Maia Sandu

MOLDAVIA: Un piano per destabilizzare il paese

La Presidente della Moldavia Maia Sandu ha rivelato un piano ideato da Wagner con l’obiettivo di destabilizzare il paese.

La presidente moldava Maia Sandu ha dichiarato di essere stata al centro di un piano golpista organizzato dai vertici paramilitari dell’ormai disciolto gruppo Wagner con l’obiettivo di incidere sulle prossime tornate elettorali del paese così da preparare il terreno per il ricollocamento della Moldavia in senso, ovviamente, anti-europeo e filo-russo.

Il piano della Russia

In un’intervista rilasciata pochi giorni fa al quotidiano britannico Financial Times la presidente ha individuato nella figura di Yevgeny Prigozhin il principale responsabile di un disegno che, stando alle sue parole, sarebbe stato discusso nelle stanze del Cremlino già partire dai primi mesi di quest’anno. Il golpe si sarebbe basato sull’arrivo di ingenti quantità di denaro russo con lo scopo di rompere gli equilibri politici della Repubblica, inasprire gli umori popolari e, soprattutto, sottrarre consenso all’attuale governo in carica. Secondo quanto riportato da Sandu, nonostante i recenti e ben noti avvenimenti abbiano portato al disfacimento completo della brigata Wagner e alla morte del suo leader Prigozhin, l’intelligence moldava avrebbe comunque già rilevato all’interno del paese la presenza di oltre 20 milioni di euro, distribuiti alla popolazione sotto forma di carte di credito. D’altronde il futuro prossimo è cruciale per il destino della Moldavia, non solo per l’evoluzione del contesto internazionale ma anche alla luce di tre importanti tornate elettorali che avranno luogo nel giro di soli due anni. L’ultima di queste si terrà fra meno di un mese, precisamente il 5 novembre, e si svolgerà sotto la lente dell’OSCE, – Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa – la quale ha già provveduto a spedire un core team a Chişinău per verificare il corretto svolgimento delle tornate elettorali.

I vertici del Cremlino conoscono bene le debolezze della Repubblica Moldava e sanno dove agire per destabilizzare ulteriormente il paese, in un meccanismo perverso con il quale ogni governo indipendente si è trovato a fare i conti dal 1991 ad oggi. Tali criticità la rendono appunto, al pari di molte altre Repubbliche post-sovietiche, facile vittima di corruzione e clientelismo. Un terreno particolarmente permeabile per quelle politiche “invisibili” che hanno caratterizzato la Russia di Putin negli ultimi due decenni.

Due insegnamenti

L’incertezza regionale e globale non ci permette di fare grandi previsioni né di lungo nè di breve periodo rispetto al futuro politico della Repubblica Moldava, il cui destino dipenderà da un complesso intrecciarsi di convergenze interne ed esterne al paese. Tuttavia, se contestualizzati alla geografia e alla storia della regione, gli eventi che abbiamo riportato ci aiutano a fissare due punti importanti per comprendere ciò che è avvenuto, ed avverrà, tra i fiumi Prut e Dnestr.

In primo luogo, il piano golpista rivelato dalla Presidente Sandu dimostrerebbe come le velleità espansionistiche russe sulla Bessarabia non siano mai svanite del tutto e avrebbero anzi acquisito nuova linfa nel contesto bellico inaugurato dall’invasione della confinante Ucraina. Fin dai tempi dello Zar Alessandro I, la Russia ha fatto della regione moldava un tassello imprescindibile del proprio disegno imperiale, una porta d’accesso all’area danubiano-balcanica da cui iniziare la propria discesa verso l’Europa sud-orientale. Un discorso ripreso oltre un secolo dopo da Iosif Stalin che, non a caso, pose la Bessarabia al centro del protocollo segreto contenuto nel patto stipulato ad agosto 1939 dal ministro degli esteri Molotov e dal suo corrispondente tedesco Ribbentrop. La perseveranza con la quale tutt’oggi Mosca infila il naso negli gli affari interni alla Moldavia si fonda quindi sulla consapevolezza che le criticità russe non saranno mai grandi quanto quelle moldave e che, considerata l’importanza strategica della Bessarabia, il gioco varrà sempre la candela.

Un altro punto importante riguarda il futuro del governo in carica, che come abbiamo detto dovrà trovare conferme nei prossimi appuntamenti elettorali. La linea politica europeista e la progressiva chiusura dei rapporti con la Federazione Russa non sono un dato scontato per una realtà come quella moldava che, come dimostrato dal prolungarsi della questione transnistriana, sta ancora pagando il conto del suo recente passato. Inoltre, il fatto che il paese sia attualmente privo di ogni forma di garanzia euro-atlantica, non facendo parte né dell’UE né della NATO, crea un enorme deficit di sicurezza nazionale, percepito tanto dalle classi politiche quanto dai cittadini.

La denuncia di Maia Sandu rilasciata al Financial Times rientra proprio in questo contesto e vuole sottolineare i rischi che sta correndo in questi anni la Moldavia. La presidente sa, per i motivi sopracitati, di dover avvicinare il più possibile la sua nazione alle istituzioni e alle istanze europee e di doverlo fare nel minor tempo possibile. Per questo motivo si fa baluardo contro l’espansionismo di Putin in Europa ponendosi al fronte in prima persona, bussando alle porte di un mondo occidentale che di tutto ha bisogno meno che di altro scenario di guerra.

Foto: dal profilo Facebook di Maia Sandu

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