SERBIA: Le sfide dell'integrazione UE

Da BRUXELLES – La Serbia è la chiave di volta dei Balcani occidentali, e il suo orientamento strategico verso l’Unione europea resta fondamentale. Se ne è parlato il 4 febbraio a Bruxelles, in occasione della visita di funzionari dell’ufficio per l’integrazione europea del governo serbo.

L’armonizzazione con la legislazione UE procede

“Oggi l’attenzione della politica estera è su altri dossier, non sui Balcani. E allo stesso tempo, come non è mai successo in passato, tutti i paesi della regione condividono lo stesso obiettivo di adesione all’UE” ha sintetizzato la negoziatrice in capo per la Serbia, Tanja Miščević.

La Serbia, paese candidato, sta preparando i negoziati d’adesione tramite il processo di screening del diritto interno, per verificarne la compatibilità col diritto europeo. “Abbiamo completato lo screening di 30 capitoli negoziali [su 35, ndr]. La Serbia ha il più alto livello di trasposizione e armonizzazione con l’acquis UE nella regione, ci stiamo preparando sin dal 2004. Ciò che ci manca ancora è assicurarne attuazione e monitoraggio”, continua Miščević. “Non sta a noi decidere la nostra data di ingresso nell’Unione, ma ci stiamo preparando: entro fine 2018 contiamo di aver terminato il lavoro di trasposizione e allineamento alla legislazione europea.”

“I negoziati d’allargamento hanno la stessa priorità e la stessa intensità di sempre, anche se il processo è cambiato nel tempo”, conferma Christos Makridis, vice capo unità per la Serbia nella direzione generale Vicinato e Allargamento della Commissione europea. “Lavoriamo su tre direttive trasversali: lo stato di diritto, le riforme economiche, e la riforma della pubblica amministrazione.”

Il ruolo della Commissione europea è stato anche modificato dal cambiamento delle condizioni ambientali: “in passato, alcuni stati membri erano a favore dell’allargamento, altri erano più riluttanti, e la Commissione fungeva da arbitro obiettivo. Oggi, nessuno stato membro è entusiasta, e la Commissione è insieme arbitro e difensore/promotore del progetto”, chiosa Stefan Lehne, già membro del gabinetto di Javier Solana dal 1999 al 2008.

Come restituire legittimità all’allargamento per i cittadini UE?

Il processo d’allargamento procede, tanto da parte UE che da parte dei paesi candidati; ma il suo rischio principale rimane la mancanza di legittimità agli occhi dei cittadini. “Il sostegno all’allargamento all’interno dell’UE si è sfasciato, è diventato un argomento tossico” riassume Lehne. “La tattica dell’ ‘allargamento di nascosto’ non può più funzionare, c’è bisogno di ridargli legittimità.”

Meno della metà dei cittadini dei paesi UE sono favorevoli ad un ulteriore allargamento, e altrettanto avviene nei paesi candidati: “solo il 44-46% dei cittadini serbi voterebbe sì ad un referendum sull’UE, oggi. Ma più del 50% continua a sostenere l’integrazione europea, e il 73% resta a favore delle riforme” ricorda Miščević.

“Tutti i dati indicano che l’allargamento a est dell’Unione europea è stato un successo, eppure lo stesso concetto di integrazione sta lentamente perdendo legittimità e sostegno: com’è possibile?”, si chiede Srdjan Majstorovic, vice capo dell’Ufficio per l’integrazione europea del governo di Belgrado. “C’è stato un fallimento nella comunicazione ai cittadini, così che oggi destra e sinistra speculano sulla promozione della ‘fatica da allargamento’. Ma va ricordato che il futuro allargamento ai Balcani occidentali sarà un evento di dimensioni limitate: tutti assieme, non raggiungiamo la popolazione della Romania. Si tratta di colmare un buco sulla mappa dell’Europa, non di un nuovo big bang.”

“Abbiamo una responsabilità speciale verso i Balcani occidentali, e verso la Serbia”, ha ricordato l’eurodeputato tedesco David McAllister (CDU/PPE). “I Balcani occidentali hanno bisogno di una prospettiva europea, e sta a noi fornirgliela. Anche in base a questo, la cancelliera Merkel ha identificato i Balcani come priorità della politica estera tedesca per i prossimi tre anni.”

