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East Journal compie quindici anni

Credevamo in un giornalismo migliore, di grandi ideali. Volevamo fare informazione in modo diverso, più approfondito, con competenza, ribellandoci a un sistema che vedeva i giovani giornalisti pagati cinque euro ad articolo con la scusa della gavetta. Avevamo le tasche vuote, i libri di Chatwin, le orme di Terzani. E c’era una città, ortogonale e vertiginosa, metafisica. Erano le idi di marzo dell’anno duemiladieci quando, un po’ per scherzo e un po’ per vanagloria, nasceva East Journal. Quindici anni dopo, continuiamo a credere nei sogni di allora. Le tasche restano vuote, ma abbiamo più libri sugli scaffali. Siamo un progetto nato dal basso, che in basso è rimasto – senza un soldo, e per questo libero. Anche di sbagliare, con la nostra testa. Che il denaro non è mai in regalo, e i fondi – che si tratti di open society, o di quelli europei – alla fine ti comprano. East Journal non è mai stato in vendita. In questi anni abbiamo realizzato tanto, una rivista, un libro, un podcast, un festival. Abbiamo sempre gettato il cuore oltre l’ostacolo. E ancora c’è voglia di crescere, di imparare, di informare.

Sono più di duecento le persone che hanno scritto su questo giornale. Qualcuno di passaggio, a volte qualche grande nome ci è venuto a trovare, più spesso giovani che cercavano una voce – la propria voce. E poi ci sono gli eterni, Davide, Giorgio, Oleksiy, Riccardo, cui questo progetto deve moltissimo. Come moltissimo deve ad Alfredo e Claudia, tra i fondatori del progetto; a Pietro, su qualche risciò in Indocina; a Giovanni, cui va il nostro abbraccio più grande; a Martina e Claudia che hanno gestito la baracca per anni; a Carlo, Emanuele e Lorenzo, che ci hanno aperto le porte del Medioriente, della Turchia e del Caucaso; a Francesco, grandissimo romenista – sui due metri o giù di lì.

Cambiano i nomi, ma restano le idee, una visione del mondo basata sui valori della solidarietà, della redistribuzione della ricchezza, della sostenibilità dello sviluppo, dell’inalienabilità dei diritti individuali e democratici, antifascista – parola che assume sempre più significato col passare del tempo –  e femminista, ma distante dai dogmi, dalle ideologie, dalle parole d’ordine. Soprattutto, abbiamo sempre cercato di essere critici, lontani dalle retoriche che – di volta in volta – si impongono nella narrazione pubblica. E ancora questi valori e queste pratiche guidano il nostro lavoro. Oggi sono Davide Cavallini Gianmarco Bucci, Viktor Toth e Michele Berardi a dare la quotidiana direzione a East Journal, a sentire il vento, a remare contro, a cercare una rotta tra gli scogli. Cambiano i nomi, ma lo spirito è lo stesso.

A adesso, dopo quindici anni, ragazzi dove siamo? E dove andremo? Sventolano le bandiere, tuonano i cannoni. Ci vogliono schiacciati, allineati, obbedienti – chi si sposta di un metro, chi si permette di interpretare la realtà al di fuori degli schemi previsti, chi fatica a mettersi l’etichetta, viene delegittimato, colpito, accusato. Quindici anni fa non era così, ma qualcosa è cambiato nel tempo, il dibattito pubblico si è polarizzato, è diventato più difficile essere indipendenti. Spesso la censura abita dentro di noi e non c’è nemmeno bisogno di imporla dall’esterno. Ma la nostra forza è nel basso, nel restare coi piedi per terra, incollati al quotidiano. Da qui sotto continueremo a guardare il mondo – casca la terra, tutti giù per terra – raccontando quello che succede a chi vorrà ascoltare la nostra esile voce.

Ciao!

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Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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