GEORGIA: Guerra con la Russia, stavolta su un campo da rugby

di Damiano Benzoni

Georgia - Russia a Trebisonda, nel 2010

Penso che siamo speciali – afferma con orgoglio Guia Nijaradze, presidente della Sakartvelos Ragbis Kavshara, la federazione rugby georgiana – siamo stati l’unico sport a sopravvivere in Georgia dopo l’indipendenza. C’era la guerra, eravamo poveri e uscire di casa era pericoloso, ma noi continuavamo a giocare a rugby”. Sono passati ormai ventuno anni da quando la RSS Georgiana ha dichiarato la propria indipendenza dall’Unione Sovietica, vedendola riconosciuta il 26 dicembre 1991. Nijaradze ha ancora ben impresso nella testa l’inferno quotidiano determinato dalle difficoltà politiche ed economiche, dalla guerra civile ed etnica che portò all’autonomia delle regioni di Abcasia e Ossezia del Sud e dall’elevatissimo tasso di criminalità; tutti sintomi di un’indipendenza tormentata, come anche il colpo di stato contro il primo presidente della repubblica Zviad Gamsakhurdia. Allora la nazionale di rugby possedeva solo due palloni per allenarsi e i sacchi per i placcaggi erano cuciti in tela di jeans dalla moglie di un allenatore. Oggi la Georgia è considerata una potenza del rugby minore ed è stata la prima nazionale ex sovietica a qualificarsi a una Coppa del Mondo.

Quando nel 1991 la Georgia dichiarò la propria indipendenza, la sua nazionale di rugby disputava già incontri internazionali autonomamente da un anno e mezzo: aveva esordito nel settembre 1989, battendo lo Zimbabwe 16-3 a Kutaisi. Nel 1993, nella cittadina polacca di Sopot, le nazionali di rugby di Georgia e Russia si incontrarono per la prima volta in un incontro di qualificazione per la Coppa del Mondo del 1995. La squadra georgiana, guidata dall’estremo Nugzar Dzagnidze, contava tra i quindici titolari almeno otto giocatori – tra cui lo stesso capitano – che in passato avevano vestito la maglia rossa dell’Unione Sovietica. In Georgia il rugby è uno sport molto sentito: quando fu importato verso la fine degli anni ’50 da Jacques Haspekian, armeno nato a Marsiglia, i georgiani vi videro subito un’occasione per rimarcare la propria differenza dal resto dell’Unione Sovietica – in particolare dalla Russia – che vedeva nella palla ovale uno sport di secondo rango, in quanto non olimpico. Forte della sua grande scuola di lotta e dell’esistenza di un gioco tradizionale molto simile chiamato lelo burti, la Georgia divenne presto la capitale rugbistica dell’URSS.

Oggi le nazionali di rugby di Georgia e Russia si incontreranno a Tbilisi per la European Nations Cup, il secondo torneo europeo per nazionali per importanza dopo il Sei Nazioni. Dopo la guerra dell’agosto 2008 la FIRA-AER, l’associazione che organizza l’attività internazionale europea al di fuori del Sei Nazioni, ha dovuto trovare una soluzione per garantire la sicurezza delle partite tra le due squadre. Per due anni di fila la partita si è disputata in campo neutro, nella città ucraina di Mariupol’ e a Trebisonda, in Turchia. Il giornalista Paul Rimple nel 2009 seguì la squadra georgiana da Tbilisi a Mariupol’; i giocatori, durante il viaggio, fecero girare tra di loro un portatile con foto delle vittime della guerra avvenuta pochi mesi prima. I georgiani vinsero entrambe le gare giocate in campo neutro, 29-21 a Mariupol’ e 36-8 a Trebisonda, partita prima della quale Nijaradze aveva commentato: “I ragazzi sanno che tutta la Georgia assisterà alla partita e che hanno una grande responsabilità”. Dopo la vittoria di Trebisonda il presidente Saak’ashvili insignì i giocatori dell’Ordine di Onore, la più alta onorificenza della repubblica caucasica, mentre il capitano della nazionale Irakli Abuseridze dedicò il risultato a tutti i soldati morti nella guerra d’Agosto.

Secondo Nijaradze, i rapporti tra le due federazioni restano amichevoli, al punto che allo scoppio della guerra la federrugby russa chiamò immediatamente i georgiani per esprimere il proprio supporto. Lo stadio Vake a Tbilisi, dove si terrà quello che è il primo incontro tra le due nazionali in suolo georgiano dopo la guerra, è però infestato da un fantasma vecchio quasi novant’anni. Tra il 1923 e il 1924 lo stadio fu teatro delle esecuzioni da parte dell’invasore sovietico di molti ginnasti del movimento Shevardeni, allineato al movimento ginnico-politico praghese Sokol. Solo quattro anni prima, il 26 maggio 1919, i ginnasti di Shevardeni avevano partecipato in quello stesso impianto alle celebrazioni del primo anniversario dell’indipendenza della Repubblica Democratica di Georgia.

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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