OCCIDENTI: Gran Bretagna, libertà di stampa minacciata (dal primo ministro)

Nel mirino in questo caso non ci è finito un solo giornalista. Sì, certo, David Miranda dev’essersela vista brutta quando gli agenti di Scotland Yard lo hanno fermato e tratto in arresto all’aeroporto londinese di Heathrow con l’accusa di terrorismo. Era il 18 agosto scorso. Dopo nove ore di interrogatorio è emerso che Miranda non è un terrorista ma un uomo che ha la sfortuna di essere il compagno di Glenn Greenwald, reporter di punta del quotidiano britannico The Guardian. Greenwald è stato il primo giornalista a pubblicare le rivelazioni di Edward Snowden sull’esistenza di Prism,  il sistema (illecito) di cyberspionaggio utilizzato da Stati Uniti e Gran Bretagna. Il timore dell’intelligence britannica era che Greenwald possedesse informazioni riservate anche sulle attività del governo britannico, informazioni top secret che – spiegano da Scotland Yard – “non devono finire in mani sbagliate”.

La vicenda è stata resa nota solo a fine agosto dopo che Greenwald, in un editoriale pubblicato sul Guardian, ha senza mezzi termini accusato l’intelligence inglese di “comportamento minatorio”. Non potendo raggiungere lui, residente in Brasile, se la sono presa con il compagno, risultato poi del tutto estraneo alla vicenda. Lo stesso direttore del Guardian, Alan Rusbridger, ha poi spiegato in un lungo editoriale di avere subito intimidazioni da alcuni “alti esponenti del governo” affinché distruggesse tutti i materiali in suo possesso relativi a Snowden. Le pressioni su Rusbridger sono iniziate in giugno ma, a fronte del rifiuto opposto di distruggere il materiale, due “esperti” si sono recati nella sede del Guardian e hanno preteso (e assistito) alla distruzione dei due hard disk contenenti le informazioni segrete.

La distruzione è un atto simbolico, e forse per questo più grave: copie dei dischi rigidi sono stati depositati al New York Times e – si dice – da qualche parte in Brasile. La stampa britannica ha levato gli scudi verso quella che è ritenuta una violazione alla libertà di stampa. Il quotidiano The Indipendent ha ricostruito la filiera delle “pressioni” ricevute dal direttore del Guardian. Secondo le fonti dell’Indipendent sarebbe stato il premier David Cameron a incaricare dell’ispezione presso la sede del giornale nientemeno che Sir Jeremy Heywood – capo di gabinetto a Downing Street – dopo aver ricevuto il sostegno anche del suo vice, Nick Clegg, e del ministro degli esteri William Hague. Uno dei due “esperti” che hanno preteso e assistito alla distruzione dei materiali sarebbe quindi il braccio destro del primo ministro britannico.

La faccenda ha convinto il partito laburista all’opposizione a chiedere un’inchiesta ufficiale sul ruolo di David Cameron, indagine che deve essere portata avanti dalla commissione di controllo sui servizi segreti. Quello che più stupisce è come tutto questo sia avvenuto nella democratica Inghilterra, patria della libertà di stampa, e ai danni di uno dei quotidiani più stimati al mondo. “Fratello siamese degli Stati Uniti, la Gran Bretagna sembra dirigersi rapidamente verso una situazione in cui la sicurezza nazionale debba prevalere su tutto il resto” ha dichiarato Philip Sands, professore di diritto  internazionale all’University College di Londra.

Come spiega Eric Albert in un editoriale su Le Mondeil paese della Magna Charta non merita più la sua reputazione di difensore delle libertà civili […] molte iniziative del governo britannico sono state fin qui fermate dalla giustizia che si avvale della Convenzione europea per i diritti dell’uomo (Cedu), firmata nel 1951 e incorporata nel diritto britannico nel 1998. Ma il governo di David Cameron sta seriamente pensando di uscire dalla Cedu“. Il reato di “istigazione al terrorismo”, istituito dal governo Blair nel 2000, è infine molto vago e rischia, come spiega ancora Albert, di ridurre la libertà d’espressione. Un campanello d’allarme per tutta Europa.

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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Un commento

  1. Per chiarire Le Monde: la CEDU è stata in vigore nel Regno Unito anche tra 1951 e 1998, il Human Rights Bill del 1998 l’ha semplicemente “ricopiata” pari pari nel diritto interno. Se il Regno Unito rescindesse dalla CEDU (come vorrebbe il ministro degli interni Theresa May) resterebbe comunque obbligato dalla sua stessa legislazione domestica. A meno che pure questa venisse cancellata.

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