Elezioni in Romania: l’ascesa inaspettata di Călin Georgescu e la rimonta di Elena Lasconi hanno determinato uno scenario inedito per le parlamentari. Continua il long read di East Journal con domande e ipotesi utili ad orientarci in vista degli imminenti appuntamenti elettorali.
Ancora un “botto” mancato per AUR e George Simion. E Diana Șoșoacă?
Se il voto per l’estrema destra era atteso, sorprendente è stata invece la virata dell’elettorato verso Georgescu, piuttosto che sul più noto George Simion e, quindi, di specchio il mancato “botto” di AUR.
Simion non ha pesato tanto quanto ci si aspettava, mantenendosi tuttavia in linea con il risultato ottenuto alle europee e raccogliendo un consenso simile sia nel paese che nella diaspora (rispettivamente, 13,86% e 12,03%). Ci si potrebbe dunque aspettare che si mantenga stabile anche alle parlamentari, rimanendo quindi intorno al 15%.
Il fatto che il voto di estrema destra sia confluito in maniera così evidente sul candidato indipendente è interessante e merita maggiore riflessione: come mai il voto di estrema destra non si è concentrato su Simion, con alle spalle un partito fatto e finito e già noto per la sua ideologia? Lo stesso era successo, lo ricordiamo, alle scorse elezioni per il Parlamento europeo di giugno. Anche quella volta l’atteso botto di AUR non c’era stato e il partito si era “fermato” al 14%, con il partito di Șoșoacă S.O.S. Romania che aveva quintuplicato i suoi voti rispetto al paese grazie alla diaspora. Eccezione alla regola per cui l’originale è sempre meglio della copia.
Sembra, infatti, di iniziare a capire che, in modo piuttosto inequivocabile, l’elettorato rumeno è attratto dalle idee di destra estrema e che queste risuonino con sempre maggiore frequenza presso una fetta sempre più ampia della popolazione, che però non vota in massa per AUR. Perchè?
Le europee, prima, e ora il primo turno sono già due indizi. Ma, diceva Agatha Christie, per fare una prova di indizi ne servono tre. Un (terzo) indizio in questo senso lo offre il teologo Paul Palencsar che parla di una maggiore “simpatia” che sembra trasmettere Georgescu: “A differenza di George Simion, che fin dall’inizio ha una dimensione aggressiva, spesso da teppista, Georgescu si è presentato con un’immagine molto ben pensata e premeditata. L’uomo è sempre vestito in giacca e cravatta, ha un atteggiamento marziale, un discorso ipnotico. Molti mi hanno detto che somiglia a Ion Antonescu e dopo averci pensato, effettivamente gli somiglia un po’, come figura”.
Potrebbe poi aver giocato un ruolo anche la retorica pre-elettorale che aveva identificato in Simion il grande antagonista del campo anti-estremista, il răul cel mai mare, il male più grande, contro cui ci si doveva schierare compatti al secondo turno. Invece Georgescu era una figura di fatto poco conosciuta, ancora “nuova” e da definire, che poteva giocare ancora la sua carta “presentabilità”.
Forse, dunque, si è già creato una sorta di stigma contro AUR e Simion, mentre che le loro idee rimangono attraenti, comportando quindi uno spostamento verso altri candidati e partiti simili (come SOS alle europee, oppure Georgescu). Potrebbe essere un’interpretazione, anche se bisogna tenere conto del sostanziale sdoganamento, negli ultimi anni, di queste idee, partiti e figuri.
Dove andrà a finire questo largo voto antisistema di destra alle parlamentari di domenica? Si possono avanzare alcune ipotesi: forse è la volta del famoso “botto” per AUR, oppure il voto si spalmerà su AUR e SOS, come già avvenuto alle europee. Oppure ancora il vasto elettorato che ha sostenuto Georgescu rimane in parte orfano e sta a casa, in questo caso segnalando un forte consenso per la persona. Su quest’ultima ipotesi sembra propendere anche Andrei Roman, a capo dell’istituto demoscopico AtlasIntel, che parla di “una base ‘nascosta’ di votanti“, cioè “elettori che probabilmente non sarebbero andati a votare se non fossero stati mobilitati da Călin Georgescu, perché di solito non sono interessati e non partecipano al processo elettorale”.
Ma la sorpresa potrebbe venire, ancora una volta, da Diana Șoșoacă. E fra l’altro viene da chiedersi che ruolo avrebbe avuto se avesse potuto correre alle presidenziali. Ricordiamo infatti che, fra mille dubbi di legittimità, la sua candidatura è stata eliminata dalla Corte costituzionale per via di dichiarazioni ritenute incompatibili con la costituzione. Anche alla luce del successo in giugno, viene spontaneo chiedersi: avrebbe raccolto lei il voto che invece è confluito su Georgescu? Oppure il voto di protesta di estrema destra si sarebbe frantumato sui tre candidati estremisti? Sempre Roman sottolinea come, paradossalmente, la decisione di escludere una candidata ritenuta troppo estremista abbia in realtà agevolato il voto estremo, evitandone la dispersione e compattandolo su Georgescu.
Le parlamentari domenica: cosa può succedere?
Mettiamo le mani avanti e diciamo che, vista la situazione di grande incertezza, le parlamentari sono difficili da decifrare. Si possono provare ad avanzare alcuni scenari, da prendere però assolutamente cum grano salis.
