Romania elezioni presidenziali

ROMANIA: Considerazioni a caldo tra appuntamenti elettorali

Il primo turno delle elezioni presidenziali in Romania ha visto l’ascesa inaspettata ma travolgente di Călin Georgescu, semi-sconosciuto candidato indipendente di estrema destra. Al secondo posto, con una rimonta all’ultimo voto, si è piazzata Elena Lasconi, moderata liberale di centrodestra. Uno scenario, quello Lasconi-Georgescu, che nessuno aveva predetto. Tante domande e tante ipotesi per cercare di capirci qualcosa fino alle elezioni parlamentari di domenica 1 dicembre.

Il primo turno delle elezioni presidenziali in Romania, domenica 24 novembre, ha visto salire il paese, di solito poco avvezzo ad attenzioni, alle luci della ribalta internazionale. Il sorprendente spoglio dei voti ha visto imporsi praticamente da subito Călin Georgescu, semi-sconosciuto candidato indipendente di estrema destra, che fino a pochi giorni prima i sondaggi davano intorno al 5% e in nessun caso era atteso fra i finalisti. Al secondo posto, con una rimonta all’ultimo voto ampiamente supportata dalla diaspora specialmente anglosassone, la candidata Elena Lasconi di Unione Salvate la Romania (USR), vaticinata come possibile “sorpresa” elettorale, ma di cui si era sottostimata, anche nel suo caso, la reale attrattivitá elettorale. 

A spoglio terminato, Georgescu ha ricevuto quasi il 23% delle preferenze in Romania e uno sconvolgente 43% dalla diaspora, che, in numeri reali, corrispondono a quasi due milioni e mezzo di voti. Lasconi, invece, che si è imposta internamente sull’attuale primo ministro e candidato del Partito Social Democratico (PSD) Marcel Ciolacu per appena 2740 voti, ha raccolto quasi due milioni di preferenze personali. 

Se quindi Lasconi era data come possibile (ma non probabile) contendente al secondo turno, magari contro lo stesso Ciolacu, sicuramente nessuno aveva predetto lo scenario Georgescu-Lasconi. Alla luce di un esito tanto inaspettato quanto sconvolgente, che considerazioni utili possiamo fare per orientarci in vista dei prossimi due appuntamenti elettorali? Come si vedrà, ci sono molte più domande che risposte.

TikTok 

Il ruolo che ha giocato TikTok in questa elezione è già stato messo grandemente in evidenza. Con 8,9 milioni di utenti su una popolazione di 19 milioni, l’utilizzo “disinvolto”, per usare un eufemismo, di Georgescu della piattaforma gli ha dato la possibilità di raggiungere un’enorme platea e, soprattutto, di parlare anche a tutti i rumeni fuori dai confini nazionali. 

Proprio TikTok è stato l’elemento chiave di queste elezioni, sotto diversi punti di vista. Da una parte si collega al tema dei giovani che riconfermano la propria inclinazione e “ricettività” per la destra estrema. Secondo un sondaggio INSCOP organizzato la stessa domenica del voto, il 31 percento dei giovani nella fascia 18-24 anni ha votato per Georgescu. Come già messo in evidenza da diversi studi, i giovani rumeni sono stanchi della classe politica targata PSD e PNL che ha segnato la vita politica da decenni, da cui non si sentono rappresentati, e sono stati attratti da una figura come Georgescu, che parla senza mezzi termini, si rifà ad una retorica nazionalista, aggressiva ma non esageratamente accesa e trasmette l’idea dell’uomo “forte”. “Molti mi dicevano che assomigliava a Ion Antonescu e dopo averci pensato, in effetti gli assomiglia un po’, come figura”, dice il teologo Paul Palencsar, con riferimento al generale e politico che fu dittatore della Romania durante la seconda guerra mondiale. 

