All’alba di domenica 14 dicembre, la polizia turca ha dato il via ad una vasta operazione contro i media legati al movimento Hizmet di Fethüllah Gülen. Le perquisizioni e gli arresti, condotti in 13 diverse città della Turchia, hanno portato al fermo di 23 persone, per la maggior parte giornalisti. Tra i nomi coinvolti spicca quello di Ekrem Dumanlı, caporedattore del quotidiano Zaman. A un anno esatto dalla tangentopoli turca del dicembre 2013, ispirata dalla magistratura legata a Gülen e rivolta contro il partito di governo AKP, si è consumata dunque la vendetta del presidente Erdoğan.
Secondo molti osservatori internazionali, l’operazione contro Gülen assume i tratti sinistri di un attacco diretto alla libertà d’espressione. Zaman è infatti di gran lunga il giornale più letto in Turchia, vendendo quasi tre volte di più dei diretti concorrenti, tra i quali il governativo Sabah. Erdoğan non è ancora riuscito del tutto a portare il mondo dei media sotto la propria egemonia, dal momento che tre dei quattro maggiori quotidiani turchi sono anti-governativi. L’attacco diretto a Zaman può dunque essere visto come un tentativo di mettere a tacere i media ostili all’AKP ed estendere l’influenza del governo sul mondo della carta stampata.
Zaman, coerentemente con le posizioni di Gülen e del suo movimento, per lungo tempo è stato considerato il principale quotidiano governativo. Soltanto negli ultimi anni, da quando i rapporti tra Erdoğan e Gülen hanno cominciato a deteriorarsi, anche Zaman ha progressivamente cambiato la propria linea editoriale. La palese rottura tra l’AKP e il movimento Hizmet, consumatasi definitivamente tra l’estate e l’autunno del 2013, ha trasformato Gülen da alleato a principale nemico del presidente turco. Zaman nell’ultimo anno e mezzo ha di conseguenza rappresentato una realtà esplicitamente ed estremamente anti-governativa.
L’effetto dell’attacco condotto contro Zaman, principale veicolo dell’influenza di Gülen sulla società e la cultura turca, è destinato ad avere un impatto traumatico sugli equilibri politici e sociali in Turchia. Il rischio è che a venire “punito” non sia tanto l’imam residente negli USA, quanto il diritto alla libera informazione.
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foto East Journal