Il 25 maggio il Kosovo ha affrontato il Senegal a Ginevra, perdendo 3-1: tre partite dopo aver ottenuto il permesso FIFA di giocare amichevoli internazionali, il Kosovo sta ancora aspettando la sua prima vittoria. La strada per il riconoscimento internazionale e l’ingresso nella FIFA è ancora lunga, e ancora molti sforzi dovranno essere profusi sul campo per costruire una squadra competitiva: un pareggio a reti bianche contro Haiti e una batosta 6-1 contro la Turchia non sono risultati molto lusinghieri. E la pazienza dei tifosi kosovari sembra, d’altro canto, essere molto corta. Tristan Trasca di Footballsky ha raccontato che, dopo il quarto gol della Turchia a Mitrovica con mezzora ancora da giocare, gli spettatori hanno cominciato a lasciare lo stadio, lasciandolo mezzo vuoto nei minuti finali: “Per me è stato sorprendente e deludente. Il tifoso kosovaro, nutrito col calcio di Barça e Real, non riesce a comprendere la realtà del pallone”. Prendere parte a una Coppa del Mondo sembra una speranza ancora distante per il Kosovo, per ragioni politiche e tecniche. Eppure, quattro kosovari saranno sui campi del Brasile nel mese a venire, e sarebbero potuti essere molti di più se Albania, Svezia e Norvegia fossero riuscite a qualificarsi.
La partita del Kosovo contro il Senegal si è tenuta a Ginevra per una ragione. Non solo la città ospita un consolato per la più giovane nazione di Europa, ma la Svizzera è la casa di circa trecentomila kosovari della diaspora, un sesto dell’attuale popolazione del Kosovo. Il fatto che la Svizzera ospiti un gran numero di rifugiati e immigrati dai Balcani è chiarissimo se si guarda alla composizione multietnica de La Nati, la squadra nazionale di calcio. Otto dei ventitré giocatori convocati dal CT Ottmar Hitzfeld vengono dall’ex Jugoslavia: l’attaccante Admir Mehmedi e il mediano Blerim Džemaili sono entrambi albanesi di Macedonia (come anche il difensore della nazionale tedesca Shkodran Mustafi); gli attaccanti Haris Seferović e Mario Gavranović vengono entrambi dalla Bosnia-Erzegovina, nonostante Gavranović sia di etnia croata; la punta Josip Drmić è di origine croata; infine, Xherdan Shaqiri, Granit Xhaka e Valon Behrami sono kosovari.
XHERDAN SHAQIRI Xherdan Shaqiri è l’unico uomo che sia riuscito a portare una bandiera kosovara su un campo da calcio FIFA. L’ala destra del Bayern Monaco ha giocato alcune partite con delle scarpe ricamate con le bandiere di Svizzera, Albania e Kosovo e, dopo aver vinto la finale di Champions League il 25 maggio 2013, celebrò il momento sventolando vicino al trofeo una bandiera doppia, con i colori di Svizzera e Kosovo. Un atto che non mancò di scatenare reazioni indignate da parte della federcalcio serba. Basso, veloce e potente (il suo metro e sessantotto gli è valso il soprannome “Maradona kosovaro”), Shaqiri è una delle minacce offensive della squadra svizzera. Gioca come ala invertita: taglia all’interno dalla fascia destra per portarsi al tiro sul sinistro. Nato a Gjilan nel 1991, ha lasciato il Kosovo con la sua famiglia un anno più tardi. Insieme ai suoi compagni di origine kosovara, Shaqiri ha firmato una petizione nel 2013 per chiedere alla UEFA sostegno per il riconoscimento di una nazionale kosovara. Comunque, ammise, anche avendo l’opportunità, avrebbe continuato a rappresentare la Svizzera a livello internazionale.