Un altro sondaggio del 2022 riporta che i giovani si informano al 64 percento attraverso i social media. All’epoca TikTok era utilizzato “solamente” dal 24 percento, ma è da ritenere che oggi la percentuale sia ben più alta, data l’enorme crescita avuta dal social negli ultimissimi tempi in Romania. 

Dall’altra parte, non basta l’ampia esposizione dei giovani sul social media a spiegare la vittoria di Georgescu. Non è possibile ottenere 2 milioni di voti solo con i video di TikTok. Come dice l’esperto di social media Cristian China Birta, “non puoi fare in una settimana 10 milioni di visualizzazioni senza un’armata di uomini dietro”. E infatti il profilo di Georgescu è pieno di profili falsi e almeno due milioni di euro sono stati pagati su TikTok in una settimana, senza che il candidato abbia dichiarato da dove provengano.

Diversi giornali stanno facendo emergere l’esistenza di un’operazione orchestrata dietro le quinte per sostenere e amplificare la visibilità di Georgescu sui social e finanziata da ingentissimi flussi di denaro di non precisata origine. L’idea che ci sia lo zampino di Mosca si sta delineando con sempre maggiore chiarezza. Un tema, quello delle infiltrazioni russe, che sta iniziando ad allarmare fortemente i paesi occidentali, anche sulla scia delle elezioni in Moldavia. Si corre ora ai ripari: ieri è stato convocato il Consiglio Supremo di Difesa del Paese per discutere delle “infiltrazioni esterne nel processo elettorale”, mentre l’Ufficio Elettorale Centrale ha formalmente richiesto a Georgescu di rimuovere i contenuti online di cui non sono è stata accertata la provenienza dei finanziamenti. Ci si chiede ovviamente come mai non siano stati fatti controlli prima.

Voto di protesta contro il sistema tradizionale 

Sia il voto per Lasconi che per Georgescu si configurano come voti di protesta contro il sistema tradizionale dei partiti, incarnato nella “innaturale” coalizione di governo del PSD con il Partito Liberale Nazionale (PNL). Entrambi i partiti sono stati più o meno pesantemente colpiti alle urne, in particolare il PNL, che ha visto polverizzato il proprio consenso

Inoltre, come alle elezioni europee di giugno, la diaspora si è riconfermata decisiva per l’estrema destra. Senza dilungarsi sui motivi per cui si è spostata sempre più verso destra negli ultimi anni, ci si può tuttavia chiedere come interpretare il massiccio voto per Georgescu confinato ma ben radicato nella diaspora in Europa Occidentale, contro un altrettanto massiccio voto per Lasconi nel resto del mondo, e soprattutto dalla diaspora dei paesi anglosassoni.

Nella giornata di lunedì si sono dimessi sia Marcel Ciolacu, leader e candidato del PSD, che Nicolae Ciucă del PNL, sull’onda dello shock e della sconfitta e assumendosi implicitamente con questo gesto la responsabilità della linea politica fallimentare seguita da entrambi i partiti negli ultimi anni. 

Come capire le due dimissioni? E avranno un effetto sulle parlamentari? Da una parte pare una mossa forse azzardata a ridosso del prossimo appuntamento con le urne e, in generale, in un momento di competizione elettorale dalle tempistiche così serrate, poichè di fatto i due partiti si trovano ora decapitati della loro leadership e, quindi, in qualche modo indeboliti. Dall’altra, le dimissioni possono essere viste anche come un bene, data la scarsa popolarità del governo, levando di torno i due leader che di fatto lo impersonavano e lasciando campo libero a volti e approcci nuovi. 

Fra l’altro, Ciolacu, nonostante le poche migliaia di voti di differenza da Lasconi, non ha fatto ricorso per il riconteggio. Una scelta di basso profilo che sembra saggia, e che riconosce il passo indietro necessario per cercare di salvare il salvabile per il partito alle parlamentari, e indirettamente, non minare il terreno per Lasconi. Viene tuttavia da chiedersi come si ricompatterà ora questo voto di palese insoddisfazione contro il PSD e il PNL alle parlamentari. 

