Il braccio di ferro fra il governo ungherese guidato da Viktor Orbán e il mondo delle istituzioni finanziarie non sembra conoscere battute d’arresto. È notizia di pochi giorni fa, infatti, che il Parlamento ungherese abbia approvato una legge che obbliga gli istituti di credito a rimborsare alle famiglie oneri sostenuti in forza di clausole contrattuali sul tasso di cambio applicato nei pagamenti sui mutui in valuta estera e, più in generale, per variazioni unilaterali di condizioni contrattuali.
Antal Rogan, portavoce di Fidesz, prima formazione politica del paese, ha sostenuto, in una conferenza stampa tenuta il 12 settembre scorso, che le banche operanti in Ungheria dovranno risarcire quanti colpiti negli anni passati da aumenti indiscriminati dei tassi d’interesse sui mutui.
Gli oltre 400 istituti di credito interessati, dunque, dovranno fare i conti con più di un milione di famiglie, fra contratti di mutuo in valuta estera e contratti di mutuo stipulati in fiorini (rispettivamente, in numero di 680.000 i primi e 650.000 i secondi), per un valore complessivo di ben 3,2 miliardi di euro.
Sempre nel citato disegno di legge è previsto il divieto per gli istituti di credito di aumentare tassi d’interesse, commissioni e costi aggiuntivi riguardanti i mutui fino al 30 aprile 2016, mentre viene contemporaneamente affermato che il valore degli stessi finora contratti verrà ricalcolato, con un risparmio medio per i debitori del 25%.
Prevista, inoltre, la conversione obbligatoria in valuta nazionale dei mutui in valuta estera; un provvedimento, quello appena citato, che verrà reso possibile grazie all’azione della Banca Nazionale d’Ungheria – la MNB – la quale fornirà il necessario volume di valuta estera al sistema bancario ungherese. Un’azione, questa, resa necessaria dalla paura che proprio tale conversione in fiorini possa influire negativamente sul sistema bancario del Paese e, soprattutto, sul tasso di cambio del fiorino.
La reazione
La risposta delle banche, ovviamente, non si è fatta attendere: vive sono state le contestazioni da parte del mondo finanziario alla presentazione di questo disegno di legge; persino la Banca Centrale Europea è intervenuta in materia, sostenendo che l’adozione di un tale provvedimento potrebbe rallentare la crescita economica del paese, oltre che costringere gli istituti di credito a una corposa iniezione di capitali nelle proprie controllate a Budapest, con tutte le ripercussioni del caso.
L’Associazione delle Banche Ungheresi, infine, contestando soprattutto la retroattività di tale disegno di legge, ha affermato che il tutto non è altro che una manovra politica, volta a diffondere la tendenza a guardare alle banche come capri espiatori.
Disagio crescente
Proprio sulle banche, però, pende un’accusa molto pesante, quella di aver concesso, durante la stagione della crisi finanziaria, mutui in valuta straniera (franchi svizzeri, perlopiù) con troppa facilità, specie ai risparmiatori bisognosi di liquidità per l’acquisto di una casa.
Il tutto senza informare i clienti sul principale rischio di un’operazione di questo tipo, ovvero quello di ricevere sì stipendi in valuta nazionale (il fiorino, per l’appunto), ma di dover rimborsare il mutuo in valuta straniera, senza tenere in considerazione eventuali svalutazioni del fiorino stesso. Cosa, peraltro, poi accaduta, con più di 300.000 ungheresi trovatisi in ritardo di oltre 90 giorni nel pagamento delle rate dei prestiti.
Nel frattempo, anche altri paesi dell’Est Europa osservano da vicino le mosse dell’esecutivo magiaro. La “crociata” ungherese contro i mutui, infatti, potrebbe trovare terreno fertile anche in Polonia, dove il problema dei prestiti in valuta straniera è – se possibile – ancor più diffuso, o in Croazia, recentemente passata sotto l’occhio degli osservatori europei per la già nota sentenza “anti-banche”.