 La competizione geopolitica e l’ombra della Russia 

Oltre che dalla freddezza crescente dei cittadini, dovuta anche al decennio di crisi (prima costituzionale/istituzionale, poi economico/finanziaria) attraversato dall’Unione europea, sul processo d’allargamento grava sempre più anche la crescente competizione geopolitica da parte di altri attori esterni.

“L’eco della guerra in Ucraina risuona nel sud-est Europa; l’intera regione si sente presa tra l’incudine e il martello”, afferma Dusan Reljic, del German Institute for International and Security Affairs (SWP). “Ma la Russia non ha potere trasformativo nella regione: non può cambiare le regole del gioco. Da una parte, le manca proiezione strategica, dopo che l’allargamento della NATO ha collegato l’Europa dal Baltico al Mar Nero. Dall’altra, la Russia non ha alcuna prospettiva d’integrazione da offrire; solo l’UE può offrire una prospettiva d’integrazione legale, politica, e socioeconomica ai paesi dei Balcani”.

Ciò nonostante, non c’è da attendersi un rapido allineamento dei paesi balcanici alle posizioni europee in politica estera e alle sanzioni contro la Russia: “i paesi dei Balcani hanno forti interessi economici e opinioni pubbliche contrarie. La Russia resta il maggior fornitore d’energia, un grande mercato d’esportazione, e un importante investitore (anche se non il solo: assieme a Turchia, Cina, paesi arabi…). Mosca inoltre continua a garantire un appoggio diplomatico alla Serbia sulla questione del Kosovo in sede ONU”. Non c’è pertanto da aspettarsi che i paesi della regione si uniscano alle azioni europea contro la Russia sulla questione ucraina: “I paesi del sud-est Europa hanno molto da perdere da un approccio conflittuale con la Russia.” Anche se questo ritrovato ‘non allineamento’ dovesse essere difficile per l’UE da digerire.

 L’incognita del Kosovo e delle questioni bilaterali

Restano, sul cammino della Serbia verso l’Unione europea, un paio di ‘pietre d’inciampo’: le questioni bilaterali, e la normalizzazione delle relazioni col Kosovo. “L’UE ha sempre cercato, e ha sempre fallito in questo, di tenere le questioni bilaterali al di fuori del processo d’allargamento”, secondo Lehne. E già la neo-presidente croata, Kolinda Grabar-Kitarovic, ha affermato di essere pronta a opporsi a ulteriori passi nell’integrazione europea della Serbia se non saranno risolte le questioni relative ai diritti della (minuscola) minoranza croata nel paese, e alle persone scomparse durante il conflitto. “Il parlamento croato, il Sabor, nella sua risoluzione sull’allargamento UE si è impegnato a non abusare delle questioni bilaterali – contiamo che ciò venga confermato anche dalla nuova presidenza e dai futuri governi,” ha ricordato Majstorovic.

Per quanto riguarda il Kosovo, dopo l’accordo fondamentale dell’aprile 2013 si è aperta una fase difficile e in salita di attuazione dell’accordo e proseguimento dei negoziati per la normalizzazione delle relazioni. Il 2014 si è dimostrato un anno perso, per via delle elezioni nei due paesi (e nell’UE) e della successiva instabilità politica a Pristina. Ora la scommessa è di riprendere il filo dei negoziati, che riprenderanno il 9 febbraio a Bruxelles, convocati dalla nuova Alto Rappresentante UE, Mogherini.

“La posizione della Commissione è chiara, e definita dal Quadro Negoziale per la Serbia,” spiega Makridis. “Belgrado deve procedere con la normalizzazione delle relazioni con Pristina, fino ad arrivare alla firma di un accordo legalmente vincolante. La questione, inclusa nel capitolo 35, dev’essere presa in considerazione fin dall’inizio dei negoziati, e le due parti devono dimostrare stabili progressi lungo tutto il percorso. E’ insieme una questione semplice e difficile.”

“La posizione della Germania è vicina a quella della Commissione: i fondamentali per primi (capitoli 23 e 24 sullo stato di diritto), quindi il capitolo 35, come affermato anche in una risoluzione del Bundestag”, afferma McAllister.E’ tempo, nel 2015, di aprire formalmente i primi capitoli negoziali con Belgrado, anche per dare il segnale al governo serbo che l’UE comprende i progressi sostanziali fatti finora.”

Chi è Davide Denti

Dottore di ricerca in Studi Internazionali presso l’Università di Trento, si occupa di integrazione europea dei Balcani occidentali, specialmente Bosnia-Erzegovina.

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