ELEZIONI GRECIA / 4: Non vince nessuno. Possibile anche un governo di sinistra. Neonazisti in Parlamento

I risultati delle urne

Dalle urne greche esce una società frammentata, almeno in apparenza. Il partito conservatore Nea Demokratia, guidato da Antonis Samaras, è il primo partito con il 18,9%, ciò gli dà diritto al premio di maggioranza e a 108 dei 300 seggi in Parlamento. Samaras ha detto di voler puntare su un «governo di salvezza nazionale» che mantenga la Grecia in Europa e prosegua con la politica di austerità, ma i numeri rendono difficile questa opzione. Al secondo posto c’è la coalizione della sinistra (Syriza) di Alexis Tsipras che ha ottenuto il 16,76% (52 seggi). Segue il Pasok, socialista, terzi con un umiliante 13,2% (nel 2009 avevano superato il 43%) e 41 seggi.

Al quarto posto, con il 10,6% si è piazzato Greci indipendenti, partito di destra nato per opporsi al prestito internazionale. Seguono i comunisti del Kke con l’8,47%, da sempre in prima fila contro le misure di austerità, e il partito neonazista Alba Dorata con il 7%. Ultimo partito entrato in Parlamento è la Sinistra Democratica (Dimar) di Fotis Kouvelis, con il 6,1%.

In tutto sono sette i partiti a entrare in Parlamento. Ora un paio di riflessioni.

Un governo pro-austerity?

I partiti tradizionali, Pasok e Nea Demokratia, sono usciti ridimensionati. Insieme raggiungono appena il 32%. Impossibile una grosse koalition, a meno che non si coinvolgano partiti terzi, che non è da escludere. C’è infatti la possibilità che si realizzi un governo, per così dire, pro-austerity, ovvero intenzionato a proseguire nella linea economica fin qui condotta. Ma con chi? Tra i papabili c’è Sinistra democratica, composta dai fuoriusciti del Pasok. In questo modo si arriverebbe a circa 170 seggi su 300.

Un governo di sinistra?

Oggi cominceranno le consultazioni per formare il nuovo esecutivo. Alle 14 (ora italiana) il presidente Karolos Papoulias darà l’incarico a Antonis Samaras, leader dei conservatori di Nea Demokratia, di formare un governo. Avrà tre giorni di tempo. E poi? E poi la palla passerà al secondo classificato, Alexis Tsipras, leader della coalizione di sinistra Syriza, che si è detto pronto a dar vita a un esecutivo.

Se guardiamo a sinistra la situazione è questa: Syriza (17%) più Sinistra democratica (6%) più partito comunista (Kke, 8,5%) più socialisti del Pasok (10,5%) si arriva sul 42%. Ma tenere insieme le diverse anime della sinistra sembra difficile. Se Tsipras ricevesse il mandato dal presidente per formare un esecutivo, allora Syriza godrebbe del premio di maggioranza e potrebbe tentare una coalizione con Sinistra democratica e Pasok.

Questi tre partiti non rifiutano l’Europa, né invocato l’uscita dall’Unione o il ritorno alla dracma, quanto piuttosto auspicano una ritrattazione degli accordi fin qui presi. Anche Syriza, a fronte del risultato, ha subito abbandonato la posa antagonista mostrandosi pronta ad un esecutivo di “responsabilità”.

Una destra impresentabile

Se guardiamo invece a destra troviamo Nea Demokratia (19%) più Greci indipendenti (10,6%) e Alba Dorata (7%). Le forze di destra, però, sembrano assai più eterogenee e difficilmente conciliabili che quelle di sinistra. Un esecutivo tutto di destra sembra dunque impossibile, anche perché non si consentirebbe mai a un partito esplicitamente neonazista di far parte di un governo. Un partito di cui varrà la pena approfondire la natura, cosa che non mancheremo di fare a bocce ferme.

La volontà di cambiamento e la distribuzione del voto

Interessante infine notare come, a fronte del 32% conseguito dai partiti tradizionali (Pasok più Nea Demokratia), sette greci su dieci abbiano votato per forze ritenute, a torto o a ragione, “estremiste”. Un chiaro segno della volontà di rottura del popolo greco. Una volontà che non è detto venga assecondata dagli esecutivi di “unità nazionale” o “responsabilità” o “continuità” che dir si voglia. Interessante anche vedere la distribuzione del voto: nelle aree urbane di Patrasso, Atene e Salonicco, il voto è andato in maggioranza a Syriza mentre le aree montane, agricole, e nelle città di provincia si è affermata Nea Demokratia. Segno anche che il cambiamento radicale, di cui le proteste di queste settimane sembravano la prolusione, è necessità delle società urbane, più complesse, più colte, più industrializzate (e quindi più disoccupate) mentre la pancia della Grecia resta sul più classico dei conservatorismi, in linea di continuità con la tradizione politica ellenica.

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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