La Marche Verte

MAROCCO: La lunga lotta per l’indipendenza del popolo saharawi

Due popoli, uno stato

Partono in salita i nuovi negoziati sullo status del Sahara Occidentale, ex colonia spagnola ora occupata dal Marocco e rivendicata dagli indipendentisti saharawi. Rabat si limiterà solo a concedere più autonomia ai territori occupati, senza però mettere in discussione “l’integrità territoriale” del paese. A fissare i paletti è il re Mohamed VI nel discorso per il 39° anniversario della Marcia Verde. Era il 6 novembre 1975 quando circa 300mila marocchini, su ordine di re Hassan II (padre dell’attuale sovrano), si riversarono nel Sahara spagnolo. Avanzarono nel deserto tenendo fra le mani il ritratto del re, il Corano e la bandiera nazionale. Il risultato fu l’occupazione di fatto.

Festa nazionale per il Marocco ma catastrofe per il popolo arabo-berbero dei saharawi, stanziato su quei territori da secoli. Da allora il Sahara Occidentale, il cui suolo è ricchissimo di fosfati, è conteso da Marocco e Fronte Polisario (movimento indipendentista dei saharawi, appoggiato dall’Algeria), con l’Onu a tentare una mediazione. Proprio all’Algeria e al rappresentante delle Nazioni Unite sono rivolti gli altri paletti del discorso di Mohamed VI. Il re non intende accettare un allargamento dei compiti della missione Onu, in particolare l’accertamento del rispetto dei diritti umani. Altra condizione al dialogo: il riconoscimento delle responsabilità dell’Algeria.

Guerriglia nel deserto

Sono stati 40 anni di vittorie di Pirro per il Fronte Polisario (Frente Popular de Liberación de Saguía el Hamra y Río de Oro, il nome dei primi due insediamenti spagnoli). La Corte internazionale di Giustizia dell’Aja, interpellata dal Marocco alla vigilia della Marcia Verde, stabilì il diritto all’autodeterminazione del popolo saharawi, ma diede una sponda all’occupazione ricordando i forti legami col Marocco prima dell’arrivo degli spagnoli. I leader del Fronte fiutarono l’aria e stabilirono il quartier generale a Tindouf, in Algeria. La dichiarazione unilaterale della Repubblica Araba Democratica Saharawi nel 1976 non servì, nei fatti, a nulla.

L’appoggio dell’Algeria (e in un primo tempo anche della Libia) non bastò per capovolgere la situazione. La Mauritania, che occupava la parte sud del Sahara Occidentale, si ritirò sotto la pressione della guerriglia condotta da Polisario. Ma il Marocco occupò militarmente anche quelle zone e blindò letteralmente il territorio. Tra il 1980 e il 1987 vennero costruiti più di 2500 km di linee fortificate e minate lungo il confine. Il Fronte Polisario fu costretto a cedere e si arrivò a una tregua nel 1991.

Aspettando il referendum

Vigilare sul cessate il fuoco è il compito principale della missione Minurso dell’Onu. L’altro sarebbe indire un referendum sull’autonomia della regione. Ma non è mai stato trovato un accordo sulle regole e i tempi della consultazione. Dal 1991 il Sahara Occidentale ha ottenuto il riconoscimento di quasi 80 paesi e un seggio da osservatore al Palazzo di Vetro. Nel frattempo, però, il Marocco invoglia i suoi cittadini a trasferirsi nelle “province meridionali” con un trattamento fiscale di favore e continua a investire in servizi e infrastrutture.

I piani proposti dai rappresentanti Onu nel 2000, 2003 e 2007, tesi a dare una progressiva autonomia al Sahara Occidentale, sono tutti falliti. L’ultimo, avanzato dal mediatore Christopher Ross, è stato ucciso nella culla dal discorso di re Mohamed VI. Il Marocco accetterebbe un “decentramento”, una “regionalizzazione”, ma probabilmente tenendo per sé i compiti amministrativi. È ormai evidente che il Fronte Polisario non ha più peso contrattuale. Ha minacciato di riprendere le armi se l’Onu non avesse avuto mandato di vigilare sul rispetto dei diritti umani, proposta che il Marocco ha subito rispedito al mittente. Il nodo riguarda i rifugiati saharawi in Algeria: la maggior parte della popolazione, circa 175mila persone, vive oggi in quattro campi attorno a Tindouf.

Frontiera chiusa, economia aperta

I finanziamenti al Fronte Polisario sono valsi all’Algeria relazioni diplomatiche col Marocco ridotte ai minimi termini. La frontiera fra i due paesi è chiusa dal 1994, dopo un attentato in un albergo di Marrakesh che vedeva coinvolti degli algerini. Ciclicamente avvengono scontri a fuoco al confine, in realtà poco più che scaramucce. L’ultimo risale alla prima metà di ottobre.

La facciata però non corrisponde ai rapporti reali. Questa situazione infatti non impedisce una forte collaborazione in campo economico. Gli scambi fra i due paesi sono in crescita costante e sfiorano i 2 miliardi di dollari. Fra i paesi arabi, il Marocco è stabilmente il secondo partner commerciale dell’Algeria, preceduto soltanto dalla Tunisia. Si calcola che la chiusura delle frontiere costi ogni anno il 2% del PIL ad entrambi i paesi.

Foto: la Marcia Verde

Chi è Lorenzo Marinone

Giornalista, è stato analista Medio Oriente e Nord Africa al Centro Studi Internazionali. Master in Peacekeeping and Security Studies a RomaTre. Per East Journal scrive di movimenti politici di estrema destra.

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