IRAN: Viaggio alla scoperta del popolo iraniano

Gli affascinanti contrasti della caotica capitale Teheran; la magia di Isfahan, definita da un adagio cinquecentesco, per la sua abbagliante bellezza, la “metà del mondo”; la città vecchia di Yazd, con le sue case tradizionali costruite con un impasto di argilla, sabbia e paglia; la millenaria città antica di Persepolis, capitale dell’Impero Achemenide; la meravigliosa Shiraz, celebre per il suo vino e le rose cantate nei versi dei poeti Hafez e Saadi; le città di Sanandaj e Marivan, nel Kurdistan iraniano, fuori dalle rotte turistiche; il villaggio di Kandovan, con le sue casette incastonate tra le montagne che ne giustificano la fama di “piccola Cappadocia”; il biblico monte Ararat, imponente presenza che ti osserva, dall’alto dei suoi cinquemila metri, alla frontiera tra Iran e Turchia; i colori e l’energia dei bazar, gli storici hamam, gli antichi caravanserragli, i cui muri trasudano storia.

Il popolo iraniano, senza ombra di dubbio, il più ospitale mai incontrato in vita mia. Che non va confuso, sarà banale ma è bene ricordarlo, soprattutto di questi tempi, né con il regime iraniano, di cui semmai è vittima, nè con i fanatici religiosi o gli integralisti islamici che con le loro sanguinose imprese imperversano in Medio Oriente e in Africa, compiono attentati nel mondo, occupando tristemente le pagine dei nostri quotidiani.

L’Iran è salito agli onori della cronaca negli ultimi anni per il movimento della rivoluzione verde a cavallo tra il 2009 e il 2010, represso con forza dal regime. Si parla di Iran per le questioni legate ai negoziati sul nucleare, per il timore di una possibile bomba atomica nelle mani del regime iraniano, in uno scacchiere internazionale già altamente esplosivo che vede il Medio Oriente in fiamme tra la guerra in Siria, l’espansione sempre più minacciosa dell’Isis e le storiche problematiche legate alla questione israelo-palestinese. La regione è oggi coinvolta anche in un duro scontro all’interno del mondo islamico tra sciiti e sunniti e tra le due principali potenze regionali che li rappresentano: l’Iran, sciita e l’Arabia Saudita, sunnita. E’in atto una “guerra del petrolio”, con l’Arabia Saudita che ha optato per tenere bassissimo il prezzo del greggio. Una decisione che ha, tra i suoi obiettivi, anche lo scopo di piegare l’economia del suo principale rivale regionale, l’Iran. L’economia iraniana si basa in gran parte sul greggio, e non puo’sostenere, a differenze dell’Arabia Saudita, più ricca e con grandi riserve, un prezzo basso come quello attuale.

La crisi economica in Iran è oggi forte, e a pagarne il costo è la popolazione.

Quando i nostri media si occupano di Iran, trattano quasi sempre tematiche politiche e di questioni internazionali. Quasi nulla ci viene raccontato della gente comune, delle tradizioni e della cultura del paese.

Chi sono gli iraniani? Qual è l’anima del popolo dell’antica Persia? Quali sono le loro tradizioni e il loro stile di vita?cosa pensano di noi e come si pongono di fronte a un viaggiatore occidentale?

Ebbene si’, lo devo confessare, nel corso del mese passato in Iran ho trovato sulla mia strada orde di temibili e pericolose persone: integralisti dell’accoglienza”, “fanatici dell’ospitalità”, con le loro distruttive “armi di accoglimento di massa” sono riusciti a destabilizzarmi, fisicamente e psicologicamente; mi trovai sotto costante minaccia di offerte di cay (tè); insidiosi pic nic in compagnia, con rischio di letali indigestioni; stress psicofisico dovuto a troppi inviti; shock da eccesso di calore umano; pericolose notti passate in case altrui; feroci sorrisi; venditori kamikaze che alla domanda “quanto costa?” ribattevano con un sospettoso “is free, my friend, you are welcome to Iran”, “è gratis, amico mio, sei benvenuto in Iran”.

