici. Ma la maggior parte dei pope si è presto allineata. Uno tra loro è l’arciprete Aleksandr Kuzmin della Chiesa dei santi Cosma e Damiano di Shubino, secondo cui “la Russia sovietica è esistita sulle fondamenta dell’Impero russo, della Russia millenaria,” e pertanto “la Russia sta muovendo lungo un percorso stabilito da Dio a partire dal battesimo di Rus’”, di cui il periodo sovietico è una parte integrante. Non sappiamo quale sia l’opinione dell’Altissimo; ma per il momento, i russi possono risparmiare sulle carte geografiche.