Il possibile elemento chiave: il PSD 

Con le dimissioni dei due leader, si apre la grande incognita circa la futura direzione in cui potrebbero muoversi i due partiti per rilanciarsi dopo la batosta. Una domanda rilevante soprattutto per il PSD: Ciolacu ha firmato un documento in cui esclude formalmente un’alleanza con le destre estreme, ma ora che si è dimesso non è detto che la linea rimanga la stessa. Non mancano infatti neanche in casa pesedista gli estremisti. 

Proprio l’elettorato del PDS sarà l’elemento chiave per leggere le prossime elezioni. Su questo punto vale la pena menzionare velocemente alcuni aspetti. Non sarà da sottovalutare la parte più anziana e rurale della popolazione rumena, che potrebbe essere maggiormente sensibile al messaggio tradizionalista e conservatore di AUR e SOS. Nella competizione Lasconi-Georgescu, questo segmento elettorale sarebbe ideologicamente più affine a quest’ultimo. Lasconi si è profilata come abbastanza versatile, flessibile, una figura catch-all, giocando anche sul suo passato di volto noto della TV, cercando di presentarsi come una candidata rassicurante e conosciuta, ma estranea ai soliti giochi politici. Spera così di intercettare qualcosa del centrodestra moderato. Ma potrebbe non bastare. 

Per vincere al secondo turno, infatti, Lasconi avrá bisogno di attirare almeno metà di chi ha votato per Ciolacu al primo turno, oltre che di raccogliere (calcoli spannometrici) i voti da Geoană, dal PNL, che le ha già dato il suo appoggio, e da parecchi dei candidati minori. 

Solitamente l’elettorato del PSD è ritenuto molto permeabile alle indicazioni di voto, per via del suo noto radicamenteo territoriale. Quindi, con questa logica, se i quadri indicano Lasconi come la candidata da sostenere, ci si aspetterebbe il flusso di voti che dal PSD confluisce su Lasconi al secondo turno. Ma siamo sicuri che gli elettori del PSD siano favorevoli a Lasconi, una candidata donna? Diverse analisi sottolineano infatti la possibile influenza sul risultato di una mentalità che rimane misogina, specialmente a livello rurale, e che potrebbe trovare “difficile” votare per lei. 

Probabilmente, alla fine, il PSD dará l’appoggio a Lasconi, esplicito o implicito (per esempio, tramite lo stratagemma di “non votare per Georgescu”), ma rimane da chiedersi l’elettorato, nel segreto delle urne, cosa farà. 

A tal proposito è interessante notare come, se da una parte il PSD non ha ancora dato l’appoggio esplicito a Lasconi, dall’altra neanche la stessa ha troppa fretta di affiancarsi ai socialdemocratici, dichiarando l’intenzione di affrontare i colloqui politici “dopo le parlamentari”, forse una maniera per non rischiare di annullare la spinta positiva per il suo partito USR, derivante dalla sua aumentata visibilità come seconda candidata alle presidenziali, con la sovrapposizione ad un partito che attualmente non gode di grande fama. 

In generale, non credo ci sia da aspettarsi un flusso consistente di voti dal PSD su USR. 

PRIMA PARTE

Foto: Euractiv DE

Chi è Rebecca Grossi

Appassionata di politica e di tutto ciò che sta al di là della ex Cortina di ferro, ha frequentato Studi Internazionali a Trento e Studi sull'Est Europa presso l'Università di Bologna. Dopo soggiorni più o meno lunghi di studio e lavoro in Austria, Grecia, Germania, Romania e Slovenia, abita ora a Lipsia, nell'ex DDR, dove è impegnata in un dottorato di ricerca sul ruolo del Mar Nero nella strategia geopolitica della Romania. Per East Journal si occupa principalmente di Romania.

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