UNGHERIA: La NATO chiama, l’Ungheria risponde

Il vertice della NATO in programma in questi giorni in Galles è di cruciale importanza nella storia dell’alleanza atlantica. Questo almeno l’auspicio del segretario generale in scadenza di mandato  Anders Fogh Rasmussen. Come ha ricordato lunedì scorso nella conferenza stampa di presentazione del summit, viviamo in tempi di “crisi multiple su diversi fronti”. Il ruolo della NATO è in continua evoluzione e non è del tutto definito. Il dibattito è in corso almeno dalla fine della guerra fredda. Due sono state le priorità di azione dell’alleanza nell’ultimo ventennio: i conflitti regionali di matrice nazionalista e la lotta al terrorismo internazionale.

Ora la minaccia geograficamente più vicina è costituita dalla politica estera “espansionistica” della Russia di Putin.  Gli sviluppi della crisi in Ucraina impongono pertanto oltre alla riflessione politica un concreto aggiornamento strategico dell’organizzazione soprattutto nei paesi dell’Europa orientale. Lo stesso Rasmussen ha parlato della necessità di implementare il Readiness Action Plan uno strumento nato appositamente per “rispondere all’atteggiamento aggressivo della Russia”. L’obiettivo è quello di creare delle “punte di lancia” all’interno della già esistente Response Force ossia nuclei di truppe da ingaggiare in modo sempre più tempestivo con supporto aereo e navale e con l’appoggio delle forze speciali.

Quasi come conseguenza delle parole del segretario generale un articolo di martedì, pubblicato dalla redazione online del quotidiano conservatore Magyar Nemzet, riportava indiscrezioni su di un imminente impiego dell’esercito ungherese nel Baltico. Si tratterebbe dell’invio nel prossimo autunno di un centinaio di soldati nel quadro di esercitazioni NATO. La notizia, non ancora confermata da fonti ufficiali ma rilanciata dalla stampa magiara, ha una sua attendibilità perchè è stata inoltrata tra gli altri da un tweet personale del Ministro degli esteri e futuro commissario europeo Tibor Navracsics. Nell’articolo si legge anche che in Galles l’Ungheria confermerà la sua disponibilità allo sviluppo della base aerea di Pápa – che ospita i velivoli da trasporto C-17 – in attuazione delle decisioni prese a giugno dai ministri degli esteri NATO. Il restyling dell’aeroporto militare di Pápa rientra in una più ampia strategia riguardante le infrastrutture logistiche già esistenti e la costruzione di nuove basi militari negli stati più prossimi all’Ucraina, da quelli baltici alla Romania. Altro impegno, si apprende ancora, cui l’Ungheria prometterà di tenere fede è l’aumento della quota di bilancio da destinare alle spese di difesa.

Sull’argomento si è pronunciato di recente anche il premier Viktor Orbán che, in occasione dell’annuale appuntamento con gli ambasciatori ungheresi  a fine agosto, ha fatto autocritica indicando proprio nello scarso contributo del suo governo alla spesa militare l’unico obbligo disatteso da membro dell’alleanza atlantica. Nella stessa sede Orbán, sollecitato da una domanda del capo missione a Bratislava, si è soffermato sul comportamento da tenere con la Russia nella crisi in Ucraina spiegando come ci siano attualmente due approcci: quello di chi, come paesi baltici e Polonia, lo considera una questione di sicurezza e quello di chi, come l’Ungheria, ne fa una questione prettamente economica. Avendo perciò escluso la possibilità che ad esempio il gruppo di Visegrád (Polonia, Ungheria, Repubblica ceca, Slovacchia) possa perseguire una linea comune, il premier magiaro invita a trovare una soluzione di equilibrio tra quelle accennate.

Secondo Orbán con la politica delle sanzioni Europa e occidente più in generale hanno fallito per l’ennesima volta la possibilità di realizzare un obiettivo da sempre dichiarato, quello cioè di una cooperazione proficua e di una partnership strategica con Mosca e quindi con un territorio ricco di materie prime e risorse naturali. Il  primo ministro ungherese non è il solo a difendere questa posizione. Lo ha ribadito anche a margine dell’ultimo vertice straordinario dei capi di stato e di governo dell’Unione europea quando ha ripetuto che ”un conflitto può essere risolto o attraverso la trattativa o con l’uso della forza ma sicuramente non con le sanzioni”. ”L’Ungheria è interessata alla pace” e come Orbán tutti i suoi colleghi membri della NATO che si incontreranno in un vertice dove per due giorni si parlerà anche di altri scenari più o meno preoccupanti come Iraq e Afghanistan.

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