Confesso che, seppur avvezzo ai viaggi, al contatto con culture diverse, questi “talebani dell’ospitalità”, con i loro sguardi e sorrisi accoglienti, capaci di abbattere le distanze culturali, mi hanno spiazzato.

L’Iran è un paese di forti contrasti: donne provenienti da famiglie e ambienti conservatori, avvolte nel tradizionale chador nero, si mescolano ad altre che indossano lo jiab, il foulard che copre i capelli obbligatorio per legge, in maniera tale da mostrare parte dell’acconciatura, in aperta sfida al regime e ai guardiani della morale presenti, in borghese, nelle strade del paese.
Molte ragazze si truccano vistosamente, indossano scarpe con il tacco, abiti dai colori sgargianti. I negozi di biancheria intima, soprattutto nei quartieri ricchi di Teheran, abbondano di capi super sexy.

Studenti e giovani appartenenti alla buona borghesia della capitale si ritrovano in case private, al riparo dal Grande Fratello del regime dando vita alle celebri “feste di Teheran Nord”, dove sesso, droga, alcol e rock and roll la fanno da padrone. Feste al cui confronto, le nostre, sembrano noiose riunioni di educande.

Le operazioni di chirurgia estetica sono molto in voga tra le persone benestanti, la rinoplastica è una vera e propria moda. Nei quartieri e negli ambienti della “Teheran bene” è un tripudio di nasi rifatti e di cerotti post-operazione.

Il paese in cui i gay, perseguitati dalla legge e braccati dalla polizia di regime, sono obbligati a nascondere la loro omosessualità, un reato che prevede l’impiccagione, sta diventando il nuovo Eldorado per le operazioni di cambio di sesso, consentite dalla legge. Teheran è la nuova Casablanca.

Alcol e droghe sono facilmente reperibili al mercato nero.

Internet è censurato, ma il modo per eludere la censura, volendo, si trova sempre. I ragazzi del posto sanno come fare.

Nei luoghi pubblici è vietata la musica, a patto che non sia musica tradizionale iraniana. Proibiti i locali da ballo. Ma i giovani citano a memoria le canzoni “peccaminose e anti-educative” dei loro idoli provenienti dall’occidente.

Tutto è vietato, ma tutto si può fare, in Iran. Se si è disposti a correre il rischio.

La principale minaccia interna al regime è rappresentata dall’età media della popolazione: il settanta per cento della popolazione iraniana ha meno di trent’ anni. I giovani sono tanti, pieni di energia, vogliono prendersi il futuro. Gli ayatollah lo sanno, e ne hanno paura.

Avete voglia di tirare un calcio agli stereotipi? Avete voglia di lasciare per un momento da parte la politica e le questioni internazionali? Avete voglia di scindere l’idea che si ha di un regime da quella della popolazione che ad esso sottostà?

In tempi molto cupi per la politica e la diplomazia internazionale, con la tensione crescente in molte aree del mondo, l’esigenza di poter contribuire a far conoscere, seppur attraverso il filtro di una personale e piccola esperienza, un popolo che rappresenta una delle innumerevoli sfumature (ben più delle cinquanta tanto di moda di questi tempi, credetemi!) presenti nel mondo musulmano e di uscire dalla terrificante banalizzazione e dalla logica dello scontro di civiltà tra islam e occidente, dalla visione manichea tra il bene e il male, tra i buoni e i cattivi, in cui è purtroppo assai facile cadere oggigiorno, è per me molto forte e sentita.

Benvenuti in Iran, alla scoperta del popolo iranianoqui il reportage fotografico

Chi è Luca Vasconi

Nato a Torino il 24 marzo 1973, fotografo freelance dal 2012. Laureato in Scienze Politiche all’Università di Torino, dopo alcuni anni di vita d’ufficio piuttosto deprimenti decide di mettersi in gioco e abbandonare lavoro. Negli anni successivi viaggerà per il mondo alla ricerca dell'umanità variopinta che lo compone.

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