Innanzitutto, le parlamentari sono importanti almeno tanto quanto le presidenziali, perché esprimeranno la maggioranza parlamentare e il governo. Il prossimo parlamento voterà per il prossimo primo ministro che viene proposto dal prossimo presidente. Questo apparente gioco di parole vuol dire, in soldoni, che il parlamento e la maggioranza che lo caratterizzerà saranno a tutti gli effetti il lubrificante della linea politica del Presidente, oppure un muro di contenimento.
Inoltre, ci si può aspettare che, tutte insieme, le varie forze di destra estrema comporrano almeno un terzo del parlamento. Si può anche credere che il Partito Social Democratico riesca a riprendersi un po’ alle parlamentari, trattandosi di un partito molto territoriale e tendenzialmente fedele, e che possa ottenere il suo usuale 20-25%.
Il partito Unione Salvate la Romania di Elena Lasconi probabilmente guadagna qualcosa come effetto delle presidenziali e della reazione di paura e carica emotiva del momento. Tuttavia bisogna considerare che il voto di domenica per Lasconi si è configurato come voto di protesta più che di convinzione e, soprattutto, era fortemente legato alla persona candidata. Inoltre, c’è da credere che molti giovani di convinzioni liberali si sposteranno verso formazioni minori che meglio rappresentano le loro convinzioni (come SENS), anche considerate le uscite a volte troppo conservatrici di Lasconi.
La mobilitazione è ancora possibile negli ultimi cento metri? Probabilmente sì, dato il grande shock che le elezioni di domenica hanno provocato nel paese. Anche il fattore tempo è un’incognita: il cambio del calendario elettorale ha concentrato i tre weekend elettorali uno dopo l’altro, con la conseguenza di lasciare il tempo materiale per metabolizzare gli avvenimenti ed eventualmente raddrizzare la rotta. D’altra parte, può permettere di sfruttare la scarica adrenalinica data dalla percepita emergenza democratica. Questo potrebbe innescare il meccanismo del voto utile, spingendo ad andare a votare per rafforzare il “cordone sanitario” contro AUR, SOS e compagnia cantante. L’affluenza al primo turno si è fermata al 52%, quindi ci sono ancora sacche di elettorato da poter chiamare a raccolta.
Domenica si vedrà anche il destino del Partito Nazionale Liberale e si capirà se andrà incontro alla “polverizzazione“, oppure se riuscirà a salvarsi, ammaccato ma vivo.
Infine: può esserci uno scollamento fra il voto delle presidenziali e quello alle parlamentari? In altre parole, quanto è possibile che il voto alle parlamentari torni a premiare un più classico sistema tradizionale, riuscendo a contenere le destre estreme? Inoltre, se l’estrema destra dovesse contare meno del previsto, il PSD e il PNL saranno obbligati a trovare una quadra di governo, probabilmente con l’appoggio del piccolo partito della minoranza ungherese. Questo potrebbe però voler dire un governo di minoranza, e quindi una maggiore esposizione a instabilità politica e istituzionale.
Ultimissimi aggiornamenti
E’ poi freschissima la notizia che la Corte costituzionale ha approvato il riconteggio dei voti del primo turno delle presidenziali, ennesimo colpo di scena che potrebbe sparigliare nuovamente le carte, rendendo eventualmente obsoleti gli scenari fin qui avanzati. La mozione è stata presentata da un candidato che è arrivato fra le ultime posizioni con poco più dell’1% e dalle idee vicine ad AUR, e la sua accoglienza ha provocato sgomento e sorpresa generale. Allo stesso tempo, quella per investigare sulla possibile frode elettorale di Georgescu è stata respinta.
Una decisione da molti definita poco limpida e che rischia di provocare il caos amministrativo, politico e sociale nel paese, date le modalità in cui il riconteggio dovrebbe avvenire. A tal proposito, si è già pronunciato il capo dell’Autorità Elettorale Permanente affermando che è impossibile contare 9,4 milioni di schede elettorali in così poco tempo, a ridosso delle parlamentari e dell’inizio, lunedì, della campagna elettorale per il secondo turno delle presidenziali.
Quali sono allora i motivi per questa decisione apparentemente così irrazionale? È ancora troppo presto per dirlo. Quel che è certo è che il riconteggio fa il gioco di Georgescu, data la manciata di voti che separa la sua sfidante Lasconi, dal terzo in classifica, il già noto Marcel Ciolacu. Proprio questo però potrebbe avviare una forte mobilitazione dell’elettorato di USR e di tutti coloro che sostengono Lasconi, concretizzando il famoso “cordone sanitario“.
Seconda, ultimissima notizia: il Consiglio Supremo di Difesa del Paese ha ufficialmente constatato che “sono avvenuti attacchi cibernetici con lo scopo di influenzare la correttezza del processo elettorale”. Soprattutto si ammette che “un candidato alle elezioni presidenziali ha beneficiato di un’esposizione massiccia a causa del trattamento preferenziale che la piattaforma TikTok gli ha riservato”. Non c’è bisogno di nominare Călin Georgescu per capire di chi si parla. La Russia, invece, viene apertamente chiamata in causa, come l’attore statale dietro alle “azioni ostili” per “influenzare l’agenda pubblica nella società romena”.
Insomma, si naviga a vista.
Foto: Askanews