ELEZIONI GRECIA / 3 – La democrazia o la bancarotta? Se le banche decidono chi deve vincere

di Matteo Zola

La travagliata vicenda greca, che qui potrete trovare riassunta, arriva a uno snodo fondamentale: le elezioni. Temute dai mercati finanziari, usate dalla politica per ricattare quegli stessi mercati (invero con scarso successo), esse non sono altro che quello che sono: il fondamentale, benché più semplice e insufficiente, esercizio di democrazia. Nella Grecia della crisi le questioni sono molte, e molti sono i partiti che si fronteggiano: ben 32. Chi vincerà?

La banca d’affari Morgan Stanley fa sapere tramite una nota che le elezioni politiche in Grecia “hanno il potenziale per destabilizzare la già precaria situazione europea. Qualora i partiti che supportano il programma di austerity (per ricevere gli aiuti dalla comunità internazionale, ndr) non dovessero vincere, le conseguenze potrebbero essere drammatiche, con l’uscita della Grecia dall’area euro e il fallimento dell’intero progetto europeo”. Seguirà catastrofe nucleare, estinzione dei dinosauri, ritorno dei Maya con un astronave a forma di piramide.

Le affermazioni di Morgan Stanley sono gravi: in primo luogo perché allarmano i mercati, peggiorando la situazione debitoria dell’area euro. In secondo luogo perché non sono fatti suoi chi vince in Grecia, mentre così facendo influenza il voto e il comportamento dei Paesi europei di fronte alle elezioni greche.

Non è un segreto che l’Eurogermania guardi con apprensione al voto ellenico, ma non troppa. Berlino è abbastanza sicura di vincerle queste elezioni: i due partiti di principali, il Pasok (socialisti) e Nea Demokratia (conservatori) avranno la probabilmente la maggioranza. Male che va – la cancelliera e i suoi falchi ne sono persuasi – faranno una “grosse koalition” per tenere fuori le forze antieuropeiste di destra e di sinistra. Tanto soluzioni alternative non ce n’è. Poiché nè il Pasok nè Nea Demokratia potranno sperare di tenere in piedi un governo con forze che vogliono l’uscita della Grecia dalla Ue. E poi, in ogni caso, il prestito contratto tramite Fmi e Bce va restituito, piaccia o no. Altrimenti si chiama furto, e neppure l’Argentina è arrivata a tanto. Prima di sbarazzarsi del Fmi, Buenos Aires ha saldato il suo debito. Ma la Grecia non ha un soldo, cosa può saldare?

Torniamo a Morgan Stanley che conclude dicendo che “se il nuovo parlamento post-elezione non avesse una maggioranza stabile che si impegni a portare avanti le misure di austerity, le conseguenze potrebbero essere disastrose: i prestiti internazionali verrebbero bloccati e alla Grecia non rimarrebbe altra alternativa se non l’uscita dall’area euro, con ritorno alla dracma, un’enorme svalutazione e il ricorso alla stampa incontrollata di nuova moneta. Con tale scenario il contagio ad altri Paesi europei in difficoltà sarebbe inevitabile”. Insomma, non più un default pilotato, come è ora (adesso si può dire che non stanno “salvando la Grecia”) ma un default disordinato. Insomma, la bancarotta.

Joachim Fels, capo del dipartimento ricerche economiche di Morgan Stanley, ricorda agli investitori che questa settimana il mercato dovrà essere in grado di digerire una marea di dati ed eventi, a partire proprio dalle elezioni greche. Poveri mercati, mangeranno pesante. Sarebbe forse meglio, per i loro stomaci, evitare quest’abitudine di andare a votare. E ai greci, dopo il voto, non cambierà molto. I partiti sono sempre quelli, non c’è alternativa perché manca (e non solo in Grecia) un’idea alternativa su come gestire l’attuale situazione. E se ci fosse? Beh, forse vincerebbe le elezioni, e il Paese andrebbe in bancarotta. Ma questa è un’altra storia.

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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5 commenti

  1. Bisognerebbe anche ricordare che una parte molto grossa dei quattrini spediti in Grecia è servita a pagare armi prodotte da Germania, Francia e anche Italia. Un’altra fetta è servita a far festeggiare ancora gli evasori ed i corrotti che esportano senza sosta capitali nei paradisi fiscali. I greci vengono chiamati a pagare i debiti lasciati a loro nome, ma da chi realmente?

    Comunque con il recente “haircut” la bancarotta c’è già stata; solo che il sistema mediatico ha evitato di chiamarla con il suo nome. Probabilmente la Grecia dovrà anch’essa adottare un modello di “moneta fondente”, del tipo Italia anni ’70 o Argentina anni ’00. Chissà quando arriverà il turno di noi italiani. Accidenti a noi e a tutti i quattrini a debito che abbiamo regalato ad evasori cretini col gippone e bancarottieri riempiti di mazzette. Avremmo fatto meglio ad agire più seriamente.

  2. Bonaiti Emilio

    Qualcuno é in grado di dar ai lettori notizie più precise sull’ammontare degli armamenti che la Grecia ha acquistato stranamente solo dai paesi europei?

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