di Federico Resler
La storia dell’emigrazione internazionale tra fine ‘800 e prima metà del ‘900 è ricca di aneddoti: comunità di veneti sbarcati in Papua Nuova Guinea, venduta loro come l’Eden; gruppi di anarchici europei espatriati in Sudamerica con il sogno di costituire piccole società agricole utopiche.
Una delle vicende più originali è senza dubbio quella di alcune ragazze slovene emigrate ad Alessandria d’Egitto: conosciute con il nome di “Aleksandrinke“, provenivano quasi tutte dalla zona del Collio goriziano. Umili e grandi lavoratrici trovarono occupazione come tate e governanti presso le ricche famiglie borghesi della città egiziana: una borghesia cosmopolita composta da banchieri ebrei, mercanti inglesi ed armatori francesi.
In breve tempo le domestiche slovene divennero richiestissime: dallo spiccato senso materno, erano l’ideale per crescere i piccoli rampolli dell'”Alessandria bene” e per fare le veci di madri spesso assenti. Alcune di loro tornarono in patria, altre rimasero in Egitto, mettendo su casa e dando vita ad una comunità meticcia arabo-slovena.
Dimenticata fino a qualche anno fa la storia delle Aleksandrinke è stata riscoperta grazie al lavoro della “Društvo za ohranjanje kulturne dediščine aleksandrink“, associazione culturale con sede a Prvačina costituita dalle discendenti delle emigranti.