Oggi è il giorno fatidico delle elezioni in Grecia. Il secondo in poco più di un mese da quando, il 6 giugno scorso, dalle urne non uscì una maggioranza e nessun partito fu in grado di creare una coalizione di governo: obbligatorio, dunque, il ritorno al voto. Queste elezioni sanciranno, secondo alcuni, l’uscita della Grecia dall’euromoneta e, quindi, dall’Unione Europea poiché mancano i meccanismi istituzionali che prevedano la possibilità di uno stato membro di abbandonare la moneta unica senza lasciare anche l’Unione. Da più parti si parla di ritorno alla dracma, di piano tedesco per liberarsi della Grecia, di crollo dell’Unione Europea. A costo di essere smentito dai fatti, facendo una figura tra le peggiori che possono capitare a un giornalista, dico: fanfaronate. Atene non uscirà dall’Unione, perché non lo vuole e perché non lo vogliono gli altri Paesi europei. E ne dico un’altra: il comportamento dei media europei e delle cancellerie occidentali è meschino. E per due ragioni.
La prima: Syriza non è un partito anti-europeista, come invece (ancora ieri) campeggiava nei titoli di una testata importante e rispettabile come RaiNews24, oltre che in molti giornali italiani, tedeschi e spagnoli. Syriza chiede la revisione del Memorandum, con cui i creditori internazionali hanno concesso gli aiuti alla Grecia, e una nuova negoziazione con il Fondo Monetario Internazionale. In secondo luogo il continuo gridare a possibili tracolli europei a causa di quanto uscirà dalle urne greche influenza il voto al punto da apparire come un’ingerenza esterna su questa delicatissima tornata elettorale. I greci non vogliono uscire dall’Unione, infatti non voteranno per partiti antieuropeisti. C’è da attendersi un crollo nei consensi dei comunisti del Kke , dei neonazisti di Alba Dorata e dei conservatori ortodossi di Greci Indipendenti. E nessun Paese europeo vuole la Grecia fuori dall’Unione, poiché sarebbe il tracollo della stessa.
Intanto Nea Demokratia e Syriza sembrano contendersi la vittoria. Ma i sondaggi, in Grecia, sono vietati da due settimane e conoscere realmente le intenzioni di voto è impossibile. Un partito di sinistra radicale (come Syriza stessa si definisce) mai ha governato nella storia greca e non sappiamo come le cancellerie europee reagiranno davanti a una sua eventuale vittoria, come non lo sanno i greci. Quelli che nell’Ellade leggono giornali stranieri sanno solo una cosa: c’è una campagna di stampa nei confronti del partito di Tsipras, descritto come anti-europeista e pronto ad abbandonare la moneta unica. Ciò è un’evidente mistificazione e non un buon segno, questo possiamo dirlo.
I greci sono i primi colpevoli di quanto gli sta accadendo ma hanno oggi il diritto di decidere del proprio futuro senza ingerenze esterne, senza pressioni, senza timore d’esser puniti. Punire i greci per educare gli altri? E per educarli a cosa, all’obbedienza dei trattati internazionali? Eppure furono proprio la Germania e la Francia le prime a contravvenire al patto di stabilità. E fu l’Italia a entrare nell’Unione senza avere i requisiti richiesti da Maastricht. Il bue che dà del cornuto all’asino. L’asino d’oro.
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