GRANIT XHAKA Il perno centrale de La Nati è Granit Xhaka del Borussia Mönchengladbach, impiegato come numero 10 e lodato per la sua visione e intelligenza di gioco, che permettono un collegamento fluido tra il centrocampo e i terminali offensivi della squadra. Lui e il fratello Taulant, un ex nazionale svizzero under-21 che gioca come difensore centrale per l’FC Basilea, sono entrambi nati a Basilea a inizio anni ’90, poco dopo il trasferimento dei loro genitori dalla Jugoslavia. Taulant, prima o poi, potrebbe trovarsi a marcare il fratello durante un incontro internazionale: ha ricevuto già una chiamata dal CT dell’Albania Gianni De Biasi per una partita disputata il 5 marzo 2014 – lo stesso giorno dell’esordio ufficiale del Kosovo contro Haiti – ma non ha potuto giocare per via di un infortunio. Una seconda opportunità potrebbe arrivare presto: Taulant ha ottenuto la cittadinanza albanese e ha confermato alla stampa che la nazionale di De Biasi è la sua scelta definitiva.
VALON BEHRAMI Dietro a Xhaka e Shaqiri, accoppiato con il suo capitano svizzero-turco e compagno di squadra al Napoli Gökhan İnler, gioca Valon Behrami, un mediano difensivo che lavora duro, ha un buon tackle ed è efficace nel rompere il gioco avversario. Nato nel 1985 a Mitrovica, si è trasferito dalla Jugoslavia alla Svizzera italiana all’età di cinque anni, quando i genitori persero entrambi il loro lavoro alla compagnia di produzione di plastica Koplast. La loro domanda di asilo fu rigettata ripetutamente nei loro primi quattro anni di soggiorno e, alla fine, la soluzione arrivò dallo sport: il direttore di giustizia del canton Ticino Alex Pedrazzini, il cui figlio era compagno di squadra di Valon, cominciò a sostenere la loro causa e nel 1998 ottenne un permesso di soggiorno per la famiglia Behrami.
ADNAN JANUZAJ La diaspora kosovara non sarà rappresentata solo dalla Svizzera. Il 23 aprile 2014 il CT belga Marc Wilmots annunciò con un tweet: “Ho ricevuto conferma ufficiale che Adnan Januzaj si è reso disponibile alla squadra nazionale del Belgio per il resto della sua carriera”. Il caso di Adnan Januzaj stava diventando una sorta di spy-story calcistica: nato a Bruxelles, con radici albanesi, turche e kosovare, e residente a Manchester, il diciannovenne era sotto il mirino di diverse squadre nazionali dal momento in cui, al suo esordio da titolare con il Manchester United, aveva segnato una doppietta al Sunderland nell’ottobre 2013, ribaltando il risultato della partita. Januzaj potenzialmente avrebbe potuto rappresentare Belgio, Turchia, Albania o Serbia e, restando in Inghilterra per altri cinque anni, avrebbe guadagnato l’eleggibilità anche per la nazionale inglese per motivi di residenza. Perfino la Croazia si fece avanti, sostenendo che, dato che i suoi genitori erano nati in Jugoslavia, Januzaj aveva il diritto di scegliere qualsiasi delle repubbliche ex jugoslave. E, ovviamente, anche il Kosovo tentò in vano di corteggiare il giovane talento del Man Utd.
Alla fine, in maniera poco sorprendente, Januzaj ha scelto la giovane e talentuosa squadra del Belgio, guadagnandosi un posto nella lista dei ventitré convocati da Wilmots per la Coppa del Mondo. Il Belgio era il paese dove era fuggito il padre Abedin nel 1992, per evitare di venire arruolato nell’esercito jugoslavo e nella speranza di riuscire a mandare qualche soldo indietro alla propria famiglia. Abedin si lasciò alle spalle lo zio Januz, incarcerato per aver preso parte a una manifestazione per i diritti dell’etnia albanese, e il fratello minore Shemsedin, che si unì con la moglie all’Esercito di Liberazione del Kosovo per combattere nella guerra del Kosovo tra il 1998 e il 1999.
Articolo originariamente apparso in inglese e albanese su Kosovo 2.0.