MONTENEGRO: Uno stallo istituzionale infinito

La situazione politica interna del Montenegro sembra aver perso qualunque elemento di razionalità, sin dalla caduta del governo di Dritan Abazović avvenuta lo scorso 19 agosto 2022. Il paese, da quel momento in poi, è in uno stallo istituzionale senza precedenti nella sua breve storia, mentre la guida dell’esecutivo è rimasta ad Abazović attraverso un mandato tecnico. Una soluzione appare ancora lontana, in particolar modo dopo che, nella giornata di mercoledì 5 gennaio, i colloqui per la formazione di un nuovo governo sono falliti, innalzando la probabilità di elezioni legislative anticipate.

Una telenovela infinita

Per comprendere al meglio come si sia arrivati a tal punto, è bene ripercorrere le tappe più significative della vita politica interna del Montenegro da agosto oggi. Andando a ritroso, l’ultimo protagonista di questa telenovela che va avanti da mesi sulla pelle dei montenegrini è Miodrag Lekić, deputato DEMOS ed ex diplomatico (ambasciatore jugoslavo in Italia nel 1995-1999 e 2001-2003), nonché professore in varie università romane fino al 2013.

Lekić è stato designato a premier dal parlamento di Podgorica, lo scorso 29 dicembre. I colloqui sono andati avanti fino al voto del 5 gennaio, dove Lekić è stato invitato dal movimento civico al potere URA e il Partito popolare socialista, SNP, a presentare principi e struttura del suo gabinetto. Le idee e la squadra di governo proposte da Lekić, tuttavia, non hanno convinto e il fallimento dei colloqui avvicina le elezioni legislative.

Lekić primo ministro, una soluzione già proposta

Lekić era stato indicato già lo scorso 19 settembre come capo di un nuovo esecutivo di cui avrebbero fatto parte il Fronte Democratico (filo-serbo, DF), i Democratici (Demos) e il partito di Abazović, Azione unitaria per le riforme (URA). Il giorno seguente, però, era arrivato il rifiuto secco del presidente della repubblica Milo Djukanović, leader del Partito Democratico dei Socialisti (DPS), ora all’opposizione, sostenendo che non vi fossero le firme necessarie di sostegno dei parlamentari al nuovo governo, e chiedendo nuove elezioni.

Da quel momento iniziò uno scontro aperto tra la maggioranza ancora al governo e il DPS di Djukanović, il cui risultato fu l’approvazione parlamentare, il 1° novembre, di una legge incostituzionale sui poteri del presidente. Tramite il nuovo testo legislativo, i poteri di Djukanović venivano limitati, e la maggioranza parlamentare poteva proporre un primo ministro, aggirando il veto del presidente della repubblica. Poiché i poteri del presidente secondo la Costituzione non possono essere modificati con legge ordinaria, la legge era evidentemente incostituzionale.

Gli organi costituzionali bloccati

Ma chi poteva verificarne l’incostituzionalità? Di certo non la Corte Costituzionale, rimasta senza quorum da settembre, quando 4 giudici sono andati in pensione, a causa dell’incapacità dei partiti di accordarsi in Parlamento su nuove nomine. Anche altri organi costituzionali sono di fatto bloccati: la procura, la Corte suprema, che è al momento guidata da un presidente ad interim, e il Consiglio della Magistratura. La selezione per la nomina dei giudici è stata avviata per la terza volta a fine dicembre, e sulla carta i parlamentari dovrebbero fare la propria scelta a fine gennaio.

L’elezione dei giudici costituzionali è fondamentale, perché tale Corte è la massima istanza legale a cui fare ricorso in caso di irregolarità elettorali. Finché non si arriverà all’elezione quindi, sarà impossibile indire elezioni anticipate per il Parlamento, nonché nuove elezioni presidenziali, che il capo di stato uscente Djukanović dovrebbe indire entro la fine di gennaio.

E’ ben consapevole di ciò il leader del Fronte Democratico (DF), Andrija Mandić, che dopo la seduta del 5 gennaio ha affermato di fronte ai media di dover dare la priorità alla nomina dei giudici costituzionali, dei membri del Consiglio della Magistratura, e del procuratore capo. Dopodiché toccherebbe al presidente del parlamento, Danijela Djurović e al presidente della repubblica Djukanović concordare lo svolgimento di elezioni legislative e presidenziali nella stessa giornata.

Una strada obbligata

La strada per uscire da questa spirale di crisi perciò sembrerebbe obbligata, anche in virtù delle rimostranze arrivate dagli alti rappresentanti della comunità internazionale, che da mesi invitano il Montenegro a non formare una maggioranza di governo basandosi su una legge incostituzionale. Un eventuale ulteriore prolungamento dello stallo istituzionale rischia di incidere in negativo sui negoziati di adesione all’UE, oltre a paralizzare la vita politica interna del paese.

Foto: Ssaajjkkoo, CC BY-SA

Chi è Lorenzo Serafinelli

Classe 1999, laureato in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali presso l'Università di Roma, la Sapienza. Attualmente, presso lo stesso istituto, sta conseguendo la laurea magistrale in Relazioni Internazionali e sicurezza globale. Esprime la sua passione per la storia e l'attualità dei Balcani Occidentali scrivendo per East Journal da luglio 2022.

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