POLONIA: Sulle orme dei tatari, minoranza in estinzione

Qualche decina di chilometri da Białystok, nel voivodato della Podlasia (nord-est della Polonia), si trovano le due località abitate dai tatari, l’antico popolo di origine turcico-mongola che si è insediato su queste terre da secoli. Le località si chiamano Kruszyniany e Bohoniki. Sono famose per le loro moschee lignee, testimonianza di una cultura musulmana europea che si sta estinguendo.
A Kruszyniany è possibile vedere la moschea del XVIII° secolo, nella quale è possibile scoprire la storia e la particolarità dei tatari polacchi. Dietro alla moschea si trova un cimitero musulmano (mizar), nel quale le lapidi più antiche vengono datate per il XVIII secolo.

I tatari furono invitati a stanziarsi nella Polonia tra il XIII° e il XVII° secolo, erano cavalieri valenti e potevano essere utili alle battaglie dei re polacchi. Fu però con la Confederazione polacco-lituana che i tatari arrivarono fino alle trentamila unità. I capi furono persino insigniti dello status di szlachta (nobili) ottenendo una rappresentanza tra l’aristocrazia del Sejm (parlamento). Grazie a questi privilegi poterono preservare la loro cultura e la loro identità per secoli in una Europa che non conosceva ancora “scontri di civiltà né romantiche mitologie nazionali. Durante quello che è stato definito uno “scontro di civiltà” ante-litteram, vale a dire l’assedio di Vienna da parte degli ottomani nel 1689, i tatari di polonia (musulmani) combatterono contro le truppe del sultano: truppe che comprendevano anche tatari di Crimea.

Durante la prima guerra mondiale essi combatterono con le truppe polacche, alle quali si unirono lottando per l’indipendenza della Polonia. Fu nella Seconda guerra mondiale, nel rivolgimento di fronti, nelle persecuzioni razziali, nelle deportazioni che seguirono il conflitto, che i tatari di Polonia si ridussero enormemente di numero. Oggi se ne contano appena tremila. A Kruszyniany e Bohoniki si può osservare quanto resta della cultura tatara in Polonia e  al ristorante “Tatarska Jurta” è possibile immergersi nei sapori delle specialità culinarie locali, come pierekaczewnik, un tipo di pagnotta tonda e ripiena, e le altre prelibatezze tipiche per la cucina tatara, come trybuszok, kibiny, pieremiacz cebulnik. Dal censimento del 2002, l’ultimo di cui si hanno dati, il numero di persone che hanno indicato la propria nazionalità tatara sono appena cinquecento. Quello che resta dei tatari polacchi è poco più di una cartolina per turisti, ma andando oltre i corsi di cucina e le visite guidate si può assaporare ancora un po’ il sapore della vecchia Europa delle convivenze culturali, quella che la guerra ha quasi (ma non del tutto) cancellato.

 fonte: Wikipedia

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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2 commenti

  1. i Tatari di Lituania (così chiamati dal Granducato di Lituania, di cui fino all’Unione di Lublino del 1569 faceva parte pure la Podlasie…vivono, o meglio vivevano, a Trakai in Lituania, appunto in Polonia nord-orientale, in Bielorussia presso Navahrudak e Ašmiany e un tempo pure in Ucraina presso Ovruč, in territori anch’essi lituani fino al 1569) hanno anche una rilevante importanza culturale in quanto ci hanno lasciato dei libri (i cosiddetti kitab) in caratteri arabi ma in lingua slava; gli studiosi hanno riconosciuto nella maggior parte dei testi il bielorusso, in pochi altri il polacco, in diversi una mistura di bielorusso e polacco e si discute ancora se un testo possa essere definito in ucraino settentrionale, e sarebbe un unicum, oppure in bielorusso meridionale 😀 (è noto che i dialetti dell’area di Brest e Pinsk, in Bielorussia sud-occidentale o Polessia, non hanno, in maniera esplicita, le caratteristiche peculiari del bielorusso: akannie, cekannie, dzekannie, cioé “a” al posto di “o”, “c” al posto di “t” e “dz” al posto di “d” laddove presentano alcune caratteristiche ucraine, cosicché la loro classificazione, pure in epoca sovietica, fu al centro di infuocati scontri fra linguisti bielorussi ed ucraini; Rosenberg, che evidentemente conosceva queste cose, durante la II GM incluse quell’area, e anche Mazyr più a Est, nel Commissariato del Reich dell’Ucraina e non nel commissariato-generale di Rutenia Bianca, parte del Commissariato del Reich dell’Ostland)
    i testi slavo-tatari in caratteri arabi vanno dal XVII al XX secolo (solo gli slavi di Bosnia utilizzarono anch’essi la scrittura araba per scrivere il proprio vernacolo slavo, sino al 1914 o poco oltre) e vi sono kitab dell’inizio degli anni 1980’, ma in scrittura latina !

  2. sono passat da Bohoniki svariate volte , il paese è in stato pietoso, i marciapiedi sono occupati da uomini ubriachi.
    l’alcool porta a termine quello che la storia non ha finito.

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