Soliti incubi a Varsavia

Undici anni fa la Polonia è entrata a far parte della Nato, oggi -in occasione della visita del segretario generale del patto atlantico Rasmussen- c’è chi tira le somme. Il fatto che a farlo sia un giornale conservatore, legato a Piattaforma Civica, il Polska The Times, non deve far prendere sotto gamba certe valutazioni. Le paure della Polonia non sono da ritenersi semplici ipocondrie di un paese reazionario. Da sempre la Polonia ha prima di altri avvertito il mutare dei tempi, le tensioni che ne hanno percorso la società non sono state quasi mai mal riposte: i romanzi dei più grandi scrittori polacchi sono gravidi di incubi.  Dall’invasione tartara alla seconda guerra mondiale, anche in virtù della sua peculiare posizione geopolitica, la Polonia è la Cassandra d’Europa.

Oggi la Polonia è un Paese che vive in costante preoccupazione. La responsabilità è certo di una classe politica populista che strumentalizza la paura delle persone più deboli (gli anziani, i disoccupati) ma è possibile che da Varsavia giungano segnali per il continente. Dalle colonne di Polska The Times, Andrej Godlewski afferma -un po’ nazionalisticamente- che Varsavia ha creduto di mettere al sicuro i propri confini entrando nella Nato, e invece si è trovata a dover aiutare gli Stati Uniti in guerre che il Paese a stelle e strisce non è capace di vincere da solo. Ma va oltre:  “Occorre interrogarsi sul destino dell’Alleanza. L’adesione della Russia alla Nato, chiamata da più parti, dai generali tedeschi alle gole profonde di Washington, ridefinisce la posizione della Polonia nell’Alleanza. Cosa succederà allora? I nostri soldati si troveranno a difendere il confine russo contro la Cina?”.

La Russia, il grande incubo polacco. E prosegue: “A undici anni dall’adesione alla Nato, Polonia, Repubblica Ceca e Ungheria ancora non hanno ricevuto concrete misure di messa in sicurezza da parte dell’Alleanza”. E qui il riferimento è allo scudo spaziale, che Varsavia e Praga erano ben felici di ospitare in funzione anti-russa. Ma Mosca non gradì, e non se ne fece nulla. Il senso di abbandono pervase i due paesi ex-sovietici. Segno che lo scudo non era, come insisteva a dire Bush, una misura di difesa contro Teheran, ma un deterrente proprio verso il Cremlino.

La Polonia oggi è minacciata dalle politiche energetiche russe, è minacciata dal North Stream pensato apposta per arrivare alla Germania aggirando l’ostile Polonia. Ostile al Cremlino, e come biasimarla. E ostile all’Europa Unita che Varsavia percepisce come indifferente alle sue problematiche, e capace solo di fare gli interessi dei membri “forti” dell’Unione: Francia e Germania. Già, la Germania. Un altro incubo di Varsavia. Ma questa è un’altra storia.

La Polonia s’interroga così sul destino della Nato e dell’Unione Europea, esprimendo preoccupazioni che paiono in fondo condivisibili, se ripulite dalla retorica nazionalista. La UE saprà diventare un coeso organismo politico? E la Nato riuscirà a garantire la sicurezza dei suoi membri senza trascinarli in guerre inconcludenti?

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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